𝗳𝗼𝘂𝗿 ― curse

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Jungkook's pov

-Scusa?-
Scrissi velocemente, non avevo in realtà intenzione di litigare.

-Jungkook, è successo qualcosa?-
Rispose.
Peccato che le corna non stiano bene su tutti.

-No.-
Digitai, effettivamente come gli avresti detto una cosa del genere?

-Ti ho detto qualcosa di strano?-

-No.-

-Ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio?-

-No.-
Al terzo "no" digitato sbuffai, non volevo essere analizzato, era lui il pazzo a doversi far vedere.

-Allora perché te ne sei andato in quel modo?
Jin era su tutte le furie.
Yoongi stava per rompere qualcosa dai nervi.
Ed io e Hoseok eravamo scioccati.
Jungkook, parla.-

-Non c'è niente che non vada.
Avevo voglia di tornare in albergo,
fine della storia.-
Stavo in realtà cercando un modo per concludere quella conversazione che stava iniziando a infastidirmi.

-Domani 20:30, solo io e te, non portare nessuno.-

-Sembra una minaccia.-
Scrissi scherzosamente, però mi ricredetti.

-Lo è.-
Concluse uscendo dall'app di messaggistica.

Non sapevo che cosa intendesse, era fuori di testa, il suo bipolarismo stava raggiungendo dei record, sinceramente non volevo sopportare una situazione del genere.
Posai il telefono sul comodino, mi aveva fatto passare la voglia di stare online.
Guardai velocemente l'orologio appeso al muro, prima di addormentarmi, era passata un'ora da quando parlavamo.
Perfetto.

Mi svegliai di soprassalto per colpa di "rumori".
Accesi velocemente il telefono, per guardare l'orario, erano le sei e mezza.
Chi cavolo si mette a fare sesso a quest'ora?
Mi misi seduto sul letto, con gli occhi ancora socchiusi, mi guardai intorno.
Qualche raggio di sole mattutino filtrava leggermente dalle persiane, era molto presto.
Guardai l'altro letto, ma Jimin non c'era.
Mi sentì in ansia, non era possibile però.
Non volevo immaginare dove fosse.
Risentì un altro ansimo, dei singhiozzi, proveniva dal nostro "appartamento".
Mi alzai da letto e seguì quei rumori, provenivano dal bagno.
Poi un odore orrido mi arrivò alle narici, innervosendomi.
Era sangue?
Non realizzai immediatamente, però aveva un filo logico, i rumori e quella puzza.
Cazzo.
Provai ad aprirla, ma era bloccata dall'interno.

«Jimin! Apri subito!»
Iniziai a prendere a pugni la porta.
Ero spaventato.
Non era una ragazza con un ciclo mestruale, quindi tutti i punti si ricollegavano ad un'unica conclusione.

«Jimin! Ho detto apri! Butto giù la porta!»
Sentì dei singhiozzi ancora più forti, poi dei colpi, uno di questi, era lo scocco della chiave nella serratura della porta.
La aprì immediatamente, appena entrai, la vista non mi sorprese.
Jimin piangeva disperato, aveva gli occhi rossissimi, una lametta in mano e le braccia sanguinanti.

«Ma che cazzo fai?»
Mi avvicinai, ma lui si ritrasse spaventato puntando la lama contro di me.
Lo guardai.
Jimin aveva un viso che ricordava il periodo infantile, anche se più grande di me.
Quando lo conobbi, non avrei mai pensato che un giorno sarebbe arrivato a tagliarsi.
Era un ragazzo così dolce e premuroso, si faceva notare per via dei suoi capelli rosati.
Lo conobbi ai tempi delle scuole medie, fu insolito, entrai in bagno e vidi un ragazzo di bassa statura bloccato in un angolo da altri.
Lui andava al terzo anno, io ero solo al primo.
In quel momento agì d'istinto, difendendolo.
Non mi pentì mai di essere stato dalla sua parte, era una brava persona.
Dopo mesi di amicizia, lo beccai per sbaglio senza maglia, scoprì vari tagli sulle braccia, gli chiesi spiegazioni.
Un anno prima sua madre era venuta a mancare, in quel momento non aveva più nessuno.
Non sapeva neanche chi fosse suo padre.
Lo accolsi in casa mia, ebbi molte incomprensioni con mia madre, per la prima volta sentì una grande parola di odio pronunciata da lei a cui volevo tanto bene.
Frocio.
Non era mai stato molto virile, a mia madre questo dava fastidio, tutto le dava fastidio.
Lo trattava malissimo, per questo evitavo che quest'ultimi avessero qualsiasi tipo di contatto.
Ricordo che per circa una settimana, Jimin si ritrovò ad uscire con tutti i vestiti definiti femminili, non che li disprezzasse, ma non si sentiva apprezzato da questo "scherzo" fatto da mia madre.
Gli aveva buttato via tutti i pantaloni, gli aveva messo delle gonne nell'armadio.
Jimin aveva la brutta abitudine di scappare dai problemi ed andarsi a rifugiare a "casa sua".
Ogni volta spariva per giorni, non sapevo dove andasse.
Fin quando una volta lo seguì, andava al cimitero, da sua madre.
Le portava sempre innumerevoli fiori, una volta mi disse che le piacevano molto, la loro casa era come una grande serra, adornata di tutte le tipologie di fiori possibili ed immaginabili.
Le mettevano felicità, glieli portava proprio per farla felice, anche se non poteva effettivamente vederla.
Però la felicità di Jimin si era sgretolata.
Eppure mia madre non capiva.
Jimin non aveva ancora fatto coming out.
Quando successe, a mia madre non dissimo nulla.
Jimin era il mio migliore amico, il mio fratellino più grande, il ragazzo più gentile che io abbia mai conosciuto.
Un anno dopo, quando però fui io a fare coming out, mia madre ci disse che in quella casa non eravamo i benvenuti.
Per fortuna, Jimin era maggiorenne, quindi con i pochi soldi che avevamo, affittammo una piccola casa a Busan.
Avevo sedici anni.
Fu Jimin a farmi sia da madre che da padre in quegli anni, i miei non interessava veramente per me.
Ormai erano sei anni che non parlavo con mia madre, non riuscivo a perdonarla.
Mio padre non c'era mai, ero cresciuto solo con mia madre, se n'era andato di casa quando ero molto piccolo, fino a pochi anni fa lo sentivo raramente al telefono.
Io e Jimin ce la cavammo per un po', lui oltre ad andare a scuola, lavorava ed io aiutavo come potevo, facendo qualche part time e roba simile.
Lui era sempre stato tremendamente fragile, non si era mai ripreso, aveva collezionato molte visite da più terapisti, con pillole varie ed antidepressivi, ma non riusciva ad uscire dall'autolesionismo.
Nell'ultimo anno sembrava quasi una persona normale, ma da quando era entrato quel ragazzo nella sua vita, era come se fosse tornato il Jimin adolescente, il ragazzino che ha paura di tutto e tutti.

Matter of looks ― VKOOKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora