Capitolo 1

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Combattevano insieme ormai da anni, sempre coperti da una maschera, uniti in un unico scopo: sconfiggere Papillon. 
Era questo il loro destino. Chi lo avesse deciso non era dato saperlo eppure nessuno dei due se lo domandava più da tempo.  
Il loro legame era cresciuto al punto da potersi intendere con un solo sguardo, da capire perfettamente cosa l'altro stesse pensando, sempre. 
Le giornate passavano così per due insospettabili ragazzi delle superiori, tra una lezione e una battaglia, tra un batticuore e una delusione d'amore. Così erano passati gli anni, senza sapere chi fossero nella realtà, senza conoscersi eppure comprendendosi l'un l'altro. 

Marinette, una ragazza che ormai tutti conoscevano per il suo enorme cuore, una innata capacità per il settore della moda e un' infinita cotta per il modello più famoso della Francia: Adrien Agreste. "La ragazza più imbranata della scuola", così amava definirsi con gli amici, nessuno si sarebbe mai immaginato che a salvarli tutte le volte dal malefico Papillon fosse proprio lei. 

Adrien, un ragazzo che di normale non aveva nulla, a partire dalla sua bellezza che di anno in anno andava aumentando sempre più, così come aumentavano le fan e gli impegni nel campo della moda. Nemmeno la sua "famiglia" poteva definirsi "normale", rimasto solo con il padre cercava in tutti i modi ogni minimo segno d'approvazione che, con un padre come Gabriel Agreste , non avrebbe mai ricevuto. Ma, ormai, ad Adrien questo poco importava. Con il lavoro di modello, la scuola e i combattimenti contro Papillon non aveva il tempo materiale per preoccuparsene, non ora che era cresciuto quanto basta per lasciarsi alle spalle un'infanzia triste. 

-Stiamo andando a prenderci un gelato, vieni con noi?- chiese Alya alla sua amica marinette appena fuori scuola dopo la fine delle lezioni. l'amica era da anni fidanzata con il loro amico Nino, amore sbocciato proprio grazie ai due supereroi. 
-Non mi dire che hai già finito la relazione per domani!- chiese sconcertata Marinette. la ragazza sapeva bene come uscire fuori dalla situazione che troppo spesso la vedeva come protagonista, "il terzo incomodo", sapeva che Alya l'avrebbe sempre invitata, anche rinunciando ad una romantica uscita con il suo Nino ma alla ragazza non sembrava giusto privarli dei loro attimi, proprio per questo ogni tanto inventava qualche storia per costringersi a casa a studiare o lavorare nel negozio dei genitori. 
-Sei incorreggibile Marinette, ti ritrovi sempre indietro con i compiti!- disse la mora sbuffando
-La vita è una sola Mari, non puoi sprecarla sui bachi di scuola, devi godertela!- continuò esasperata.
-Lo so bene Alya, non serve che me lo ricordi ogni volta, sono un'eterna ritardataria- disse passandosi una mano dietro la testa come a volersi consolare da sola.
-Già... Mi domando quando inizierai a pensare alla tua vita con più attenzione e a dimenticare il modello che tanto ti ha fatto soffrire- sospirò dispiaciuta per lei.
-Adrien ormai è solo un punto di riferimento per il mio futuro lavoro, nulla più- disse indurendo lo sguardo -Adesso devo andare, divertitevi!- disse ritornando a sorridere prima di iniziare ad avviarsi verso casa.

La sua infinita cotta per Adrien...
Negli anni molte cose erano cambiate, forse anche quel sentimento era un po mutato. Adrien non si era mai mostrato interessato all'amore e questo in cuor suo bastava per non perderlo d'occhio in segreto, nel suo cuore. Aveva smesso di balbettare, più o meno, quando questo le rivolgeva la parola e riusciva, tutto sommato, a elaborare frasi di senso compiuto.
Una cosa non era cambiata, Chat noir e il suo continuo flirtare con Ladybug tutte le volte che ne aveva avuto occasione. 
"Quel gatto non cambierà mai" pensò tra se sorridendo. 

Arrivata a casa aveva lasciato cadere lo zaino distrattamente da qualche parte nella sua camera, non aveva voglia di preoccuparsene anche perché doveva pensare a qualcosa per ammazzare il tempo visto che in realtà la relazione l'aveva già terminata ieri. Decise quindi di munirsi di blocco da disegno e andare nella terrazza sopra la sua camera a dedicare un pò di tempo al suo hobby preferito, disegnare abiti. Perdeva le ore sopra quel blocco, la mente le si svuotava ogni volta che prendeva in mano la matita e cominciava, come fosse una magia, a creare dal nulla abiti di ogni genere. Era questo il suo talento più grande ed era stato più volte riconosciuto anche da chi del mestiere ne sa il fatto suo. Un vento leggero le mosse i capelli e la spinse a guardare il cielo limpido di Parigi e ad inebriarsi dell'odore del pane appena sfornato proveniente dal negozio dei suoi al piano terra dell'edificio. 
"Che profumino" penso facendosi venire l'acquolina in bocca 
 -Che profumino- una voce sembrava avesse appena dato vita ai suoi pensieri e di scatto si girò verso la direzione da cui l'aveva sentita.
-Chat noir?!- disse sorpresa guardando in direzione del supereroe, appollaiato sul comignolo di casa sua intendo ad inspirare gli odori che fuoriuscivano da questo. 
-Oh, Marinette!- la salutò con la mano appena la sentì
-Cosa fai qui?- gli chiese alzandosi dalla poltroncina su cui era seduta.
-Ronda- le disse scendendo dal tetto per sedersi sulla ringhiera del balcone avvicinandosi a lei - tu invece?- le chiese indicando il quaderno che aveva in mano
-Qualche schizzo- disse mostrandole l'ultima pagina sulla quale stava disegnando poco prima.
Il ragazzo le fece segno di allungarle il quaderno per poter vedere i suoi lavori e lei lo assecondò affidandogli il quaderno. Lui lo prese e iniziò a sfogliarlo guardando attentamente ogni abito come se ne capisse effettivamente qualcosa. La ragazza lo guardava in silenzio con aria interrogativa.
-Sono davvero belli- Disse mentre continuava a guardare i suoi lavori -si vede proprio che ti piace questo lavoro- le sorrise restituendole il quaderno. 
Lei per tutta risposta si imbarazzò un po di quel complimento che sembrava così sincero e gli sorrise a sua volta. All'improvviso lo stomaco del gatto fece uno strano rumore e come di riflesso si portò una mano allo stomaco arrossendo imbarazzato.  La ragazza che aveva osservato tutta la scena non poté fare a meno di scoppiare a ridere immaginandosi il perché di quel rumore.
-Adesso più che un supereroe sembri un gatto randagio- disse continuando a ridere e tenendosi lo stomaco per il troppo ridere.
-Spiritosa- gli disse massaggiandosi lo stomaco che oltre a far rumore aveva iniziato anche a fargli male per la fame. Si era ricordato solo in quel momento che aveva saltato il pranzo perché troppo arrabbiato per un nuovo "impegno improvviso" del padre che aveva disdetto il pranzo insieme a lui all'ultimo momento. Lui per tutta risposta aveva rifiutato di mangiare e si era andato a chiudere nella sua stanza chiedendo di non essere disturbato. Solo ora, che si stava rilassando a parlare con la ragazza, il nervosismo aveva fatto posto alla fame.
-Aspetta un attimo qui- gli disse asciugandosi una lacrima sotto lo sguardo imbronciato e imbarazzato di lui per la presa in giro.
-Dove vai?- gli chiese curioso prima di vederla sparire dentro la botola che conduceva in camera sua ma non ottenendo risposta decise di aspettarla, non perché glielo avesse chiesto, era solo curioso. Si andò a sedere sulla poltroncina che prima era occupata dalla bruna e prese ad osservare il cielo.
-C'è davvero una bella visuale da qui- sospirò guardandosi intorno. Pensò a quella sera di qualche anno fa, quella dove aveva ricevuto un silenzioso rifiuto dalla sua lady che non si era presentata all'appuntamento e a quando, sconfitto e afflitto, si era ritrovato sul balcone di Marinette trovandola dello stesso stato d'animo di lui. Quella volta aveva portato Marinette tra i tetti di Parigi per cercare di tirarle su il morale e le aveva fatto vedere il posto che aveva preparato per la sua lady. Con lei, lo sapeva bene, poteva essere se stesso e più di una volta si era ritrovato a parlarle dei suoi sentimenti e delusioni d'amore. Solo con lei riusciva ad esternare sinceramente quello che provava, complice il fatto che la ragazza faceva lo stesso con lui. Quella volta si erano trovati vicini ad affrontare le loro pene d'amore e insieme erano riusciti a superarle con un sorriso sulle labbra. Gli era quasi dispiaciuto doverla salutare quella sera per tornare in quella casa così fredda quando, invece, con lei provava un calore così familiare e confortevole. Spesso si era sorpreso a pensare a quanto sarebbe stato bello poter parlare con lei nella sua versione "originale" ma ogni volta si era messo a ridere pensando che la ragazza, con Adrien, non era mai stata in grado di formulare una frase di senso compiuto.
 "Forse il mio essere famoso la mette in soggezione" aveva pensato spesso non giustificandosi il suo comportamento. E pensando al passato si era piano piano reso conto dei cambiamenti della ragazza, non solo fisici, perché era innegabile il fatto che la ragazza fosse cresciuta. Se la ricordava quella sera fra le braccia, così snella e leggera, a guardarla ora era evidente il cambiamento, si era alzata in altezza e i capelli le erano cresciuti lungo le spalle, era evidente, nonostante li acconciasse sempre nello stesso modo. 
I suoi pensieri vennero interrotti dal rumore della botola che si era aperta facendo spuntare una mano che la tirava su. Si diresse subito verso di lei afferrandole la mano per aiutarla a salire. Il suo sguardo si soffermò sulla ragazza che stava facilmente tirando su, al suo corpo, le mani piccole e curate, le braccia sottili attaccate alle spalle piccole e ma proporzionate, gambe lunghe e snelle ma toniche unite da un fondo schiena ben delineato e rotondo "perfetto per essere afferrato" si ritrovò a pensare ma scosse la testa come a voler eliminare quel pensiero nato all'improvviso. 
-Grazie- gli disse lei dopo essere salita
-P-prego- disse distogliendo lo sguardo colpevole.
-Serviti pure- gli sorrise dopo avergli passato una busta di carta. Sentendo quelle parole riportò lo sguardo su di lei e su quello che le stava passando.
-Tutto bene Chat noir?- gli disse con sguardo preoccupato
-Si, ero solo... Cos'è?- le disse prendendo la busta che gli aveva offerto.
-Del cibo per il mio gatto- disse con un sorriso scherzoso. Lui aprì la busta che sentiva calda da sotto i suoi guanti e subito fece capolino un profumo che gli fece venire l'acquolina in bocca. 
-Posso essere il tuo gatto tutte le volte che vuoi- le fece l'occhiolino e senza aspettare altro iniziò a mangiare un pezzo di pane caldo, appena sfornato con dentro del formaggio e prosciutto crudo. Lei gli sorrise guardandolo mangiare. Chat noir la seguiva con lo sguardo mentre lei si andava ad accomodare nella poltroncina. si muoveva tranquilla se sicura di se, i pantaloni che aveva indosso le mettevano in risalto le curve morbide e sode, la maglietta, invece, le cadeva morbida fino a poco più giù del bacino, la scollatura a v lasciava intravedere un seno pieno raccolto nell'intimo ben nascosto dalla maglia. 
-Chat noi?- la ragazza chinò leggermente il capo per incontrare i suoi occhi, solo allora lui si rese conto di starla fissando imbambolato con il panino davanti alla bocca aperta.
-Cosa?... Cosa?- si rese conto aprendo e chiudendo gli occhi di quello che stava facendo
-Ehi, sei sicuro di stare bene?- gli chiese alzando un sopracciglio.
-Si, cioè... Sono rimasto incantato dal sapore del panino- disse cercando di riordinare i pensieri che aveva in testa.
-Incantato? Addirittura? A saperlo prima mi ci sarei impegnata un pò di più, così saresti rimasto senza fiato- scherzò lei
-No, è perfetto così!- le fece l'occhiolino pensando al doppiosenso celato in quelle parole che avrebbe capito solo lui. 
-Va bene, mi fido del tuo giudizio- gli rispose sorridendo abbandonandosi sulla poltrona
-Fai bene, in fondo con il cibo si conquistano i cuori- le disse finendo il pasto rimasto in un boccone
-Già...- sospirò buttando indietro la testa e chiudendo gli occhi
-Ho forse detto qualcosa di sbagliato?- le chiese notando la sua reazione
-No Chat noir, è tutto ok- 
-mhm... così disse in un sospiro che celava tristezza- 
-Ah siamo anche poeti?!- rialzò la testa nella sua direzione per guardarlo. Incrociò subito gli occhi di lui che si era avvicinato silenziosamente per poterla osservare. Notandolo arrossì leggermente ma continuò a sostenere il suo sguardo indagatore
-Una delle mie tante qualità- le sue labbra si alzarono solo da una parte del viso, una cosa che faceva spesso quando si elogiava.
Si perse per una frazione di secondo nei suoi profondi occhi blu perdendo quel sorriso sghembo che aveva e assumendo un'espressione seria. 
-Ti sei innamorato?- scherzò lei spingendogli una mano sul petto per allontanarlo non riuscendo a sostenere ancora il suo sguardo.
-Lo sai che il mio cuore è già occupato- le rispose sorridendo e assecondando il gesto di lei -Ma se continuerai a cibarmi in questo modo chissà... magari potrei cambiare padrona- scherzò, un po per alleggerire la situazione, un po per vedere la sua reazione.
-Che gattaccio infedele che sei!- sorrise divertita -Mi toccherà smettere di darti da mangiare, non vorrei ritrovarmi a combattere ladybug per un micino ingrato- continuò incrociando le braccia al petto.
-Non credo le dispiacerebbe più di tanto- si rattristò delle sue stesse parole. 
Lei lo guardò rattristarsi e le si strinse il cuore, perché sapeva, sapeva di essere lei la causa di quella tristezza e chi meglio di lei ne conosceva la sensazione. 
-Allora non sa quello che si perde- gli disse addolcendo lo sguardo, accennando un sorriso
-Nemmeno lui- la guardò sorridendo 
-Lui chi?- disse sgranando gli occhi "possibile che sapesse?"
-La persona per la quale stai male- continuò lui
-Io?! Non sto male per nessuno- disse agitando le mani davanti la faccia per nascondere l'imbarazzo.
-Sicura?- si fece di nuovo più vicino e lei per tutta risposta allungò una mano sul suo petto per cercare di spingerlo via ma questo la prese trattenendola su di se senza muovere un muscolo. Marinette non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi e teneva fisso lo sguardo sulla sua mano ancorata al petto di lui, duro come il marmo sotto il suo palmo. Di cambiamenti ne aveva fatti negli ultimi anni, le spalle si erano allargate mettendo in mostra i suoi muscoli nascosti solo dalla sua tuta attillata, era diventato decisamente più alto di prima, considerando che anche lei si era alzata e lui comunque la superava di un bel po. 
-Vecchie storie, ormai- Si decise a rispondere infine, incontrando i suoi occhi.
-Getti la spugna?- gli chiese lui
-Penso di si- sospirò ancora.
-Quindi adesso puoi anche dirmi chi era- disse lui sinceramente curioso di chi possa aver stupidamente rifiutato quella bellissima ragazza che sospirava davanti a lui e che conosceva bene essere estremamente dolce.
-Perché dovrei dirtelo?- domandò alzando un sopracciglio dubbiosa
-Perché tu lo sai, io te l'ho detto- disse assumendo un'espressione metà tra il ferito e il supplichevole.
-Ma io non te l'ho chiesto!- disse lei guardandolo storto
-Però lo sai! E sai anche che non lo direi a nessuno- con un movimento lesto incrociò le gambe e le braccia sedendosi a terra difronte a lei
-Non ti muoverai da qui fin quando non te l'avrò detto vero?!- disse rassegnata guardando la sua posa ferma
-Proprio così-  disse facendo un cenno sicuro con la testa e chiudendo gli occhi per non voler sentire parole di protesta della ragazza. Voleva saperlo, Andare a picchiarlo dopo, magari, ma voleva sapere chi fosse il ragazzo che la faceva stare male.
-Adrien Agreste- disse lei coprendosi la faccia con una mano pentendosi immediatamente di averlo detto. Il ragazzo nella frazione di un secondo strabuzzò gli occhi, raddrizzò le orecchie e la coda e scattò sull'attenti come a voler scappare più lontano possibile credendo di essere stato scoperto. Solo in un secondo momento si rese conto.
"Sono io?!" Si accasciò per terra molto meno composto di prima tornando ad incrociare le gambe, sperando che lei non lo avesse visto scattare come una molla al suono del suo nome. Cercò di recuperare la calma e ricominciare a respirare per far ripartire gli ingranaggi nella testa. 
-Lo so quello che stai pensando- disse lei togliendosi la mano dalla faccia per guardare quella dell'eroe e la sua eventuale impressione. Ma, invece di ritrovarsi davanti una faccia che cercava di trattenere le lacrime, lo vide parecchio impallidito e nervoso
-Ti ha scioccato così tanto?- gli chiese guardandolo seria
-No, però perché?- le chiese guardandola serio. Non poteva capire come Marinette potesse soffrire per lui, cioè insomma, non si conoscevano molto e nemmeno parlavano molto visto che lei balbettava sempre in sua... "Ecco perché" si disse maledicendosi per non averci pensato prima.
-Cosa? Perché lui? Perché non lo conosci. Nemmeno io lo conosco bene, in effetti, però riesco a vederlo- disse iniziando a sorridere lievemente mentre i pensieri le scorrevano veloce nella mente
-Vedere cosa?- Chat noir era curioso, si sentiva in colpa ma era curioso di capire il perché.
-Vedere che persona si nasconde dietro quei sorrisi da copertina- disse d'un fiato
-E cosa vedi che io non vedo?- continuò non riuscendo ad afferrare il concetto
-Adrien non è solo un'immagine in un cartellone o in una rivista, lui è un ragazzo normale che soffre come un ragazzo normale. Soffre perché non può avere una normale conversazione con suo padre, soffre perché troppo spesso viene segregato in casa e quindi costretto a rinunciare alle uscite con gli amici, soffre se un suo amico sta male e soffre perché non può abbracciare la sua mamma. Adrien non è solo sorrisi e lusso, ha dei mostri che non mostrerà mai a nessuno perché, per lui, il pensiero che un amico o parente possa soffrire per lui lo ucciderebbe- disse cercando di trattenere il dolore che parlare di lui le stava facendo sentire. 
Chat noir restava in silenzio, stupito, cercava in tutti i modi di non far uscire le lacrime che stavano prepotentemente inumidendo i suoi occhi per le parole di una persona che credeva non lo conoscesse affatto e che, come tante, si fosse innamorata di lui per la sua fama. Marinette non era così, non sapeva spiegarsi come, ne quando, ma quella ragazza lo aveva capito, era stata capace di leggere ogni piccolo dettaglio di lui, anche quello che teneva più nascosto. Lei lo aveva capito. Di lei invece cosa aveva capito? Nulla, proprio nulla. In tutti quegli anni non era stato nemmeno in grado di comprendere che lei avesse una cotta per lui, non l'aveva mai guardata perché troppo occupato a rincorrere una maschera che non lo degnava di uno sguardo, mentre lei, silenziosamente e dolcemente, era rimasta accanto a lui pronta ad accoglierlo qualora ce ne fosse stato bisogno, qualora lui glielo avesse permesso. 
-Beh questo è quanto, comunque è inutile che fai quella faccia, gattino, lo so benissimo da me che è tutto inutile, io e lui non siamo fatti per stare insieme, anzi. E poi te l'ho detto prima, getto la spugna- disse sorridendo amaramente 
-NO!- Scattò in piedi senza nemmeno rendersene conto. 
-Chat?- chiese spaventata lei
-ehm...- si schiarì la voce cercando di moderare le sue azioni -Volevo dire che non dovresti gettare la spugna, sono sicuro che tu non gli abbia mai detto ciò che pensi di lui- disse sorridendole
-Si, come no Chat, domani mi dichiarerò e ti racconterò com'è andata- disse sorridendo
-Davvero?- chiese guardandola serio
-Certo che no! Ma come ti viene in mente?- disse lei innervosendosi -Il mio cuore non ne può più e un po ti invidio per la tua caparbietà ma io non ne posso più- disse incrociando le braccia al petto sbuffando
-Secondo me fai male, però nessuno ti farà cambiare idea vero? Solo Adrien potrebbe vero?- gli chiese dispiaciuto per la situazione
-Adrien è passato, ho 18 anni, ormai, è tempo di andare avanti e trovare il mio posto nel cuore di qualcuno- Si sentì una voce il lontananza chiamare la ragazza -Sarà meglio che vada adesso, abbiamo chiacchierato molto oggi, Gattino, spero di non averti rattristato troppo con questi discorsi stupidi e che tu, almeno tu, riesca a trovare presto il tuo posto nel suo cuore- gli disse prima di salutarlo con un sorriso e scendere dai suoi genitori, lasciandolo li nei suoi pensieri


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