05 - Hatred

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Non ho la forza di andare di sotto. Non ho il coraggio di affrontare i miei problemi. Di affrontare LUI.
I sensi di colpa mi hanno costretto ad assopirmi tra le lacrime, e dieci minuti fa la sveglia ha iniziato a martellarmi la testa. Forse dovrei darmi malato? Forse dovrei prendermi un paio di giorni per stare a casa? A fare cosa? Con che scusante? E poi... devo andare in Centrale per compilare il documento per permettere alla Plastica di stare in Stazione di notte. E' quello che voglio... no? Quello che è successo questa notte non si ripeterà. Non DEVE ripetersi.

Perfino sedermi mi è difficile. Dannazione, ieri è stato così... veemente. Così violento e bellissimo. Ho male ovunque, gli addominali sono indolenziti a causa della tensione che il mio corpo ha sopportato.
Vado lentamente alla finestra, appannandola con i miei sospiri. Devo affrontarlo. E prepararmi la colazione. E farmi una doccia. E fumare mezzo pacchetto di sigarette.
Ogni gradino è una tortura: oltre al dolore fisico, ad ogni passo il cuore sembra voler uscire dal petto. Non credevo di poter provare un'agitazione simile... non in casa mia. Arrivato alla fine della scala, mi sporgo per controllare. Dove diavolo sarà andato...? Se n'è forse andato? Alla fine è liberissimo di farlo, ormai quei pezzi di plastica sono liberi. Altro che assegnarlo a me...
Sospiro, credendo di essermene liberato... e invece eccolo lì, in piedi contro il muro della cucina. Subito i suoi occhi celesti si specchiano su di me, un mezzo sorriso sembra illuminargli il viso.

- Buongiorno, detec... -

Lo blocco subito, portando un dito alle labbra.

- Zitto. Non dire una parola. –

Quella minima gioia svanisce di colpo dal suo viso, così adulto e perfetto, lasciando una smorfia di completa neutralità, che lentamente sfuma in serietà. Cazzo... fa venire i brividi.

- Non credo che lei sia in grado di impormi una cosa del genere. Da quel che mi risulta... noi androidi dovremmo essere entità libere, considerabili individui pensanti e coscienti. –

Mi avvicino minaccioso, digrignando i denti. Eppure... quello sguardo freddo e serio non mi permette di dire nulla. Vorrei tirargli un pugno sul muso, rovinargli quel naso perfetto, riempirlo di lividi finché non rimane solamente una maschera bianca al posto del viso. Invece nulla, non riesco a muovermi. Quel suo corpo nudo, con solo l'asciugamano addosso, è tremendamente minaccioso. E' vero: sono liberi. Liberi di ribattere, di rispondere "no", di difendersi. Già Connor mi aveva messo k.o. come se nulla fosse... Richard mi ammazzerebbe senza nemmeno accorgersene.
Non ho nemmeno il coraggio di borbottare, di rispondere con le rime come farei con quell'inutile di Connor. RK900... Richard mi inquieta. Ed eccita.
Che cazzo di problema ho...?

Per tutto il tempo l'androide è rimasto immobile a fissarmi, senza battere ciglio, senza respirare, con la lucina alla tempia che spesso di colorava di un irritante giallo, facendomi venire mezzo infarto ogni volta. Quando alzavo lo sguardo verso di lui, e il giallo appariva, mi aspettavo che mi saltasse addosso da un momento all'altro, pronto a lottare, a farmi del male. Fortunatamente è stato buono e immobile. Inquietante, sì, ma ho potuto bermi il caffè e mangiare una fetta di pane bruciacchiata.
Non abbiamo parlato. Non si è mosso quando gli sono passato vicino per andare a lavarmi e vestirmi. Ha iniziato a venirmi dietro solamente quando gli ho lanciato addosso la divisa, a tratti ancora umida e piena di pieghe, e quando gli ho fatto cenno di venire con me.
Tina era già alla centrale, alla sua postazione, e con un gesto della mano mi aveva chiesto di andare da lei. Ed eccomi qui, seduto al posto di Brown, a rispondere a monosillabi alla mia amica. Sono agitato. RK900 continua a fissarmi. Seduto perfettamente alla mia postazione, a schiena innaturalmente dritta, sento il suo sguardo glaciale su di me. L'amica deve essersi accorta che c'è qualcosa che non va.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 18, 2020 ⏰

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"Fucking" Android  -   Gavin X RK900Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora