La caduta dal cielo (Capitolo 2 - parte 2)

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30 Settembre 2035

«Vado a fare un giro» esordì appena uscito dalla mia camera da letto.

«Cosa!? Ci sono cinque gradi fuori! Mi spieghi dove cazzo vorresti andare alle due del pomeriggio con sto freddo di domenica!?» rispose mio padre urlando.

«Sulla pista ciclabile»

«No! Non esci neanche per sogno in bicicletta, ti ammali!» ribadì con fermezza mentre si alzava per andare in cucina.

Sfruttai quel momento in cui si girò, così senza farmi sentire andai al garage e appena presi la mountain bike lo sentii.

«Dove sei? Non sarai mica in garage?» chiese con tono a dir poco sospettoso.

«Ciao!» risposi appena dopo aver aperto velocemente la porta. Riuscii ad uscire e a chiuderla ancor prima di sentire un suo lamento.

Sì, è strano uscire con questo freddo, ancora di più in bicicletta, ma ero ben coperto e poi avevo un'irrefrenabile voglia di fare un giro da solo. Mi succedeva ogni tanto di sentire quel bisogno di isolarmi per qualche ora all'aperto. Se c'era una cosa che adoravo d'inverno era respirare, può sembrare strano ma ogni volta che prendevo una bella boccata d'aria gelida mi sentivo rinato. In pochi istanti mi ero già allontanato senza che mio padre che potesse far nulla, purtroppo era un po' severo e testardo su queste cose, non che mia madre fosse tanto diversa. In pochi minuti raggiunsi finalmente la pista ciclabile, così mi misi le cuffiette, bevetti un po' d'acqua, bloccai tutte le chiamate in arrivo e partii.

Era da parecchio tempo che non andavo a fare un giro in bicicletta e devo dire che mi mancava abbastanza. Erano passati diversi minuti da quando era partito, ma non avevo ancora visto nessuno, anche se in fondo è comprensibile considerando la temperatura che c'era. Sorrisi. Mi sentivo libero e spensierato, tutti gli eventi spiacevoli che mi erano accaduti se ne andarono facendo posto a quel bellissimo panorama. Alla mia sinistra c'era un enorme lago, mentre alla mia destra i numerosi alberi che occupavano tutta la vista, alcuni di essi avevano della neve rimasta lì dalla notte precedente. Anche la persona più triste al mondo avrebbe sorriso davanti a tale panorama.

Mi fermai poco dopo per fare una pausa e scattare qualche foto che era d'obbligo. Non che fossi un gran fotografo, ma le foto erano abbastanza belle. Tolsi le cuffie e mi sdraiai a guardare il cielo nuvoloso che copriva quel povero sole fiacco. Sentii in lontananza cadere un albero e poco dopo udii un urlo, il tutto proveniva dalla mia destra. Mi preoccupai e decisi di andare a dare un'occhiata. La strada non permetteva di passare agevolmente con la mountain bike data la presenza di numerosi alberi, per poi non parlare dell'erba molto alta che c'era, così la nascosi dietro un albero e cominciai a correre.

Erano passati diversi minuti da quando avevo sentito l'urlo e ancora non avevo notato nulla di strano. La fatica si faceva sentire così cominciai a camminare, la mia resistenza faceva schifo. Proprio quando ormai avevo perso le speranze vidi un albero a terra, ma non c'erano tracce di sangue. Mi guardai intorno alla ricerca dell'uomo, ma non vidi nulla.

Pochi istanti dopo sentii una voce poco distante da dove mi trovavo e decisi di andare a dare un'occhiata cercando di non farmi notare. Il mio corpo si pietrificò alla vista di quella scena. C'era una semplicissima casa in legno, ma lì c'era qualcuno, non era un umano, molto probabilmente era un alieno. Indossava un'armatura bizzarra che gli proteggeva tutto il corpo dal collo in giù. I suoi occhi erano identici a quelli di un serpente, le orecchie erano appuntite ed era alto almeno due metri, ma non ricordo altro di come fosse fisicamente, è stato un trauma troppo grande. Accanto a lui c'era un uomo di mezza età morto in una pozza di sangue con un buco enorme nello stomaco.

Stealth - L'origine di una leggendaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora