6 - Shin

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E quando i campi non danno più frutto,

è come un bastone che batte sul petto.

È fredda questa cella, o forse è il freddo che provo dentro a farmela apparire così.

Fuori è una splendida notte di luna piena, posso intravedere il suo pallore che filtra dalle sbarre di quell’inutile finestrella, l’unico contatto che mi resta con il mondo esterno.

Mi sento vuoto, come vuota è questa prigione.

Senza più piercing e abiti punk, ho smesso di indossare la maschera di Shin dei Blast.

Adesso solo solo Shin’ichi Okazaki, figlio ripudiato e abbandonato da un padre di cui porta solo il cognome, perché il sangue nelle vene è quello di un altro.

Shin’ichi Okazaki, sedicenne che si vende per denaro, ammaestrato come una scimmia per portare la felicità alle donne sole.

E quando Shin’ichi è solo, chi porta felicità a lui?

Shin’ichi che viene usato, Shin’ichi che ubbidisce a testa bassa.

Shin’ichi in cerca d’amore, Shin’ichi che perde l’amore.

Non sapere più chi sei è la peggiore delle sensazioni.

Vorrei che quel ragazzo spavaldo e sicuro di sé fosse qui adesso, che indossasse questa tutta arancione troppo grande per un ragazzino, accendendosi una sigaretta per farla in barba alla società.

Lui saprebbe restare a galla.

Non è questo il posto dove dovrei essere, ma nella vita si raccoglie ciò che si semina.

Sto pagando i miei errori, solo e pieno di vergogna.

Se potessi avere il mio basso, oppure una semplice chitarra qualsiasi, forse mi sentirei meno triste.

In fondo, è tutto ciò che mi resta.

Ma chissà se Nana e gli altri mi vorranno ancora.

Chissà se ci sarà ancora posto per me in quella famiglia, l’unica che abbia mai avuto.

Avere il loro perdono mi farebbe sentire meno colpevole.

Quando si rompe qualcosa di grosso, poi diventa difficile aggiustarlo.

Un po’ come la mia relazione con Reira, anche se quella non sono stato io a distruggerla, tutto sommato.

Non si può distruggere qualcosa che non è mai esistito.

Per Reira io ero Shin’ichi che porta felicità, ma non Shin’ichi che può essere amato.

Anche se sapevo che nel suo cuore c’era solo Takumi, ho voluto illudermi che potesse vedere le cose da un’altra prospettiva.

Solo ora capisco Yasu.

È questo, dunque, il mondo degli adulti?

Un circo di bugie, illusioni e lacrime amare?

Non è una prospettiva futura allettante, ma non posso restare per sempre un bambino.

Non si può smettere di crescere, né si resta bambini in eterno.

Anche quella sarebbe solo una bugia.

Da oggi in poi voglio fare del mio meglio per diventare un adulto, voglio assumermi le responsabilità delle mie azioni.

Non sarà facile, e forse cadrò ancora parecchie volte prima di raggiungere la meta.

Ma devo farlo, devo farlo per me stesso.

Devo dare amore a Shin’ichi, prima di darlo agli altri.

Solo così sarò l’uomo che voglio essere, in grado di prendersi cura della donna che ama e di andarla a riprendere ovunque essa sia.

Mi ripeto tutto questo, eppure non riesco ad alzarmi da qui.

Seduto in un angolo, come un oggetto dimenticato: in fondo è quello che sono sempre stato fino ad oggi.

Se anche uscissi di qui, dove potrei andare?

La mia casa non è più mia, la mia stanza non esiste più.

Non posso tornare dalle mie clienti.

Shin’ichi senza dimora, Shin’ichi senza un posto nel mondo.

Nella mia mente riaffiora il volto di Hachi, l’unica madre che io abbia mai avuto.

Nonostante i suoi difetti, ha saputo darmi molto più di chiunque altro.

Quando si hanno così tante imperfezioni, viene naturale accettare quelle degli altri.

Non per comprensione reciproca, ma perché giudicare qualcuno uguale a noi equivarrebbe a giudicare noi stessi, e giudicare noi stessi fa paura.

Anche adesso ho paura.

Potrei fingere di essere un cantastorie, un eroe solitario che vaga alla ricerca dell’amore.

Ma qui non ci sono amore e storie da raccontare, e io non sono un eroe.

Il mio eroe è Ren.

Chissà, forse lui potrà capire i miei sbagli.

E se non dovesse capire quelli, capirà di certo come mi sento.

È come se qualcuno mi stesse percuotendo ripetutamente il petto con un bastone duro e acuminato, ricordandomi che nella vita non ho combinato nulla di buono.

Mi sento un rifiuto, uno sbaglio, un traditore della peggior specie per le persone che mi hanno voluto bene.

La vergogna mi pesa sulle spalle come un masso troppo grande perché possa spostarlo con le mie sole forze.

Credo che anche Ren si sentisse così quando abbandonò i Blast.

Mi chiedo se si sia mai riscattato, dopo tutto questo tempo.

La risposta è ovvia, anche se non è delle migliori.

Purtroppo nemmeno gli eroi sono perfetti in questo mondo.

Mi stringo le gambe al petto con le braccia , affossando in viso nell’incavo che si è creato fra loro.

Ormai la luna si è allontanata dalla finestra, seguendo la sua monotona traiettoria.

Il buio è tornato a prendermi, silenzioso.

È come se una voragine senza fine mi stesse inghiottendo.

Shin’ici che lotta, Shin’ichi che affonda.

ANGOLO DELL’AUTORE

Mi rendo conto che non è il massimo della storia per augurare buone feste, ma quando ho pensato a questa fra e a Shin mi è venuto subito alla mente il momento in cui nel manga lo si vedeva seduto a terra nella cella della prigione. Ho quindi dipinto una Shin che per la prima volta nel manga diventa consapevole della sua fragilità e si vergogna per gli errori commessi (come poi lui stesso dimostrerà quando tornerà al dormitorio). Spero di averlo reso più IC possibile, anche se lo Shin di prima di questo momento era un ragazzino irriverente e senza freni.

Welcome To My Mind (filastrocca dell'orrore)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora