37.Persa.

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Clytia.


I giorni scivolano via, una macchia indistinta punteggiata dal rimorso che mi prende ogni volta in cui ripenso a Zachariah e tutto quello che abbiamo vissuto insieme - e cioè praticamente sempre.
Al mattino vado in clinica, nella speranza di stancarmi così tanto da non provare più nulla, poi mi immergo nei ragazzi e le loro mille attività extracurriculari, con la speranza che una volta da sola il mio cervello sia talmente stanco da non poter vagare tra i ricordi.
Il punto è che ci sto provando, davvero, solo che è sempre più difficile, quando tutte le certezze crollano.
Ci sono giorni in cui dico a me stessa di tenere duro, moltissimi altri in cui non riesco a vedere la luce in tutto questo buio.

Mi sposerò.

Tra poco sarò la moglie di Eduardo e invece di sentirmi al settimo cielo, ho la nausea come se avessi mangiato cibo avariato e stia per rimettere anche le budella.
Quello che non ci si aspetta, è che ad ogni evento della vita corrisponde una lezione dura da affrontare.
E io voglio sentirmi padrona sul campo.
Eduardo è sempre stata la mia persona, ne sono stata convinta per lunghissimi anni, finchè non è entrato in campo lui... Zachariah Hansen e questa verità il mio sorriso si spegne.

Dinanzi allo specchio osservo il vestito che indosso.
Assomiglio ad un bastoncino di zucchero filato.
È proprio questo, quello che voglio?
Una volta detto il fatidico Si, non si torna indietro, mi dico continuando a girar su me stessa alla ricerca di qualcosa, non so...
Un difetto.
Una macchia.
Un semplice strappo.

Sospiro e chiudo gli occhi e alle mie orecchie arriva la voce della commessa che dice: «Siete pronte signore? La vostra bellissima sposa sta indossando un pezzo italiano»

Dopo un secondo di tentennamento esco fuori e dei: «Oh!» e «Wow!» si susseguono.

«Che visione» mormora mia madre mentre si asciuga una lacrima, Ava invece batte le mani contentissima.

«Secondo me è quello giusto!» esulta intanto che mi volto allo specchio per verificare meglio.

Forse ha ragione.
Almeno tutte le curve sono fasciate al punto giusto.

«Sono senza parole» sussurra la mia amica.

«Clytia... non so che dire... sei bellissima» dice, invece, mia madre tra un singhiozzo e l'altro.

«Dai, non piangere» con la coda dell'occhio però registro la madre di Eduardo, Judith, imbronciata.

«Mh... sei graziosa Clytia, ma non so... non sarebbe meglio qualcosa di...» ci pensa su, «Di più sfarzoso e meno... anonimo?»

Si dirige allo stand e ne prende un altro.

«Che ne dici di questo? Secondo me ti starà d'incanto»

Esamino con senso di repulsione quell'ammasso di tulle e prima ancora di poter esprimere il mio pensiero vengo interrotta.

«Dai, su! Provalo»

Ho un attimo di esitazione prima di rispondere.

«Ma io-»

«Stiamo scegliendo la perfezione, non essere precipitosa»

Apro la bocca, ma fallisco nel mio intento, le sue moleste mani mi spingono verso il camerino e la commessa mi maneggiata come se fossi una bambola.
In men di cinque minuti esco dall'abito e indosso l'altro.
Storco la bocca quando Judith inizia a piroettare sui suoi irritanti tacchi a spillo, poi procede, spingendomi dalle spalle di fronte allo specchio e a quel punto mi trovo costretta ad osservare, sconvolta, me stessa.

Non è facile essere me.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora