Capitolo 14-Mi Casa Es Tu Casa

35 2 0
                                    

L'hamburger della stazione di servizio era pessimo, ma non mangiavo da così tante ore che diventò squisito.
La cameriera indossava un divisa gialla e rossa, passando verso il nostro tavolo ci chiese se poteva versarci altro caffè. Drake accettò, io invecei feci segno di no con la testa sorridendo. "Siete proprio una bella coppietta" disse la signora, che non avrebbe potuto avere meno di sessant'anni. Guardandola bene negli occhi, capii in quel momento che non le era mancato niente nel corso degli anni. Certo non era stata chissà quale vita, ma aveva avuto sicuramente l'affetto dei cari e tante gioie. Ma soprattutto il modo in cui l'aveva vissuta: semplice. Era proprio quell'ultima parte che mi scaldò, proprio quello che stavo cercando di ottenere.
"Vado a pagare Jenny, tu finisci con calma, poi vado al bagno un momento e torno subito". Mi diede un piccolo bacio sulla fronte, prima di girarsi mi accarezzò i capelli, io strinsi la sua mano sentendo l'odore delle patatine fritte che aveva appena mangiato.
Tornò cinque minuti più tardi, io avevo finito di mangiare, "La cameriera non mi ha fatto pagare, dice che offre la casa, e che gli hamburger fanno schifo, dovrebbero essere gratis, ah che tipa buffa quella signora". Uscendo mi voltai per vedere dov'era, ma stava servendo un altro tavolo e mi fu impossibile ringraziarla. La radio del pick-up non prendeva bene le frequenze, però trovai delle cassette di musica country, e ne infilai una nella fessura, di colpo la voce di Waylon Jennings inondò l'abitacolo del furgone. Abbassai il volume per poter dialogare con Drake, fuori dal finestrino, un grosso cartello c'informò che avevamo imboccato la provinciale tre. Mi sembrò il momento giusto per parlare, "Allora Drake..." non era facile, ma dovevo provarci. "Senti volevo solo dirti grazie, veramente. Per tutto quello che hai fatto". Drake sorrise, prese una sigaretta dal pacchetto, poi abbassò leggermente il finestrino, giusto quel poco che avrebbe fatto uscire il fumo fuori. "Lì per lì ho pensato fossi matta, ma poi ho guardato i tuoi occhi, avevano un disperato bisogno di aiuto. Ti sono stato ad ascoltare, quella sera stessa ero con il telefono in mano, insomma non ti conoscevo, eri piombata così a lavoro da me, chiedendomi di fare quella cosa." Fece una pausa per inalare un po' di tabacco, poi mentre sputava via il fumo lentamente riprese, "Insomma, sono nel mio letto, e non so se chiamare o meno la polizia, penso a com'è andata la cosa, a tutta la situazione. Poi chiamo il 911 e faccio quello che devo fare, tra me e me penso nuovamente ai tuoi occhi. Oh sì ho detto, cazzo se quegli occhi hanno bisogno di aiuto".
Presi la sua mano e la misi sul mio cuore, gli feci sentire quanto stava battendo. "Non avrò mai modo di sdebitarmi, mi hai salvata, te ne sarò riconoscente per il resto della mia vita".
Dopo circa un'ora arrivamo nella zona più squallida di Billings. Ron Street. Avevo sentito parlare di quel posto, le palazzine cadevano a pezzi, i marciapiedi erano rotti e pericolosi, le strade erano pieni di crateri che si riempivano d'acqua, quando pioveva, diventando ancora più pericolosi. Dei pochi lampioni, solo la metà era funzionante, ma la gente che viveva lì era okay. Erano solo delle persone con difficoltà, cui la vita non stava girando per il verso giusto. Ma non erano criminali. Parcheggiamo davanti un piccolo comprensorio di due palazzi identici, la palazzina di destra era quella di Drake, viveva al piano terra e aveva un piccolo giardinetto privato.
Scendemmo e Drake tirò fuori le chiavi per aprire il portone arrugginito, una volta dentro, un vecchio signore dall'aria saggia ci salutò dolcemente. Poi Drake aprì la porta posizionata nel sottoscala, entrando un odore di carne bollita mi riempì le narici. Un salottino semplicissimo mi si presentò alla vista, c'era poca roba ma tutta essenziale. Un divanetto di pelle usurato era addossato alla parete di destra, vicino alla finestra e ad un piccolo vaso, un tavolo con tre sedie era collocato subito dopo, poi c'era una piccola poltroncina vicino un condizionatore troppo vecchio per credere che funzionasse ancora. E poi c'era la cucina, quattro piccoli fornelli sopra una mobile sbilenco, un piccolo televisore era poggiato vicino al frigo e stava trasmettendo una telenovelas.
Una donna si girò di scatto, distraendosi momentaneamente dallo stufato di carne. "Drake sei tu?" aveva detto la signora in tono allarmato, "Sì nonna, sono io". Fu solo quando si girò verso di me che vide che Drake non era solo. "Oh, ma abbiamo compagnia, potevi dirmelo Drake, avrei messo qualcosa di meglio". La nonna di Drake iniziò a passarsi le mani sui capelli, poi mi rivolse la mano, "Sono Patricia, ma tutti mi chiamano Pat".
"Salve, io sono Jennifer..."
Drake non mi fece finire, s'intromise dicendo, "Ma tutti la chiamano Jenny". Lo guardai e iniziari a ridere, ci ritrovammo tutti e tre a ridere.
"Spero che abbiate fame, è quasi pronto"
"In realtà nonna, abbiamo mangiato mentre venivamo".
"Oh diavolo e perché? Avresti dovuto immaginare che la tua nonnina stava cucinando una prelibatezza". In realtà il cibo della nonna di Drake era pessimo, ma questo l'avrei scoperto solo nel corso del tempo, però ci metteva amore e passione, quindi per rispetto io mangiavo quasi tutto. O almeno ci provavo.
"Allora tesoro di nonna, chi è questa bella ragazza?"
"È una mia amica"
"Oh ciao, piacere mi chiamo Patricia, ma puoi chiamarmi Pat"
Drake mi guardò, poi mi fece un segno con la mano, era evidente che sua nonna non aveva tutte le rotelle funzionanti.
"Piacere mi chiamo Jenny" dissi io educatamente, "Siediti Jenny, è pronta la specialità". Mangiammo di nuovo, io cercai di finire il più possibile quello che avevo nel piatto, Drake invece lasciò quasi tutto. Poi si alzò, prese le sigarette e disse "Andiamo Jenny, prendiamo una boccata d'aria".
"Non andrete a fumare, quelle cose lì fanno male, ai miei tempi tutti le fumavano, ma voi dovreste lasciarle stare".
"Sì nonna, smetteremo quando questo pacchetto sarà finito".
Drake mi guardò facendomi l'occhiolino, uscimmo da una porta laterale e mi ritrovai nel piccolo giardino. Era incantevole, mentre Drake mi passava una sigaretta iniziò a raccontare, "È così bello perché mia nonna ha il pollice verde"
"Vedo, ma è una pessima cuoca" Scoppiammo a ridere all'unisono.
"Tu potrai dormire in camera mia, io dormirò con mia nonna sul divano-letto." Presi una grossa boccata dalla sigaretta, un po' di cenere volò via. "Drake, non voglio disturbare, io... Troverò un lavoro onesto, e mi cercherò un monolocale in affitto..." D'un tratto Drake sembrava turbato, poi accennò un sorriso, quel sorriso spontaneo che aveva quando lo incontrai al Seven-Eleven. "Hey, non ti piace questa reggia? Certo ci sono dei lavoretti da fare, un po' di vernice e si risolve tutto, e poi dove si mangia in due, si può mangiare anche in tre."
Gettò il mozzicone in un portacenere che era adagiato dentro un vaso, lo guardai, "Okay, ma voglio contribuire, lavorerò sodo, e ti aiuterò a mantenere la casa". Dissi con entusiasmo, "Fantastico, siamo coinquilini adesso, vieni qua Jenny". E mi baciò intensamente. Rientrammo in casa, il piccolo televisore stava trasmettendo il notiziario locale, parlava della retata al campo, più di venti minorenni liberate dal giro di prostituzione illegale gestito da Pedro Fuentes. A proposito, lui era scappato, la polizia aveva perso le sue tracce. Mi mancò l'aria di colpo. Sapevo che se fossi rimasta a Billings, Pedro mi avrebbe trovata, quel pensiero mi faceva girare la testa, e la paura iniziò a crescere dentro di me. Mi aggrappai al braccio di Drake, che aveva capito tutto, "Sta' tranquilla, risolveremo anche questa cosa". Poi mi diede un bacio sulla guancia, rassicurandomi.

La StradaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora