Capitolo 15

0 0 0
                                    

POV. LEILA

Quando mi metto seduta sul mio letto ancora agitata per via del sogno ancora fatto ci metto un po' a calmarmi, e solo quando riprendo a respirare normalmente e i battiti del mio cuore cominciano a rallentare, mi rendo conto della presenza di qualcuno che non dovrebbe trovarsi con me nella mia stanza, visto che avevo chiuso la porta a chiave.

Subito il mio scatta verso la finestra quando sento una leggera brezza che mi fa rabbrividire e non posso non essere sorpresa nel constatare che la mia finestra è spalancata, dopo di che il mio sguardo si sposta sulla figura che si trova appoggiata alla porta con un atteggiamento rilassato, forse un po' troppo rilassato e che mi sorride con nonchalance mentre io passo dall'essere sorpresa all'essere arrabbiata con la persona che ora notando la mia espressione furiosa smette di sorridere per poi distogliere velocemente lo sguardo per tentare di sfuggire in qualche modo al mio sguardo indagatore mentre domando «Come diavolo hai fatto ad entrare nella mia stanza?».

Lui alza gli occhi al cielo scuotendo la testa mentre con un sorriso di scherno presente sulle labbra mi risponde «Pensavo che avessi imparato che la notte bisogna chiudere a chiave la finestra della propria stanza, per evitare de qualcuno possa intrufolarsi di soppiatto».

«Beh sai ricordarmi di chiudere a chiave la finestra della mia stanza è l'ultima cosa che mi viene in mente visto tutto quello che mi sta accadendo ultimamente, e comunque non vedo perché dovrei preoccuparmi che qualcuno si intrufoli nella mia stanza di notte, visto che di solito le persone normali non lo fanno» ribatto io per poi restare senza parole.

«Ma i serial killer lo fanno però» controbatte lui staccandosi dalla porta e avvicinandosi a me a grandi passi, per poi sedersi sul letto accanto a me, che mi sposto subito per poi scendere da quest'ultimo e dirigermi velocemente verso la finestra e chiuderla con un scatto veloce, presa da un attimo di rabbia provocando così un forte rumore mentre dico «1. I serial killer sono dei malati di mente. 2. Non credo di dovermi preoccupare di quest'ultimi, visto il mondo dal quale provengo io. E ora ti dispiacerebbe spiegarmi che cosa ci fai cui?».

Lui fa un profondo respiro e poi risponde «Volevo essere sicuro che tu stessi be...» ma non riesce a finire di parlare perché io lo interrompo «No, non intendevo questo volevo dire perché sei qui Jackson? Perché sei venuto qui e non sei rimasto in Alaska? Avevi detto che avevi chiuso con i cacciatori e con i demoni».

Lui abbassa subito lo sguardo mentre dice «Non ho potuto ignorare la chiamata di David, quando mi ha spiegato la situazione».

«Di quale situazione stai parlando?» domando io schietta.

«Della tua situazione» mi risponde lui con altrettanta schiettezza.

«Continuo a non capire» ribatto io cominciando a scuotere la testa con espressione confusa, mentre lui si alza dal mio letto e facendo un passo verso di me, risponde «David e tuo padre mi hanno detto tutto, mi hanno detto che ora sai tutto e poi mi hanno detto del fatto che...» ma non termina la frase lasciandomi però intuire tramite il suo sguardo cosa possano avergli detto quei due per indurlo a venire fin qui dall'Alaska, costringendolo a mollare tutto.

«E ovviamente tu gli credi» constato io guardandolo senza speranza perché conosco Jackson, lo conosco meglio di chiunque altro e lo capisco già dal modo in cui mi sta guardando, lo capisco già dalla sua espressione che è un misto tra il deluso e il triste che lui crede.

E anche se una parte di me mi urla di negare tutto, di dirgli che niente di quello che gli hanno detto David e mio padre non è vero, e che non c'era bisogno che si scomodasse a venire qui per nulla.

Mentre un'altra parte di me si rende conto guardandolo negli occhi, che nessuna parola sarà in grado di convincerlo, e che queste sarebbero soltanto le ennesime bugie che provo a rifilare agli altri e a me stessa.

In love with a demonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora