Capitolo 3

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Mi svegliai per colpa di una presenza sconosciuta sopra di me: mia sorella. Si era stesa sopra la mia schiena, e io stavo soffocando.

« Connie, che cazzo stai facendo? »

« Mamma ha preparato i pancakes, e te non ti svegliavi con le buone maniere. E sai bene che finchè non siamo tutti a tavola non ce le lascia mangiare! »

Passai il sabato mattina con i miei genitori, pranzai con loro e dopo ciò mi rinchiusi in camera a leggere American Psycho di Bret Easton Ellis, solo sul tardo pomeriggio mi misi a studiare. Il professor Murray mi aveva dato una ricerca da fare, e glielo dovevo mandare entro domenica. Gli esami finali si stavano avvicinando, ad arrivare a maggio era un attimo, ma io mi sentivo già sicura delle mie capacità. Avevo passato gli esami del midterm col massimo dei voti, perciò non mi preoccupavo più di tanto. Prima di unirmi a cena con i miei, nel pomeriggio, uscii per comprare un paio pacchetti di sigarette e andai a fare un giro a Central Park. Mi ero presa una pausa dall'attività fisica dall'inizio dei miei studi universitari, perciò cercavo sempre nel tempo libero di fare quattro passi. Inoltre mi piaceva la solitudine, riuscivo a pensare a tante cose, dalle più inutili alle più filosofiche. Camminai fino al Gapstow Bridge, e rimasi lì per una buona mezz'oretta, o almeno fino a che non vidi il sole cominciare a nascondersi tra i grattacieli. Era quello il segno che mi faceva capire che si stava avvicinando l'ora di tornare a casa. Mi misi a sedere, con le spalle verso il corso d'acqua. La neve se n'era andata già da un paio di mesi, e aveva lasciato il posto al verde degli alberi che cominciavano a mettere nuove foglie sugli stessi rami. Accesi una sigaretta, sperando che non mi vedesse nessuno e che non chiamassero la vigilanza. Cercai di finirla in fretta, godendomi comunque il mix di modernità e di natura incontaminata della mia città. Telefonai a Cassie, per sentire come se la passava.

« Pronto? » borbottò, con la voce impastata. Sembrava si fosse svegliata da poco.

« Invece di dormire, studia, pigrona! » scherzai.

« Mi sto preparando per staseraa » disse lei urlettando « A quanto ho capito la festa comincia presto, ma si anima verso mezzanotte. Io e Gia pensavamo di ritrovarci lì davanti la casa mezz'ora prima »

« Faremo molto tardi stasera, eh? I miei mi uccideranno »

« Già, dovrai avvisare Carol, oppure ti metterà in punizione! »

Intorno alle 19 il cielo si fece roseo, e allora salutai Cassie e m'incamminai sulla strada di casa. Aprii la porta, e trovai già la tavola imbandita.

Prima di uscire di casa, avvisai di volata mia madre che sarei tornata tardi.
Letteralmente scappai di casa, non sentendo nemmeno la sua risposta.
Cole mi aspettava davanti al portone. In macchina c'era di già Cassie, che mi accolse con un grosso bacio sulla guancia. Era emozionatissima. Dopo aver caricato me, passammo a prelevare Nate. Eravamo al completo.                                                            Nemmeno una ventina di minuti nel traffico, arrivammo nella via che ci aveva indicato Gia. Lei era di già arrivata, insieme a Brent e Titus. Parcheggiata la macchina, andammo a salutarli.

« Ehilà! Avete avuto problemi a venire fin qua? » chiese Titus.

Mentre i miei amici chiaccheravano mi guardai attorno. Cate non c'era, e davanti a me una deliziosa casetta in mattoni, incastonata in altri due edifici, sempre di altre due confraternite, stile newyorkese primi anni del '900. Da fuori si sentiva lievemente il casino che c'era al suo interno. Fui distratta da una parola, o meglio, un nome.

« Come mai Cate non è venuta? » domandò Cole.

« Ha perso la metro, ma sta arrivando. Da Greenwich Village a quì è lunga la strada e non voleva farsela in macchina, anche perchè la riporterà il suo ragazzo »

ASH TEARSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora