Equilibrio.

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Era risaputo: ogni cosa detta da Cesare, diventava legge. Testardo, caparbio ma soprattutto ambizioso. E neanche in quell'occasione si era smentito.

Esattamente sei giorni dopo la loro strana conversazione, Nicolas sentì il suo telefono vibrare e sorrise quanto lesse il nome di Cesare.

"Domani iniziano le nostre escursioni vez, ogni sabato mattina, ogni settimana"
"Che hai in mente?"
"Domani vedrai"
La chiamata terminò così e l'ansia di Nicolas iniziò proprio in quel momento.

Non lo aveva abbandonato neanche per un istante, aveva dormito male e si era svegliato decisamente peggio. Aveva il cuore in gola, odiava non sapere le cose, soprattutto se quest'ultime riguardavano Cesare.

Ma allo stesso tempo, quando pensava a quella nuova abitudine appena nata, gli sembrava quasi di toccare il cielo con un dito. Il realizzare che lui e Cesare avessero ormai qualcosa che li univa, gli metteva il sorriso.

"Signorino Nicolino, ma come siamo eleganti!"
Cesare si tolse il casco e con un gesto spontaneo si liberò di alcuni ciuffi ribelli che gli coprivano gli occhi. Nicolas arrossì per due motivi: il complimento di Cesare e l'outfit di quest'ultimo. Era in total black e aveva messo gli occhiali da sole, un accessorio stupido, ma che lo faceva andare fuori di testa.

"Mi fai strada tu?" gli chiese, avvicinandosi alla sua macchina, evitando intenzionalmente di rispondere al suo complimento.
Cesare mise in moto e lo superò, sbarrandogli la strada.

"Vecchio! Ma che cazzo fai"
Nicolas era indispettito e l'altro, notando il suo disappunto, rise di gusto.
E, nonostante fosse un coglione, aveva davvero uno dei sorrisi più belli che Nicolas avesse mai visto. Illuminava tutto ciò che lo circondava e lo rendeva più bello.

"Dai sali, abbiamo già perso troppo tempo"
Nic sbarrò gli occhi "Devo salire su sto coso?"
"Dai Nicolas! Ci metteremo la metà del tempo e poi, puoi sempre approfittarne per tenerti a me e testare i miei progressi fatti in palestra"

Alzò gli occhi al cielo e si mise il casco senza rispondere alle provocazioni, anche perché erano piuttosto convincenti.

Nicolas aveva immaginato tante possibilità, fantasticato su tantissime mete, aveva pensato davvero a tutto.

Tutto, tranne quello. Erano al Quadrilatero, un insieme di stradine pedonali che ospitavano le botteghe storiche più famose di Bologna. C'era così tanta gente che Nic si sbottonò le maniche della sua camicia bianca, piegandole e portandole sopra al gomito.

"Anche questa è guerra Nicolas: gli anziani che cercano di fregare i commercianti, pur di risparmiare qualche euro"
"Davvero dobbiamo scattare qui?"
"C'è vita Nic: colori, voci, persone. Un vero artista riesce a racchiudere tutto questo in una fotografia"

E Nicolas si sentì quasi stregato da quelle parole e quasi si commosse per l'impegno che ci aveva messo Cesare per pensare ed organizzare questa giornata.

Non appena iniziarono a fotografare, tutta la diffidenza e i dubbi di Nicolas sparirono.
Era un ambiente acceso, limpido, luminoso. E grazie alla professionalità dei due, le foto scattate trasmettevano ogni singola emozione che provata da loro in quel momento.

Dopo un po' scoprirono anche che quel mercato era di origine medievale e molte botteghe avevano mantenuto l'architettura storica. Iniziarono quindi a concentrarsi sui vari arredi, sulla bellezza di determinati edifici, scorgendo particolari dettagli artistici.
I colori vivaci del mercato e lo stile medievale del borgo, creavano un contrasto eccezionale.

"Abbassati di più e alza l'obiettivo spostandoti verso destra, hai il sole troppo vicino dall'altro lato" Cesare provò a piegarsi, ma con scarsi risultati: era troppo rigido e rischiava di perdere l'equilibrio.

"Ti tengo io, appoggiati a me"
Nicolas gli prese le spalle e appoggiò il suo corpo contro il suo. Sentì Cesare riprendere a respirare di nuovo, finalmente di nuovo comodo. Sentiva il suo respiro sul suo petto.

"Metti a fuoco quella bici e scatta appena attraversa la strada" gli ordinò.
Cesare restava sempre stupito ogni volta che osservava Nicolas concentrarsi sul suo lavoro.

Cambiava completamente: era così tanto abile quando aveva una macchina fotografia tra le mani, che assumeva una sicurezza di sé che affascinava Cesare in modo inspiegabile. Di solito era lui ad avere la personalità più coinvolgente, ma non in quelle situazioni.

Forse giocava un ruolo decisivo anche il fattore dell'esperienza: Nicolas erano anni che era entrato nel mondo della fotografia, Cesare l'aveva seguito solo da poco. E aveva deciso di introdursi a questa passione per poter capire tutte quelle cose tecniche che gli raccontava, con gli occhi che brillavano. Voleva capire cosa lo affascinava e colpiva così tanto. Voleva capirlo meglio: Nicolas era un'eterna scoperta.

Appena sentì il click della macchina fotografica e un secondo dopo dopo le braccia di Nicolas lasciavano la presa. Cesare riuscì solo a sibilare "Veez", in una ricerca d'aiuto, prima di cadere rovinosamente a terra.

Nicolas iniziò a ridere di gusto e afferrò la mano di Cesare, per aiutarlo a rialzarsi: mai scelta fu più sbagliata.
Cesare lo tirò verso di sé e, perdendo l'equilibrio, andò a scontrarsi contro il suo petto. Si sentì cingere i fianchi con le braccia.

"Nic hai un equilibrio di merda"
Cercò di tirarsi su, sconvolto da tutto quel contatto fisico. "Ma se è colpa tua"
Il più grande non rispose, si limitò a mettergli una mano sulla spalla, prima di chiedere "Pranziamo qui?"

Nicolas scoprì che passare del tempo da solo con Cesare era tanto bello quanto doloroso. Soffocare i suoi sentimenti in presenza degli altri era facile, quasi spontaneo, ormai meccanico. Ma quando erano solo loro due, doveva fingere il doppio.

Come in quel momento: con una gelateria aperta, ne avevano approfittato ed era successo il più banale dei cliché; Cesare aveva la bocca sporca di panna. Nicolas era ormai zitto da tre minuti, limitandosi a mangiare il proprio gelato in religioso silenzio.

Aveva paura di poter creare momenti troppo intimi, viveva con l'ansia che Cesare potesse capire tutto solo con uno sguardo di troppo. Ma intanto quella panna sembrava fissarlo e non riusciva a ragionare bene.

"Sei sporco di panna"
Cesare alzò lo sguardo dalla sua coppetta e lo guardò. Nic smise per qualche istante di respirare, era teso. Vide che l'altro tentava di ripulirsi con la lingua, ma con scarsi risultati.

"Aiutami dai"
Accostò il suo viso sempre più vicino a Nicolas, che rimase paralizzato per qualche secondo. Avvicinò la sua mano al viso di Cesare e gli sfiorò la guancia con la mano. La appoggiò lì e con il pollice gli tolse la macchia. Stava per tirare via la mano, quando Cesare gli sorrise e gli baciò il dito, che era ancora sulle sue labbra.

Nicolas era sorpreso, quasi sconcertato. Non era un gesto da Cesare, non era da amici, era un qualcosa di intimo.
Alzò il suo sguardo, cercando i suoi occhi, sperando di trovarci delle risposte. Ma Cesare era ormai tornato a concentrarsi sul suo gelato.


rieccoci!
sono davvero tanto felice del riscontro ricevuto con il primo capitolo, mi fa piacere che la storia vi stia piacendo! fatemi sapere che ne pensate di questo nuovo aggiornamento! baci xx

Balikwas | CesolasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora