Cap.3.1.-Il cibo, la cura ad ogni melodramma

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Era il grande giorno, il giorno della sua libertà, il giorno da cui sarebbe iniziato l'anno migliore della sua vita, ne era fortemente convinta.

L'anno in cui avrebbe affrontato con dedizione gli studi, con tenacia e costanza l'ardua gara per rimanere una delle ragazze con la media più alta della scuola e con ardore e spensieratezza la sua storia d'amore, sarebbe stata una studentessa, una ragazza, una fidanzata modello, lo doveva a suo padre, lo doveva rendere fiero ora che era morto per mano di quel verme di Malfoy come non aveva fatto quando era ancora in vita.

Con quei buoni propositi stilati in una lista che aveva già perso in fondo al baule scarlatto che l'avrebbe accompagnata nel suo fantomatico viaggio e con un filo di malinconia, Alice Prewett si preparava spiritualmente al suo ritorno ad Hogwarts, apprestandosi a chiudere il suo baule e a far tacere le urla isteriche della madre che le ricordava che per l'ennesimo anno sarebbe arrivata al binario 9 e 3/4 in netto ritardo e avrebbe fatto fare una brutta figura alla sua famiglia davanti a tutti, con lo stesso mix di emozioni di una sposa che deve incamminarsi e stringere la mano del padre per percorrere la navata che la distacca dal suo futuro felice, sicuramente con meno leggiadria e eleganza in quanto la giovane, Grifondoro per dinastia, aveva talmente farcito di oggetti, vestiti, libri scolastici e quelli regalati da sua madre per ogni occasione elegante che le sarebbe stata proposta, che quello ormai saturo sembrava rifiutarsi categoricamente di chiudersi proprio quando mancava mezz'ora a quando le rotaie della locomotiva rosseggiante sarebbero state messe in funzione e con un fischio essa sarebbe partita alla volta del castello tanto amato dalla giovane.

In quel momento stava insultando se stessa per essersi ostinata a credere che la tradizione per cui fin dal primo anno la preparazione della sua partenza veniva svolta rigorosamente senza magia sarebbe stata ugualmente risolutiva rispetto a quella che un normale mago dotato di due dita di cervello e di sanità mentale avrebbe portato facilmente a termine muovendo con grazia la bacchetta, si lasciò cadere sul parquet chiaro della sua camera dagli intonachi dannatamente rosati che erano stati così da quando ne aveva memoria e quasi come se si fosse accorto della tregua che la sua avversaria gli aveva riservato, il baule rifinito in cuoio dipinto di oro scattò e cadde dal letto per gettare tutto il suo contenuto sul corpo esile della ragazza.

"Giuro su Merlino che se la prossima volta mi ostinerò a voler mettere in scena questo teatrino mi farò ricoverare al San Mungo nell'ala di psichiatria"
sbuffò Alice mentre si liberava dalla marmaglia di roba che la sovrastava e si apprestava ad andare verso il canterale bianco vicino alla finestra, si alzò in piedi e si guardò allo specchio, sembrava uscita da uno di quei film babbani dove si ostinavano a far sembrare i lupi mannari esseri talmente belli e affascinanti, che avevano visto una sera non molto sobria che aveva passato dalla sua migliora amica Lily insieme alle sue compagne di dormitorio.

Sorrise a quei ricordi

"Gente strana, i babbani"
smorzò una risata, ma il suo sguardo si tramutò quando spostò la sua attenzione sulla montagna invalicabile e informe che le si parava davanti, puntò lo sguardo sull'orologio da polso che giaceva sul comodino accanto a letto ,se lo legò al polso con uno sbuffo di frustrazione e si convinse del fatto che non ce l'avrebbe mai fatta a riparare al casino che aveva fatto senza l'aiuto di una formula magica e che non era del tutto colpa sua se suo malgrado aveva dovuto rompere la tradizione, era una questione di priorità, e ora come ora le sue priorità erano non farsi uccidere da sua madre così da arrivare al binario in tempo e prendere l'Hogwarts Express.

Prese la bacchetta dal comò, se la puntò su di se e disse la formula per darsi una sistemata o almeno abbandonare le sembianze di una superstite dall'attacco di un'orda di Petardo cinese indemoniati, i capelli arruffati a causa del suo strisciare per tutta la stanza erano tornati ad essere un caschetto con una frangetta folta bruno e ordinato con alcune ciocche che sfuggivano alla loro collocazione forzata dietro le orecchie per andare a finirle sul viso dall'incarnato olivastro e dai lineamenti dolci e un po' fanciulleschi, i grandi occhi verdi bottiglia, con finissime venature marroni e furbi erano messi in risalto da un lieve filo di trucco, la bocca rosea eccezion fatta per delle screpolature Rosso vivo che si insediavano in essa come quei fiordi sulle coste Norvegesi che aveva visitato con il suo Frank quell'estate, il sorriso luminoso e la sua fisionomia minuta ma sinuosa al tempo stesso, la facevano somigliare ad una bambolina e non fosse stato il fatto che era fidanzata, anzi super fidanzata con il suo Frank Paciock avrebbe avuto una lunga fila di pretendenti.

Accio rinascitaWhere stories live. Discover now