Il rischio.

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Di solito quando si pensa alla parola "lavoro" si immagina sempre un ambiente ostile, pesante, noioso. Un obbligo, un costrutto sociale.

Eppure, per Nicolas, era tutt'altro.

Ogni volta che entrava nel loro studio, sembrava che ritornasse a respirare.
Come se, tutto quel tempo passato fuori, l'avesse passato in costante apnea.

E boccheggiava, in attesa di poter ispirare e aspirare di nuovo. Ogni volta che richiudeva la porta dello studio, lasciava fuori tutti i suoi problemi, i suoi pensieri negativi, le sue ansie.

Era diventato quasi terapeutico per lui.

Si godeva ogni singolo attimo passato lì dentro e, una volta giunti a sera, gli sembrava sempre che la giornata fosse volata. Evitava anche di provare ad ammetterlo a se stesso, ma dietro a tutta questa felicità, c'era un nome ben preciso.

E cercava in tutti i modi di respingere ed eliminare quei pensieri, quelle sensazioni, ma la verità è che non poteva farne a meno. Come recita la sua saga preferita, è  sempre la bacchetta a scegliere il mago.

E a lui, era capitato proprio di provare qualcosa nei confronti di Cesare.
Ridicolo, non trovate? Su questo pianeta siamo sette miliardi e lui si invaghisce proprio di un suo collega.

"Ehi Nicolas, già qui? Ora si spiega il tempo di merda che c'è fuori"
È Nelson a parlare, entra con le sue chiavi, senza bussare. È abituato ad essere il primo ad arrivare, è l'unico mattiniero del gruppo, insieme a Dario.

"Non sono poi così ritardatario come credete" gli fa il verso Nic, mentre accende il computer della sua postazione.
È piegato in avanti, appoggiando gli avambracci sulla scrivania, mentre cerca qualcosa sul monitor, con scarsi risultati. 

Improvvisamente si sente toccare i fianchi e si gira di scatto, turbato dal tocco piuttosto intimo.
"Calmo campione, sono io" ride Cesare, accarezzandogli la schiena "Perché non prendi una sedia, invece di stare letteralmente a 90?"

Nicolas avvampa "Smettila di molestarmi"

Alza gli occhi al cielo, ma non si muove di un centimetro. L'altro non risponde, si limita ad affiancarlo e ad attivare la sua postazione. Passano un paio di minuti in religioso silenzio, riecheggiavano piano solo il suono dei loro respiri.

"Nic, sono serio. Siediti o dopo pranzo ti scucchiaio"
Nicolas rise forte e decise di prendere la sua sedia, non per le minacce di Cesare, ma perché le gambe avevano iniziato a cedere.

Ripensando a quello scambio di battutine non riuscì a non arrossire.
Se non fosse stato Cesare a dirgli quelle cose, probabilmente Nicolas le avrebbe prese come delle provocazioni ammiccanti. Palesemente allusive.

Invece, l'unica cosa palese qui era l'eterosessualità di Cesare Cantelli.

Da quanti anni si conoscevano lui e Nic? Otto, nove? Forse anche dieci. E in tutti questi anni, l'aveva sempre visto in compagnia di qualcuna. Non che fosse così difficile per lui essere sempre circondato. Nicolas poteva capirle bene, quelle ragazze, soprattutto perché era un dato piuttosto oggettivo.

Cesare non solo era un ragazzo estroverso, divertente, sveglio, brillante, con dei valori profondi. Era anche spaventosamente attraente. Un miraggio quindi, se consideriamo il livello medio che c'è oggi in giro.

Intanto però, nessuna durava mai.
Nicolas ne aveva conosciute tante, alcune bellissime, altre tanto sagaci e sveglie. Ma nessuna sembrava colpirlo, nessuna l'aveva mai conquistato. Quindi come poteva Nic anche solo pensare di avere una possibilità?

Non era né attraente dal punto di vista caratteriale, con quel suo mutismo selettivo continuo, né dal punto di vista estetico. Era un uomo. Ok, è vero che "donna barbuta sempre piaciuta" ma quasi sicuramente la sua barba a Cesare non sarebbe garbata.

E come abbiamo già sottolineato, non possiamo neanche appellarci al famoso detto "in tempi di guerra ogni buco è trincea" perché Cesare non aveva neanche idea di cosa fosse la guerra, dato che per lui la carestia non era mai esistita.

"A che pensi?"
Quella voce squillante, fin troppo vicina al suo orecchio, lo ritrasse velocemente dai suoi pensieri e, censurandoli velocemente, tentò di rispondere senza dare nell'occhio.

"Alla guerra"
Cesare aggrottò un sopracciglio, non si aspettava questa risposta. Lo aveva visto molto preso e concentrato, ma non credeva che Nicolas avesse pensieri così profondi e tanto lontani dalla sua realtà.

"Perché?"
Nicolas si ritrovò a boccheggiare, finse di fissare qualcosa sul monitor per prendere tempo. Non sapeva proprio che scusa usare e, come ogni volta che si ritrovava in difficoltà, esagerò.

"Pensavo ai reporter di guerra"
Lo disse senza pensarci due volte, evitando in ogni modo qualsiasi contatto visivo. Aspettava una qualsiasi reazione da parte di Cesare, per capire se avesse abboccato. Eppure era calato il silenzio. Si sentiva il suo sguardo bruciare sul viso, ma non aveva proprio intenzione di girarsi.

Quei piccoli occhi color pece lo mettevano sempre in difficoltà e quello non era proprio il momento adatto per cedere.
Nicolas si sentì quindi quasi costretto a spiegarsi, a giustificare quei pensieri.

"Per portare l'arte della fotografia in quei contesti ci vuole coraggio. Invece io e il mio obiettivo non abbiamo mai rischiato. Non ho mai guardato al di là del mio naso, Cesare. E un artista non dovrebbe limitare la propria arte"

Quella che era nata come una semplice bugia, si era ormai trasformata in una verità che scosse visibilmente Nicolas. Non ci aveva mai riflettuto su quanto poco si mettesse in gioco, sia nel suo lavoro che nella sua ordinarietà. E quella realtà lo turbava, lo rendeva insoddisfatto, quasi infelice.

Fino a quando Cesare non parlò di nuovo.
"E che ne dici di rischiare insieme? Non sarà necessario andare in Siria o in Afghanistan, possiamo osare anche qui a Bologna"


Hey ! mi ero ripromessa di non ricadere più nel baratro delle fanfiction, ma durante questa quarantena ho rivisto tutti i vari backstage e tutto quel content mi ha fatto prudere le mani ed eccoci qui <3
a presto, fatemi sapere se vi è piaciuto!

Balikwas | CesolasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora