Capitolo venticinque

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am i so hard to love?

Nei giorni seguenti, gli studenti di Hogwarts non facevano altro che parlare di Fred e George Weasley e di come avevano dato filo da torcere alla Umbridge.
Ginny e Rebekah avevano scontato la loro punizione, la rossa non si fidava ancora della giovane serpeverde. Ma certo non si poteva dire che si odiassero come prima; avevano più cose in comune di quanto potessero pensare. Soprattutto, a legarle era stata la forma del loro patronus: terribilmente simili con minime differenze.

Con la Umbridge come preside e con l'uscita di scena dei gemelli, a Hogwarts regnava il caos.
Pix il poltergeist aveva preso tra tutti in particolar modo il congedo dei due ragazzi.
Ridacchiando come un folle, sfrecciava per la scuola rovesciando tavoli, sbucando a sorpresa dalle lavagne, capovolgendo statue e vasi; e per ben due volte chiuse Mrs Purr dentro un'armatura, dalla quale fu estratta ululante dal custode furioso. Frantumava lanterne e spegneva candele, faceva volteggiare torce fiammeggianti sulle teste degli studenti atterriti, scagliava ordinate pile di pergamene tra le fiamme o fuori dalla finestra; apriva tutti i rubinetti dei bagni, inondando il secondo piano; rovesciò un sacco pieno di tarantole in mezzo alla Sala Grande durante la colazione; e quando aveva voglia di rilassarsi, svolazzava per ore dietro alla Umbridge, facendole una pernacchia ogni volta che lei apriva bocca.

«Pix! Pix!» lo richiamò Rebekah da lontano «falle cadere il lampadario in testa!» esclamò divertita per poi nascondersi in uno dei corridoi all'arrivo della squadra di Inquisizione.
Draco ne faceva ancora parte ufficialmente, ma non si era più fatto vedere con loro; ma quando, nascosta, Rebekah vide Pansy e Daphne ridere insieme, le venne una stretta al cuore.
Si chiese se mai sarebbero riuscite a perdonarla. Lo reputava anche un comportamento infantile, per cosa avrebbero dovuto perdonarla? Persino Draco l'aveva fatto! Loro perché dovevano continuare a ignorarla, indignandosi ogni volta che la vedevano nella loro sala comune?
«Ti perdoneranno» sussurrò una voce a lei familiare, mettendosi al suo fianco con noncuranza. Sembrava essere sbucato dal nulla ma Rebekah non sembrò affatto spaventata, anzi, sorrise guardando il suo amico, Adrian Pucey.

«Come sta Montague? Si è ripreso dall'incidente?» chiese la ragazza agitata per la partita imminente di Serpeverde contro Tassorosso. Il capitano di serpeverde era Montague e senza le sue parole e la sua bravura la loro squadra avrebbe sicuramente perso.
Adrian le riferì che doveva ancora riprendersi del tutto e che dovevano sperare che Grifondoro perdesse contro corvonero. Anche se, senza Silente come preside c'era molta più possibilità che non venissero attribuiti punti bonus a Grifondoro.
La ragazza rise a quell'affermazione, ma sì limitò a non commentare; visto che in quel momento avrebbe preferito che a Hogwarts ci fosse stato Silente e non la Umbridge.

Durante il pomeriggio, mentre affrontavano una delle lezioni di difesa contro le arti oscure... Rebekah notò l'umore di Harry migliore rispetto ai giorni precedenti.
Era sicuramente dovuto al fatto che fosse riuscito a parlare con Sirius.
Il ragazzo le aveva raccontato che con lui c'era anche un certo Remus Lupin... Rebekah non l'aveva mai sentito nominare da Severus. Lui le parlava soltanto di James e Sirius, mai di Peter Minus o di Remus Lupin. Harry le disse che era stato il loro professore di difesa contro le arti oscure al terzo anno e che era stato lui a insegnargli come evocare un patronus.
La ragazza ascoltò tutto molto attentamente, curiosa di conoscere ogni particolare di quelli che dovevano essere gli amici di sua madre quando aveva la sua età.
Ma allo stesso tempo indugiava, erano gli stessi che avevano fatto del male a Piton e forse non avrebbe voluto conoscerli realmente. Era giusto che Harry li perdonasse così facilmente? O se mai avesse avuto modo di conoscerli anche lei, avrebbe dovuto perdonarli? Ultimamente non lo sapeva più neanche lei.
Non sapeva più cos'era giusto e cos'era sbagliato. Non sapeva più di chi fidarsi e invece chi temere. Non sapeva più qual era una bugia e qual era la verità.
Negli ultimi giorni sentiva che qualcosa in lei era cambiato, e non era dovuto al fatto che fosse un cosiddetto angelo caduto.
Ultimamente faceva fatica ad addormentarsi, faceva fatica a prendere sonno. Quando era piccola non ci riusciva perché faceva degli incubi su Lord Voldemort, ma adesso... adesso nessun incubo invadeva la sua mente. Solo pensieri terribili. C'era talmente tanta di quella roba nella sua testa che il mondo lo sentiva appena.
Passava come un'ombra, la vita era tutta nei suoi pensieri.
E solo allora Rebekah, imparò quanto sono lunghe le notti quando c'è qualcosa che non va, quando non si sta bene.
Sospirando, sperò che quella giornata passasse velocemente.

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