Convivenza

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Uno potrebbe pensare: “uh che bello, avevate la possibilità di passare due giorni solo voi due. Finalmente sareste stati liberi di fare ciò che avreste voluto”

No, assolutamente no. 

Diego e Gian ero andati via da mezza giornata e io e Tancredi eravamo già al limite della sopportazione. 

T: “Ma non hai un cazzo da fare?”

L: “Dovresti aiutarmi a fare le faccende di casa, sai com'è: ho steso, stirato e riordinato quella merda di stanza. Tu invece cosa hai fatto? Giocato alla play”

T: “Io ho buttato la spazzatura, quindi non fare scenate da casalinga frustrata”

L: “Non fare la casalinga frustrata? BENISSIMO, voglio vedere stando lì se la play ti preparerà il pranzo. Sei solo un deficiente.”

T: “Almeno avrò un pranzo decente”

L: “AH, la metti così? Perfetto Tancredi.”

Detto ciò uscii dal salotto e me ne andai a mangiare il MIO pranzo da solo. Non lo voleva? Perfetto, che si cucinasse da solo la sua merda di roba. 

Mangiai con calma e in silenzio, lavaii il piatto e solo dopo mezz'ora lo vidi comparire. Mi stava guardando malissimo e io non riuscivo a capire il perchè.

L: “Che cazzo vuoi?”

T: “Il mio pranzo?”

L: “TU MI PRENDI PER IL CULO! Mi hai snobbato per la playstation e ora mi chiedi del cibo? NON ESISTE, fattelo. Io sono sul balcone a fumare una sigaretta.”

Uscii sul terrazzino e mi chiusi la finestra alle spalle. 

Accesi una sigaretta e sorrisi al ricordo di quel giorno in cui tutti e quattro ci trovammo lì a parlare. Dio, ero così sentimentale e  mi mancavano i miei amici, da morire.

Dopo solo mezza giornata. 

Aspirai profondamente chinandomi per guardare la gente che passava per strada. Vidi una coppia: lei alta e coi capelli scuri, lui l'esatto opposto. Erano per mano e stavano scherzando,  o credo lo stessero facendo, riguardo qualcosa che ovviamente non capii. Erano bellissimi: emanavano armonia.

Mi girai verso il dentro e sorrisi involontariamente nel vedere Tancredi cercare di accendere un fornello. Alzai gli occhi al cielo, spensi la cicca appena iniziata nel posacenere ed entrai.

L: “Levati brutto cretino. Ti pare che non ti abbia lasciato nulla? La pasta è nel microonde da scaldare”

T: “Davvero mi hai lasciato il mangiare?”

L: “Certo, io a differenza tua non sono uno stronzo patentato”

Lo sentii sbuffare e avvicinarsi all'apparecchio per farlo partire: sempre il solito, non sarebbe mai cambiato ormai mi ero rassegnato. 

T: “Non sono stronzo solo che sto facendo un torneo e non ho tempo per le stronzate”

L: “Io sarei una stronzata?”

T: “Lele, certo che no, ma sai che sei assolutamente secondo alla playstation”

Chiusi gli occhi cercando di reprimere la voglia di schiaffeggiarlo: una relazione in si è secondi ad un oggetto inanimato. 

Sì, sono Emanuele Giaccari e questa è la mia vita.

L: “I tuoi complimenti mi scaldano sempre l'anima. Non so come farei senza tali apprezzamenti”

T: “Figurati Le, sei persino prima della mia famiglia”

L: “Che onore, non pensavo”

Ovviamente il microonde stava suonando e lui non lo stava minimamente calcolandolo. Sbuffai per l'ennesima volta e gli andai a tirare fuori il piatto.

Storie sui Tankele//Part oneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora