Capitolo 10. - Sofferenza.

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Sospesi.

Ecco cosa avevo guadagnato da tutte quelle botte.

Papà andò a parlare col preside nonostante lo avessi supplicato di non farlo, e lui li sospese.

Cosa gli avrebbe mai fatto stare qualche giorno a casa?

Sarebbero statati solo qualche giorno a casa, dicendo magari che avevano marinato la scuola, mentre io quei lividi me li sarei portati a giro davanti a tutti per molto più di una settimana.

Tornai a scuola che era un sabato. Tutti mi fissavano, e neanche il cappuccio riusciva a nascondermi. Avevo lividi su tutto il corpo, ma il problema era che li avevo anche sul volto e sul collo.

Erika, la mia sorellastra, aveva cercato di nasconderli con un po’ di trucco, ma erano troppo vistosi perché un po’ di fondotinta li coprisse.

Le ore di lezione erano lente e gli occhi, invece di fissarsi sulla lavagna, continuavano a cadermi addosso.

Volevo solo scappare. Denise cercava di consolarmi, anche se non sapeva come e da cosa.

Furono le 8 ore più lunghe della mia vita; sia per la vergogna di mostrarmi così sfregiato in pubblico, sia per il dolore che ogni ferita mi procurava.

Quando uscii mi diressi subito a casa, senza neanche salutare Denise.

Non volevo stare con nessuno se non con me stesso.

Corsi su per le scale, verso la mia camera e chiusa la porta mi stesi lentamente sul letto per evitare di sentire ancora più dolore.

"When you cried I'd wipe away all of your tears,

when you'd scream I'd fight away all of your fears, 

I held your hand through all of these years but you still have all of me." 

La radio lasciava scorrere lente le note di "My Immortal"

Il cielo fuori si era fatto grigio e iniziava a lamentarsi e lasciar sfuggire qualche lacrima.

Io le mie le avevo nascose, anzi, credevo di averle finite.

Non avevo più forza di fare nulla, neanche di urlare.

Lo avevo già fatto quando la casa era libera, ma non mi era servito a nulla.

Papà sbucò dalla porta e sorrise:

- Io e Anna allora usciamo. Fate i bravi - disse.

La porta d'ingresso si chiuse dopo qualche secondo.

Mi rannicchiai su di un lato e chiusi gli occhi.

Una mano mi accarezzò la guancia e nonostante la delicatezza del gesto quasi mi fece male.

Ma una, due, tre carezze ed il gesto divenne quasi piacevole.

Non aprii gli occhi, non ne avevo le forze; non lo feci fino a che non lo sentii.

- Mi dispiace sai? Io ti voglio bene.

Allora li spalancai e lo guardai.

Valerio stava seduto sul bordo del letto senza alcuna espressione sul volto.

- Vattene via - sussurrai, ma evidentemente il suono fu troppo debole e non mi sentì.

Si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia, poi si stese accanto a me e mi abbraccio dolcemente.

Affondai la testa nel suo petto e lì mi addormentai senza fare domande.

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