Switzerland?

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"C'è un tempo per dimenticarsi di scordarsi
e sopportare poi discretamente bene il vuoto."

C'E' UN TEMPO - AIELLO

***

Ricreazione.

Il mio momento d'aria, quei quindici minuti in cui posso staccare e respirare dallo stress che è stare in una classe in cui ti senti sbagliato.

E' passata una settimana da quando ho accompagnato il ragazzo nuovo in classe e, da lì, ogni mattina mi aspetta per portarlo nelle aule.

Questa cosa mi dà fastidio ma non so come fare a scollarmelo. Non voglio essere brusco, voglio solo che non mi aspetti più.

Ho paura che poi si aspetti altro da me, come una sorta d'amicizia, una cosa che io non posso dargli.

Vorrei fargli capire che da me avrà solo la possibilità di trovare le classi e non sarò il suo "best friend forever" o stronzate del genere. Sarò un compagno di banco che sta sulle sue e che non vuole sapere niente di nessuno.

Mentre sono appoggiato al muro della scuola intento a prendere quanta più aria pulita posso, lo vedo in lontananza su una panca che si guarda intorno e si gira i pollici.

Stona un botto: è un ragazzo insicuro e timido che si trova in mezzo a trecento adolescenti socievoli e scatenati. E' tranquillo, un compagno di banco perfetto dopo il "nessuno" che avevo prima.

Si guarda intorno spaesato, come se si stesse chiedendo cosa diavolo ci faccia qui. Quando, poi, posa lo sguardo su di me e vede che lo stavo guardando, d'istinto abbassa gli occhi. Io non distolgo lo sguardo, non mi vergogno d'essermi fatto beccare a guardarlo. Così, anche lui alza lo guardo nuovamente e ritrova i miei occhi su di lui. Mi guarda, mi sorride per salutarmi e torna a far vagare lo sguardo intorno, senza più considerarmi.

Guardo l'ora sul cellulare: manca un minuto alla fine della ricreazione.

A malavoglia mi stacco dal muro e mi incammino in classe prima degli altri. Odio quando, dopo il suono della campanella, tutti gli studenti si ammassano per entrare prima.

Cammino calmo nel corridoio e mi rilasso ancora un po' prima di riprendere la tortura con la professoressa Verdi.

Entro in classe e la trovo seduta alla cattedra che guarda il telefono.

La ignoro e vado a sedermi al mio banco. Lei, sentendo il suono della sedia che ho spostato per sedermi, alza lo sguardo dal telefono e mi fissa.

"Buongiorno Micheli" mi dice.

Le faccio un cenno con la testa "buongiorno a lei" rispondo per poi mettermi con la testa sul banco.

"Come va con Simone? So che ogni giorno entrate insieme, state diventando amici?"

Con un verso disumano rialzo la testa dal tavolo e la guardo: "professoressa, lo sto aiutando solo a trovare le aule, non significa niente."

"Mh beh, vedi, speravo tu potessi aiutarlo a recuperare il programma degli anni precedenti, in Svizzera studiano in modo diverso dal nostro e gli mancano alcune basi per andare avanti con le altre materie."

La guardo. "Svizzera?"

Lei mi osserva e sorride: "Già, viene da Berna."

Prima che io possa chiederle altro, la campanella suona e un branco di studenti scatenati entra in classe e, per ultimo, entra anche Simone che io guardo subito.

'Berna, eh?'

La professoressa Verdi sposta lo sguardo da lui a me, poi mi fissa, mi sorride ed ordina alla classe di sedersi e fare silenzio.

E comincia la lezione.
Ma io non ascolto.

Viene dalla Svizzera.
Come mio padre.

SPAZIO ARCOBALENO:

Buonasera ragazzi,
non ho niente da dirvi, vi ricordo la stellina e di commentare per farmi conoscere le vostre idee riguardo la storia.
Dico solo che non sta andando come speravo e mi sono resa conto che la leggono sono i miei due migliori amici.
Però va bene, è la prima.
Vi auguro buona serata.

//Fre

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