Madison

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Non avevo assolutamente intenzione di tornare a casa da mio padre così diedi ai due ragazzi in macchina con me un indirizzo falso.
Un posto sconosciuto per molti cittadini americani ma non per me.
La "17th Avenue" era una delle strade che conoscevo meglio in assoluto, probabilmente perché era da sempre stato il mio luogo di rifugio quando scappavo dai miei problemi. Quando cercavo un attimo di pace e mi serviva del tempo per me.

Frequentavo quel posto losco da ormai sei anni e conoscevo tutta la gente a memoria. Erano persone che conoscevano il loro vissuto e che lottavano ogni giorno per stare sulla Terra. Che rischiavano la vita ogni secondo solo per permettersi un po' di cibo o un po' di acqua.
Non erano di certo come tutti quei figli di papà del centro di Los Angeles, o come il ragazzo color caramello che avevo nel sedile davanti a me.
Si poteva percepire la sua ricchezza e la sua sfrontatezza lontano un miglio, uno di quei ragazzi che era abituato ad avere sempre tutto quello che più desiderava.Non a caso ero seduta su un morbido sedile di pelle di uno degli ultimi modelli di Maserati.
Avrà speso più soldi lui per questa macchina che io per comprarmi tutto quello che ho racimolato in questi miei diciannove anni di vita.

Non ero solita a farmi pregiudizi sulle persone, tantomeno sugli sconosciuti con cui non avevo mai parlato, eppure questo ragazzo tatuato mi puzzava di pericolo.
Era come se avesse appeso addosso un cartello enorme con su scritto " statemi alla larga o vi trascinerò con me nel mio strano mondo incasinato ".

Una volta che il ragazzo fermò la macchina scesi salutando Harry e ignorai Mr. Caramello,
adoravo prendermi gioco degli stronzi strafottenti e lui aveva tutta l'aria di essere il peggiore della categoria.

Feci per dirigermi verso il posto in cui avevo intenzione di passare la notte quando sentii una strana pressione sul polso destro.
Una forza superiore a me mi prese attirandomi verso di lui, alzai lo sguardo dato che il ragazzo era molto più alto di me e me lo trovai li di fronte. Mr. Caramello.
Provai a inspirare a fondo ma il profumo di muschio che lui emanava stava dominando lo spazio circostante.
Forse si era preoccupato per me vedendo il luogo dove gli avevo chiesto di portarmi, quindi cercai di giustificandomi rassicurandolo e per allontanarmi così da lui il più possibile.

Però lui mi rispose con tutto il suo fare da stronzo:
« Anche se dovessi andare a dormire abbracciata a quel senzatetto lì per terra non mi importerebbe. Anzi riderei di gusto. Probabilmente verrei qui anche domani mattina solo per vedere se ti hanno ammazzato o se ti hanno derubata, e in ognuna delle due situazioni mi metterei a ridere di gusto »

Mi staccai dalla sua presa inorridita dalle sue parole. Quell'assenza di contatto mi creò non so per quale assurdo motivo un vuoto allo stomaco.
Ma come osava mancarmi così di rispetto.
Chi pensava di essere.
Continuando a parlare mi disse che voleva un ringraziamento da parte mia per il passaggio in macchina che mi aveva fornito.
Ma certo era sceso dalla macchina solo per alimentare il suo ego. Si era messo contro la stronza sbagliata.

Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Stupide, stupidissime emozioni. Succedeva sempre così.
Quando una persona di sesso maschile mi trattava male o alzava la voce con me io cercavo di essere forte, tiravo fuori gli artigli e cercavo di proteggere la mia persona.
Però l'altra parte di me, quella fragile e debole, si frantumava poco a poco.
Non aveva importanza chi mi stesse attaccando, io ogni singola volta vedevo nel mio interlocutore il volto di mio padre.
Così come era successo con l'aggressore di Harry qualche ora prima la stessa cosa stava succedendo con Mr. Caramello: il suo volto scomparve e io vidi il volto di mio padre.
La mia mente mi giocava continuamente brutti scherzi e quando questo accadeva io tornavo ad essere la bambina sola e impaurita. Davanti a me scompariva la persona in questione e appariva mio padre.

La voce bassa di Mr. Caramello interruppe i miei pensieri, sentivo gli occhi pieni di lacrime che per fortuna non erano ancora cadute sulle mie guance.

« Come non detto » mi disse guardandomi dritto negli occhi.
Espirava una dolce malinconia. La luce sfocata di un cielo plumbeo, l'atmosfera soffusa. Un vento gelido gli sfiorava le guance; guardò in alto, verso il cielo, gli zigomi alti e i muscoli contratti.

Dovevo allontanarmi da lui il più possibile, quella era l'unica cosa certa. Mi voltai fino a dargli le spalle e mi incamminai nel buio della notte. Feci qualche passo fino a che non sentii il motore della macchina dei due angeli neri accendersi, quando mi girai la Maserati era sparita. Sfrecciata via in una delle vie scure che avevo di fronte.
Ero rimasta un'altra volta sola.

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