Capitolo undici ❄️

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Le ore seguenti furono per me un mix di emozioni e di avvenimenti senza fine, come su una movimentata giostra sempre con una nuova sorpresa dietro l'angolo.
Un nuovo record mondiale nella categoria femminile per il programma libero.
La medaglia d'oro.
La premiazione.
L'orgoglio negli occhi del mio allenatore.
La chiamata lacrimevole dei miei genitori.
La conferenza stampa, sempre sostenuta da Victor, che non mi mollò nemmeno per un secondo per tutto il tempo.
Lo stesso Victor che in quel momento stava pattinando magistralmente nel suo programma libero ufficiale, composto tra le tante prestazioni da ben quattro salti quadrupli, tra i quali un Axel... il più difficile di tutti.
Era stupendo tornare a vedere l'uomo pattinare in una competizione ufficiale dopo due anni lontano dalle luci dei riflettori. Anche per me che avevo avuto l'onore e il privilegio di vedere dozzine e dozzine di volte le prove dei suoi programmi per il Grand Prix.
Victor era sempre molto metodico quando si trattava del pattinaggio, fino a diventare quasi un'altra persona.
Solitamente trovava sempre spazio nella vita per un sorriso o per un momento di stravaganza, ma quando si trattava di esibirsi cambiava completamente.
Diventava estremamente serio e concentrato, assumendo le fattezze di una creatura elevata che non sembrava appartenere al nostro mondo.
Era uno spettacolo per gli occhi ed era praticamente una medaglia d'oro assicurata, considerando anche l'enorme stacco che aveva dato ai suoi avversari semplicemente con il programma breve, diversi punti avanti l'attuale secondo classificato: il suo ex ragazzo, il pattinatore giapponese Yuri Katsuki.
Victor e lui non avevano ancora avuto modo di scambiare nemmeno una parola, ne ero certa perché il mio allenatore mi aveva tenuta con sé tutto il tempo, ma si erano scambiati vari sguardi, alcuni molto eloquenti, alcuni molto profondi. Al punto da farmi sentire quasi fuori posto in quella situazione, nonché fortemente a disagio.
Non molte ore prima avevo pensato gagliardamente di poter lasciare andare Victor senza alcun rimpianto, semplicemente alla condizione di vederlo felice. Chiaramente lo pensavo ancora, ma era stato comunque difficile per me anche solo valutare la prospettiva di vederli riappacificarsi dopo quell'incontro al Grand Prix.
Katsuki lo infatti guardava con un'espressione colpita ed estasiata non molto diversa dalla mia, come ebbi modo di appurare sbirciando di tanto in tanto nella sua direzione.
Lui si era esibito subito prima di Victor ed era attualmente primo in classifica, ma erano ben chiare a tutti le evoluzioni di quella competizione: il mio allenatore infatti era destinato a strappargli la posizione e lui ad accontentarsi di una medaglia d'argento.
Continuai a gustarmi la performance del russo per tutto il tempo, seguendo avidamente ogni suo minimo movimento, tutti senza nemmeno il più microscopico errore.
Victor chiuse il suo programma libero con la durata stabilita dalle regole della gara, strappando al pubblico un'ovazione senza precedenti nel campo del pattinaggio di figura maschile.
Victor era tornato. Il campione era tornato, finalmente.
L'uomo iniziò ad avvicinarsi a me giusto pochi momenti dopo, pattinando nella mia direzione senza togliermi gli occhi di dosso.
Era ansante e con un leggero strato di sudore ad adornargli la fronte, ma non aveva comunque nemmeno un capello fuori posto.
Era perfettamente composto come al solito. E bellissimo, come nessun altro al mondo; almeno ai miei occhi, così come a quelli delle sue numerosissime ammiratrici.
Mi era stato concesso di seguire le sue esibizioni da bordo pista, in qualità di figura di supporto del pattinatore, e fu il mio turno di correre nella sua direzione per abbracciarlo forte.
<<Sei stato stupendo. È stata la tua migliore esibizione>> commentai tra le lacrime, affondando il viso sulla sua spalla <<sono così orgogliosa di te, così tanto.>>
<<Come io lo sono di te>> rispose lui, rispondendo senza indugio alla mia stretta.
Nelle nostre menti erano ancora vividi i ricordi dei giorni precedenti, ma davanti alle emozioni di una gara tutto sembrava come sparire.
Anche se avevo paura del dopo.
Avevo paura di risvegliarmi da quel sogno e di tornare alla realtà. Una realtà dove Victor Nikiforov non ricambiava i miei sentimenti.

. . . .

Successivamente fu il turno dell'uomo di mettere al collo la sua medaglia d'oro e molti fotografi ci chiesero successivamente di posare insieme, entrambi con il simbolo del nostro trionfo attorno il collo.
Era infatti la prima volta nella storia del pattinaggio che un allenatore e la sua allieva riuscivano a conquistare una medaglia d'oro nella medesima competizione e nella stessa giornata.
Nessuno dei due si infatti rifiutò di posare e in particolar modo amai posare con lui per uno scatto che ci raffigurava ognuno a baciare la medaglia dell'altro, mentre ci guardavamo negli occhi.
Non vedevo l'ora di vedere quella foto pubblicata su internet o su una qualche rivista sportiva, solo per custodirla per sempre come il più prezioso dei ricordi.
Passammo così molto tempo, prima di ottenere finalmente la possibilità di ritirarci in hotel per un po' di meritato relax prima del grande Gala.
<<Andiamo?>> chiesi a Victor, impugnando bene il mio borsone sportivo, quello che mi ero portata dietro per contenere tutte le mie cose necessarie per la mia gara.
Entrambi avevamo abbandonato i nostri costumi di scena per tornare in abiti decisamente normali, semplici per me ed eleganti per lui. Praticamente in linea con le nostre personalità.
L'uomo annuì, prima di iniziare a camminare insieme a me lungo uno dei tanti corridoi.
<<La macchina ci accompagnerà al Gala per l'orario stabilito. Ho sistemato tutto io>> mi spiegò lui, ottenendo un mio cenno di assenso.
<<Pensi che->> cercai di chiedere, ma mi bloccai notando una figura farsi largo nel corridoio dalla parte opposta a quella del nostro senso di marcia.
Quella del pattinatore giapponese da me tanto temuto per tutto il tempo. Quello che era stato capace di rubare in passato il cuore di Victor.
Notai negli occhi di entrambi accendersi simultaneamente un senso di consapevolezza e il forte desiderio di un confronto.
Mi sentii messa tra due fuochi. Mi sentii il terzo incomodo.
Il mio istinto mi suggeriva di afferrare per mano l'uomo che amavo, così da portarlo via il più lontano possibile da lì. La mia parte razionale invece mi obbligava a farmi elegantemente da parte, perché consapevole di non poter rimandare l'inevitabile.
Quei due ragazzi avevano chiaramente bisogno di parlarsi e di risolvere chissà quali faccende in sospeso, quindi io non ero assolutamente nessuno per impedire loro quel diritto.
Dovevo rassegnarmi e rispettare il naturale corso delle cose, come conveniva a una persona matura e della mia età.
Victor mi guardò brevemente, come per chiedermi il permesso di intrattenersi lì per un po'; mostrando un tatto che mi stupì, ma che al tempo stesso mi scaldò il cuore.
Mi lasciai andare ad un piccolo sorriso amaro, dettato da sentimenti sconosciuti a me prima di tutti. <<Va'>> gli dissi semplicemente, sparendo subito dopo oltre il corridoio.

Avevo scelto di lasciarlo andare.
Avevo scelto di farmi da parte, come mi ero ripromessa.
Avevo scelto di proseguire per la mia strada, nonostante il mio cuore in quel momento andato in frantumi, forse per sempre.

Avevo scelto di proseguire per la mia strada, nonostante il mio cuore in quel momento andato in frantumi, forse per sempre

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ᏒᎾᏚᎬ ᏴᏞᏌ || Victor Nikiforov x ReaderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora