Matter of looks ― VKOOK

𝘁𝗲𝗻 ― insane

Cambio del punto di vista:
Jimin's pov
Mi guardavo intorno, ma non riuscivo a parlare.
Sentivo vergogna, ma non riuscivo a smettere.
Le emozioni negative che provavo erano troppe, non mi sentivo più una persona, ero solo un pezzo di carne che la gente prendeva e posava quando voleva.
Non mi resi mai conto di esser arrivato a vendermi come un oggetto, fin a quando un ragazzo più grande di me, mi si presentò davanti.
Capelli color verde menta, sguardo tagliente, corpo minuto e voce possente.
Mi promisi che non avrei mai dimenticato quel momento, perché per la prima volta, avevo creduto di potermi fidare di qualcuno, tra tutti i ragazzi che vedevo quotidianamente.

Con una maglia di una taglia che non mi apparteneva e con cicatrici che il mio corpo non accettava, mi ritrovai a camminare con grandi falcate sotto la pioggia, non per cercare un posto dove andare, ma per tornare da quella persona che chiamavo "casa".
I capelli di un colore molto bizzarro, che facevano contrasto con i miei occhi neri, le mani minute, stavo intraprendendo la strada più pericolosa della mia vita.
Però quando rincontrai, dopo tempo, il suo sguardo, quasi illegale, mi rilassai di botto, non sentivo più timore, neanche angoscia, non sentivo di star tradendo qualcuno.
Ma quando realizzai che il suo splendido corpo appartenesse già a qualcun altro, crollai, incapace di comprendere se un giorno sarei tornato quello di prima.
Non ebbi la consapevolezza di star accettando un patto con il diavolo, quando lo sentii, da dietro la porta, parlare al telefono.
Non mi interessava cosa volesse fare, ero lì per caso, ma quel momento aveva cambiato il mio subconscio, non ero capace di pensare a quel che dovevo fare, semplicemente mi rinchiuse in quel bagno, senza che io capissi il suo scopo, mettermi in cattiva luce con tutti gli altri, persino con il suo ex ragazzo, Hoseok.
Avevo camminato per un tempo indefinito, quando mi ritrovai dietro la porta di casa sua.
Bussai ad essa, aspettando una sua mossa.
Pochi attimi dopo, eccolo lì, il ragazzo che da una parte mi aveva rovinato la vita, ma dall'altra, gli aveva fatto fare un salto di qualità, perché la vita non poteva essere definita tale se mancava del pericolo in essa.
Mostrava inespressività nel suo sguardo, cosa che io non riuscivo a fare, perché, anche se mi aveva ferito, non riuscivo ad avercela con lui, infondo lo amavo.

«Park.»
Mi guardò sempre con lo stesso sguardo, ma qualcosa era cambiato, aveva perso il suo swag.
Era quello che lo contraddistingueva, gli dava fascino ed altezzosità, lo rendeva un re, che portava una corona fatta di ossa e pentimento.

«Min.»
Deglutii non appena si spostò dalla porta, per darmi lo spazio ed il promesso di entrare in casa sua.
Con lo sguardo mi indicò un divano, mi avvicinai ad esso e mi sedetti.
Poi sentii dei rumori e qualche abbaio, mi voltai, vidi un piccolo cucciolo di barboncino, mi si sciolse il cuore.
Yoongi sbuffò.

«Vai via fallimento.»
Si avvicinò con aria minacciosa al cane, quest'ultimo pianse, aveva paura.
Reagiva così perché, probabilmente, non era la prima volta che veniva trattato così.
Non ero padrone di mettermi in mezzo, quindi non feci niente.
Qualche minuto dopo, vidi il cucciolo zoppicare verso un'altra stanza.
Un broncio si fece spazio sul mio volto, mi dava molto fastidio, quel povero cane non gli aveva fatto niente di male.

«Tu cos'hai da guardare?»
Mi sentii richiamare dal ragazzo, che possedeva il colore dei capelli che mi esprimevano emozioni, nel ricordare dei momenti gloriosi e magici.

«Perché tratti così il tuo cane?»
Lo guardai male, non capivo il motivo.
Il menta guardò altrove.

«Ma chiederti di farti un bel fracco di cazzi tuoi?»
Esclamò acido.
Al momento mi impaurii, ma non c'era motivo, perché prima di essere quello che era, era una persona, proprio come me.
Mi alzai dal divano andando nella sua direzione.

«Quel cane non ti ha fatto niente, e tu lo hai picchiato.»
Corrucciai lo sguardo, non riuscivo a farmelo andare giù, infondo sapevo che era una buona persona, lo conoscevo da anni.