jet black goodbye さん

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Stare l'uno tra le braccia dell'altro era un po' come sorvolare le nuvole in cielo e toccarle con la punta delle dita. San avrebbe voluto prendere un pezzo di quel momento e metterselo in tasca, conservarlo per sempre e tirarlo fuori ogni qual volta si sarebbe sentito fuori posto e bisognoso di una buona dose di conforto. Wooyoung d'altra parte avrebbe tanto voluto fermare il tempo e lasciarlo immacolato così, poiché nessun altro luogo, persona o cosa sarebbe stata migliore di tutto quello.

Entrambi se ne stavano rannicchiati sul materasso, tra le coperte e tutti avvinghiati. Il biondo aveva le braccia legate alla vita del maggiore con la testa vicino il suo collo, e strofinava il naso su quella felpa che tanto sapeva di pulito. Il moro invece teneva stretto a sé l'altro dalla schiena, con il mento appoggiato sul suo capo e gli occhi a riposo.
Il Sole era assente nella stanza, avendo lasciato il posto alla Luna che troppo li guardava pacificamente, e tutte le minute stelle che sorridevano felici.
Forse la brezza d'estate non era nulla a paragone di quel momento, come non lo era una bella pagella a scuola, o come nemmeno lo poteva essere il paradiso stesso.
E non era affatto un paradosso poiché per Wooyoung nei baci di San ritrovava la pace eterna, e San nella voce rassicurante di Wooyoung ritrovava chiaramente un timbro non poco angelico.

Nessuno dei due diceva nulla, né si muoveva, al contrario di alcuni suoni provenienti dalla finestra semi aperta, con qualche auto che ancora viaggiava solitaria e un vicino che stava ascoltando dei pezzi jazz, al che il biondo venne da piangere.
In quell'istante non c'era la finzione, non c'era la paura, e non c'era nemmeno il sogno. C'erano solo loro due, e non avevano intenzione di abbandonare quello stato.

Erano ore che se ne stavano così, non necessitando di altre parole o gesti. O almeno fin quando Wooyoung non percepì la propria felpa inumidirsi, e a quel punto schiuse gli occhi e alzò le braccia fino alle guance di San, alzandogli il viso solo per scoprirlo piangente.
- Non voglio svegliarmi - il minore lo strinse ancora di più verso il suo corpo, per sentirlo vicino fino alle ossa, e a quel punto l'altro sorrise rassicurandolo, sapendo solo lui che in realtà quella situazione lo struggeva da morire, - Non devi, resta ancora un po' qui - si sporse per lasciargli un bacio sulla fronte, - con me -.

Inaspettatamente, ma certo non nel senso negativo, San posó le proprie labbra su quelle del ragazzo, che sorrise senza troppe domande e si abbandonò a quel bacio, dimenticandosi di tutto e di tutti, dei problemi, delle insicurezze, delle disgrazie. Un contatto necessario per entrambi, una consolazione che proprio era stata richiesta. Un incontro che tuttavia si fece più disperato del previsto. Il biondo infatti pianse ancora di più, interrompendo quel contatto con un breve singhiozzo.
A quel punto Wooyoung capì bene che c'era qualcosa sotto, e non una cosa tanto buona avrebbero presto incontrato nel loro percorso.

- Parlami - gli carezzó il retro della testa per rassicurarlo e infondergli un minimo di forza, con la preoccupazione che lo faceva quasi sudare. E stava anche per baciarlo ancora quando però San si decise ad aprire bocca, - Non ci vedremo più - facendo a quel punto zittire anche l'altro.
Il biondo si mise a sedere, affondando la testa tra le mani e lasciando un pesante sospiro, - Non so nemmeno io che sto dicendo - poi strinse i pugni tirando su col naso, - ma so che è così -.
Wooyoung quindi gli afferrò entrambi i pugni, andando a sciogliergli le dita e a intrecciarle con le proprie, baciandogli poi il dorso della mano.
- Sei solo stanco - , - Sto sognando, come posso essere stanco? - risposta che fece irrigidire il moro, non che non ne fosse al corrente, ma a ragionarci chiaramente sopra non era proprio una carezza al proprio cuore.

I loro incontri avvenivano tramite il sonno, ma non si trattava né di sogni lucidi né di incoscienti, bensì una via di mezzo. Facevano quel che volevano fare, dicevano quel che volevano dire, e proprio per questo ogni volta finivano a ridere, ad abbracciarsi, o a baciarsi. Tuttavia quella volta San parlava come un automa. Quelle parole non voleva certo dirle, ma non sapeva come fermarle.
- Questa è l'ultima volta che ci vediamo - aveva lo sguardo un po' perso tra le coperte cui erano avvolti, e a quel punto la Luna e le stelle erano ormai coperte da nuvoloni, per la strada non passava più nessuno, e il vicino aveva finito il suo ascolto notturno di jazz.

Qualcosa non quadrava, cos'era tutto quel sogno? Perché non poteva essere come gli altri?
Wooyoung si sentì debole, un brutto presentimento a mettergli sottosopra le interiora come sulle montagne russe.
Non aveva mai vissuto alcun episodio di abbandono, e non poteva pensare lontanamente che fosse un vuoto così devastante come quello, tanto più perché era stata la persona che più amava a pronunciare quelle parole.
- Che stai dicendo Sanjook-ie? - un soprannome che gli fece sobbalzare un po' il cuore prima di farlo svegliare con il battito a colpire coi pugni sulla cassa toracica. Per la prima volta dopo due anni, San si era svegliato col fiatone, le tempie sudate e una stretta allo stomaco. Wooyoung non diversamente.

Non sapevano il perché di quel sogno, ne tantomeno che quello fosse stato l'ultimo loro bacio.

utopian wonderland - woosanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora