capitolo due

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Slytherin

Si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla, sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo.
Rebekah, non smetteva di pensare a quella frase da quando aveva letto il libro sulla teoria del caos che aveva preso in prestito nella biblioteca della città babbana in cui viveva.
Prendeva sempre dei libri in prestito da quella biblioteca, le piaceva immergersi in quel mondo, a cui in realtà neanche apparteneva.
Aveva sempre ammirato molte materie, in particolare modo tutto ciò che riguardasse le forze fisiche e l'astronomia, tutto ciò che seguisse un certo rigore. Passava persino intere giornate, seduta sotto l'albero situato nel giardino vicino la sua dimora, a leggere libri che parlassero di tutti i vari fenomeni della materia celeste.
Però non riusciva proprio a capire come una semplice farfalla, fosse in grado di scatenare un uragano dall'altra parte del mondo.
Ma era proprio quello il punto, lei non sapeva ancora di essere proprio quella farfalla, che avrebbe cambiato gran parte della storia di Hogwarts, scatenando un uragano nella vita di tutti, in particolare modo in quella di una persona ben precisa.

Proprio ad Hogwarts, lei si sentiva disorientata, ed esclusa da quel mondo magico.
Non conosceva nessuno e i professori sembravano fissarla in continuazione, si chiedeva se Silente avesse detto loro la verità, se almeno loro, sapessero qualcosa su di lei.
Poco dopo si rese conto che stava pensando troppo, come faceva spesso.
Era uno dei suoi più grandi difetti, quello di pensare troppo.
Pensava troppo perché si soffermava ad analizzare le cose, piuttosto che viverle.
Perché cercava continuamente una spiegazione a tutto, perché aveva paura. Paura delle cose, delle persone che non conosceva e allora non rischiava mai.
Perché era sempre persa nell'oblio di un mondo che non sentiva suo, si chiedeva continuamente se non fosse tutto uno scherzo, se persino la sua esistenza non fosse uno scherzo.
Ma perché pensare così tanto a tal punto da non godersi il presente? a tal punto di farsi venire un mal di testa atroce.
Una vocina nella sua testa le disse: perché non smetti di pensare e inizi a goderti il presente? ad analizzare le stelle che brillano dentro di te...
Le stesse stelle che aspettavano di essere osservate ormai da tempo, era brava ad osservare ciò che la circondava ma mai ciò che portava dentro.
Eppure si era promessa di cambiare, si era promessa di iniziare a rischiare.
Hogwarts sarebbe stata la sua più grande svolta.

Ancora seduta al tavolo di Serpeverde, scuotè la testa determinata, cercando di scacciare via tutti i pensieri negativi.
Guardò gran parte dei suoi nuovi compagni cercando di capire che tipi fossero.
Oltre che pensare, analizzava sempre tutto ciò che la circondava, che fossero oggetti, persone o addirittura parole; analizzava ogni cosa.
Dopo aver osservato il cibo senza neanche sfiorarlo, uscì dalla Sala Grande, guardandosi continuamente intorno, ancora spaesata.
Proprio in quel momento varcarono la soglia tre persone. Tre persone molto speciali perché Rebekah capì immediatamente che si trattava di Ron ed Hermione insieme ad Harry, gli uni attaccati agli altri. Avevano tutti e tre un sorriso stampato sul volto mentre scherzavano tra di loro e si dirigevano probabilmente verso la Torre di Grifondoro.
Alla vista di quella scena, nacque un sorriso anche sul viso di Rebekah, che dovette soffocare immediatamente. Era davvero felice di aver visto Harry per la prima volta dopo così tanto tempo, sperava solo che, lui non la vedesse con occhi diversi adesso che era una Serpeverde a tutti gli effetti. Ma si sapeva, i Grifondoro con i Serpeverde, non erano mai andati d'accordo, e di certo, loro due non sarebbero stati un'eccezione. Quindi, probabilmente Harry, non le avrebbe mai rivolto la parola se non per sfidarla.

A richiamare la sua attenzione fu quel ragazzo così strano con cui si era scontrata proprio quando era arrivata. Non sapeva dire se provasse un vero e proprio astio nei suoi confronti, ma in realtà fremeva dalla voglia di conoscere il suo nome. Piton non le aveva mai parlato di lui, le aveva certamente parlato degli amici di Harry, ma mai di un ragazzo biondo dagli occhi grigi, soprattutto di Serpeverde.
A Rebekah ricordava tanto qualcuno che aveva già visto in passato, ma non riusciva proprio a capire chi.
Aveva conosciuto davvero pochissime persone del mondo magico nel corso della sua vita, ma lui aveva un viso terribilmente familiare.
Si accorse che stava di nuovo pensando ed analizzando troppo. Stava diventando un'ossessione.
Il giovane ragazzo dal viso pallido si avvicinò a lei sistemandosi la cravatta in modo elegante, passando un dito sulla spilla a forma di serpente, situata proprio al centro della cravatta stessa.
Rimase a guardarla dalla testa ai piedi come faceva sempre con tutti e facendo un cenno del capo sibilò delle parole acide.
«non sembri essere all'altezza della nostra casa.» disse guardandola con quella sua solita espressione disgustata, con tanto di sopracciglia alzate.
Rebekah incrociò le braccia al petto, inarcando un sopracciglio «e tu saresti?» sputò altrettanto acida. Aveva perfettamente percepito il brutto caratteraccio di quel ragazzino che poteva sembrare tutt'altro che gentile.
Il biondino la guardò dritto negli occhi e pronunciò con enfasi le seguenti parole: « Draco. Draco Malfoy»
marcò bene il suo cognome, come a voler sottolineare la sua provenienza. La continua ossessione per i purosangue e per la sua famiglia, non avrebbero mai abbandonato quel ragazzino dagli occhi grigi.
Rebekah che, fino a quel momento non si era neanche accorta degli altri due, che sembravano seguirlo ovunque, rimase per un tempo indefinito in silenzio, ricordando che aveva già sentito quel cognome da qualche parte.
Chi diavolo erano i Malfoy?
Notò lo sguardo perplesso del ragazzo di fronte a lei e si affrettò a rispondere
«se ne sono o meno all'altezza, questo avrai modo di constatarlo tu stesso»
Draco rimase a fissarla, inizialmente non riuscendo a capire a cosa si stesse riferendo, ma quando realizzò, si dovette trattenere dal non riderle in faccia, per poi rivolgerle uno sguardo ammonitore.
«Ma per favore! parli come una ragazzina» sibilò a denti stretti, con tono sarcastico, come a farle capire che una come lei non sarebbe mai stata all'altezza di loro Serpeverde.
«scommetto che tu invece sei la perfetta incarnazione dell'uomo cresciuto troppo in fretta. Chi dei tuoi genitori non ti dava attenzioni, da piccolo?»
lo sfidò con un sorriso stampato sul volto ma lui la fissò in cagnesco.

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