Capitolo 5

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Quando mi svegliai sentii una leggera brezzolina profumata, profumava di gioia, di libertà, di fiori. Strizzai gli occhi e li aprii, la prima cosa che vidi era un uccellino che beccava il tronco. Lo fissai, lui voltò la sua testolina verso di me e mi osservò per bene. Sembrava che mi volesse parlare. Tutto ad un tratto aprì le sue graziose ali color cenere e volò via, lo seguii con lo sguardo, confuso. Quando scomparve dietro agli alberi distolsi gli occhi. Appoggiai le mani sull'erba fresca ricoperta di foglie quasi secche. Era arrivato il sole. Mi alzai e mi sfregai le mani e i pantaloni per pulirmi dalla terra e dalle foglie.
"Quanto ho dormito?" pensai. Presi il telefono che avevo nella tasca dei pantaloni, lo accesi e guardai l'orario. Erano le due del pomeriggio. "Cavolo" pensai con sguardo scioccato. Avevo dormito tantissimo. Poi vidi che avevo 22 chaiamte perse da Izzy, Alex e mia madre. Subito mi preoccupai, pensando che erano stati in pensiero, poi mi sono detta "chi se ne importa!" per una volta sono stata libera, non era durato a lungo ma me lo ero goduto per bene. Con la coda dell'occhio vidi qualcosa che svolazzava attorno a me, mi girai e vidi una farfalla. Ma quella era una farfalla molto particolare, avevo un misto di colori fantastici. Era verde, un verde che ricordava i prati e la natura, una bella giornata di sole, poi era viola, come una lucida e succosa uva che solo a guardarla sembrava di assaporare quel dolce aspro sulla punta della lingua. C'era anche un pizzico di rosa, mi faceva venire in mente la primavera, i fiori, le rose. Poi c'erano qualche spruzzo di azzurro come il cielo, e di rosso, come un caldo tramonto d'estate. C'era anche il giallo, quel giallo ricordava talmente il sole, che sembrava di essere dentro una palla di fuoco. Quella meravigliosa farfalla era come uno scherzo della natura, sembrava che qualcuno l'avesse dipinta con un pennello e una tavolozza. A un certo punto mi si posò sulla mano, come se volesse che la prendessi, allora alzai il braccio davanti a me e la osservai attentamente, avvicinai la testa per guardarla meglio, proprio in quel momento, sembrava anche che io capissi cosa mi dicesse. Diceva qualcosa tipo "vieni con me". Non riuscivo a spiegarmi il motivo per cui capivo il farfallese.
Poi si staccò dal mio dito e riprese a volare, proseguì la sua strada dietro di me. Io mi girai e senza il senso della coscienza la seguii. Nei secondi successivi mi chiesi perché stavo seguendo una farfalla, come fanno i bambini, a dir la verità, sembravo quasi scema. Però mi attirava tantissimo, come se mi tirasse lei. Camminai per almeno cento metri tra foglie secche e alberi quasi del tutto spogli. Poi la farfalla sparì dietro un albero... E che albero. Era molto strano, era grande, ma basso, aveva delle radici enormi, sembrava che contenesse dentro di sé immensità inspiegabili. La corteccia era liscia come se neanche ce l'avesse, non era ruvida e spessa, come era solito. Sembrava talmente gioioso. Era di una bellezza incomprensibile, assurda. Però io sembravo comprendere quella grazia che indossava, come se fosse un vestito estivo vivace appena comprato. Questo albero era l'unica pianta primaverile, in tutto il bosco. Era tutta verde, senza neanche una foglia caduta, con qualche fiore qua e là. Tutt'intorno all'albero, il prato era di un verde acceso, accompagnato da qualche fiorellino. Anche se in quel momento nel resto del bosco e del mondo era autunno. Tutti gli alberi erano con le foglie cadute e rosse, arancioni e marroni, con una nebbiolina autunnale piovosa. Sembrava quasi che solo in quel punto batteva il sole, e quella immensa pianta sbrilluccicava con un potere che mi impediva di non toccarla. Allora mi avvicinai, allungai il braccio in avanti verso la corteccia, e con la cellula più piccola che c'era sulla punta del mio dito, toccai il tronco dell'albero. In quel momento un brivido, di emozioni miste, percorse il mio dito, fino alla testa e poi passò per la schiena e infine arrivò ai piedi. Qualcosa era appena successo.

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