Capitolo 11-Nuove Regole

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Pedro ci aveva convocato tutte in cortile. Ci eravamo messe in cerchio, in modo tale che potevamo sentirlo tutte. La sua faccia sembrava voler dire, "Hey, non dormo da giorni e sono disperato". E così era.
Il suo umore, da quando avevano arrestato Sharon, era drasticamente peggiorato, e l'aria nel campo si era fatta ancora più tesa. "Troverò chi ha preso Sharon, giuro! Fosse l'ultima cosa che faccio in vita mia".
Aveva dichiarato guerra al dipartimento di polizia, e ci aveva vietato di andare con i clienti fino a nuovo ordine. Dunque mi restava la giornata libera. Avevo messaggiato con Drake tutta la mattina, ma non riuscivo a inviare l'ultimo messaggio.
Il mio credito residuo stava finendo, mi cambiai per andare al centro commerciale, così avrei potuto ricaricarlo. Tarah mi fermò chiedendomi dove stessi andando, le risposi che avevo bisogno di caricare il telefono, e lei mi disse che sarebbe venuta con me, e che l'avrei dovuta aiutare a scegliere l'abito per il matrimonio della sorella. Ma Pedro ci fermò, "Nuove regole" fece mentre ci fissava, "Si esce solo una alla volta e per massimo mezz'ora". Era incredibile, si metteva male, non avrei mai potuto conquistare Drake con mezz'ora al giorno. E poi cosa mi sarei inventata per andarme? Non avrei di certo potuto dirgli, me ne vado perché il mio pappone non mi fa stare in giro per più di mezz'ora. E fu lì che mi venne in mente un'idea. Andai nel suo ufficio, lui era lì tutto indaffarato, lo guardai negli occhi e gli dissi "Devo andare da Sharon, in che penitenziario l'hanno portata?" Lui mi guardò e iniziò a ridere, "Certo, e cosa ti fa credere che potrai andarci?", mi avvicinai a lui e gli toccai il pacco dai pantaloni. "Questo!" lo dissi mentre mi pentivo di quello che stavo facendo, ma era l'unico modo. "Se credi che te la caverai con una sega, cara mia sei fuori strada". Con una violenza brutale mi buttò sopra la sua scrivania, mi strappò gli slip, e subito dopo sentii che iniziava ad entrare dentro di me. Spingeva così forte da farmi uscire le lacrime, che poco dopo divennero un pianto.
"Che fai adesso piangi?" lo guardai con aria di disprezzo, "Ti prego smetti..."
"E perché dovrei? Non vedi che sto quasi per venire?"
"Mi fai male..."
Il dolore era insopportabile, poi si fermò, pulì le macchie che mi avevano sporcato i glutei, e si rivestì.
"Bene, ora possiamo parlare di quello che vuoi, ah sì... Dicevi a proposito di Sharon." Lo guardai fisso negli occhi, "Devo andare da lei, è mia amica, lo è sempre stata."

Dimitri mi aveva accompagnato al carcere femminile che si trovava ad un'ora da Billings. Le regole erano chiare, se avessi provato a scappare mi avrebbero trovato, e poi ucciso. Ma prima mi avrebbe fatta stuprare da quelli della zona industriale.
Venni accompagnata in una stanza, era molto diversa da quella dove incontrai mia madre, qua c'erano dei grossi vetri, e dovevamo parlare tramite un telefono. Avevamo quindici minuti. Quando Sharon arrivò, mi fu quasi impossibile riconoscerla.
Era struccata e spettinata, sembrava non avesse dormito negli ultimi tre giorni, aveva l'aria di una che si guardava sempre intorno, quando prese il telefono per parlare mi disse semplicemente, "Vaffanculo Jennifer."
Sharon iniziò a parlare così velocemente che a volte era impossibile distinguere alcune parole.
Mi disse che tutto quello che aveva fatto, era stato per me, così improvvisamente ero io il problema, e che io non le avevo mai detto di lasciar perdere Pedro, che non avrebbe dovuto invaghirsi di lui. Io avrei voluto parlarle, ma lei mi rispondeva sempre che non aveva tempo, o che doveva lavorare. Ma non ero lì per quello, "Ascolta, devi ascoltare ora, devi aiutarci, Pedro è impazzito, ci farà del male, devi dire tutto alla polizia."
Sharon mi guardò negli occhi attraverso quel vetro che aveva visto tempi migliori. "Senti Jennifer cara, dormo in una cella che è un metro per un metro, qua tutti pensano che sia una drogata, perché quando mi hanno arrestata, avevo due grammi di coca con me, credono che io sia una spacciatrice. Vengo avvicinata da gente che vuole sballarsi, ma io non ho niente con me, e adesso ho tre giorni per trovare il modo di far entrare qualcosa, sennò infileranno la mia faccia dentro un cesso, e qua i cessi sono molto sporchi. Questi sono i miei problemi, e nessuno mi aiuterà a risolverli, quindi non vedo perché io dovrei aiutare te."
Non potevo crederci la situazione era diventata veramente drastica, Sharon si rifiutava di collaborare, ignara che probabilmente Pedro ci avrebbe stuprata una ad una, per non parlare di quanto sangue avrebbe versato dichiarando guerra al dipartimento di polizia.
Mi veniva da piangere, ma dovevo prendere in mano la situazione, dovevo pensare a qualcosa, e dovevo sbrigarmi. Il poliziotto mi riaccompagnò all'entrata dove Dimitri mi stava aspettando. Tornammo a Billings, davanti al Seven-Eleven, gli dissi che dovevo scendere un attimo a prendere le sigarette e ricaricare il telefono. Entrai e lui era lì, di colpo ebbi un'idea geniale. Mi salutò con il suo solito modo buffo, indossava una maglia rossa, che aveva l'aria di essere stata appena comperata, e dei jeans larghi. Era stupendo, e mi avrebbe cambiato la vita. Ma soprattutto mi avrebbe tirato fuori da quel guaio. "Hey Jenny, eccoti qua, che fine avevi fatto?" lo guardai negli occhi, lui capì subito che c'era qualcosa che non andava.
"Ascoltami Drake" mi fissò incredulo, poi disse "Okay, dimmi tutto, mi stai spaventando".
"Devi chiamare la polizia sta notte, devi dire che su Charger Road, al civico 38, nella palazzina C..." mi fermai solo un istante per realizzare che lo stavo facendo veramente, "Devi dire che ci sono delle ragazze lì dentro che sono obbligate a prostituirsi."
Di colpo Drake divenne serio, non mi chiese se io facevo parte di loro, ma lo capì subito.
"Jenny hai un posto dove andare poi?" mi veniva da piangere, ma dovevo stare calma, avevo paura che Dimitri entrasse da un momento all'altro, scoprendo tutto.
"No, non ho niente io qua, niente e nessuno. " Dissi con decisione. Ci accordammo con un piano ideato sul momento, era frettoloso, ma poteva funzionare. Poi lo salutai e uscii.
Appena tornai in macchina da Dimitri, aprì subito la bocca per dire, "Perché ci hai messo così tanto?" Lo guardai con disprezzo e poi risposi, "Il tipo, voleva una sega". Lui si girò di colpo allibito, "Sto scherzando, la ricarica non arrivava, ho aspettato per vedere se era tutto okay". Dimitri non aggiunse altro fino al campo.

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