Sai che sei davvero bella?

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La sera calò e io stavo aspettando il momento giusto per andare a chiamare mio fratello. Scesi dal mio letto e andai in punta di piedi verso il salotto, indossai le scarpe e andai verso la caffetteria. Durante il mio cammino pensai a come mio fratello avrebbe potuto reagire a una cosa del genere. Io ero sicura che i miei calcoli erano giusti, i successori di peccato dovevano nascere tra altri 3 anni, com'è possibile? Come ho potuto sbagliare una cifra del genere? Eppure i numeri sono il mio forte.

Provai a fare di nuovo il calcolo nella mia mente e capii il mio errore, avevo sbagliato il giorno dell'allenamento dei pianeti. Mia sorella aveva ragione, i successori erano già nati da 15 anni.

Arrivai nella caffetteria e c'era una luce accesa. "Accidenti! C'è quello sbruffone di Peter. Meglio che me ne vada" pensai, ma, con la mia sfortuna, andai a sbattere contro una sedia.

"Ma che accidenti..." Lui voltò il suo sguardo verso di me "Ah sei tu... Stella, giusto?" continuò.
"Non sbagli. Non è tardi per girovagare a quest'ora nel dormitorio?." chiesi. Lo guardai: gli occhi lucidi, le guance arrossate e una espressione triste. Stava per caso piangendo? Evidentemente sì. Non sapevo se trattenermi lì per chiedere come stava e del perché era triste. Avevo di meglio da fare, tipo salvare il mondo. Ma quella tristezza mi era così familiare, quasi vicina, era intima. Decisi di trattenermi per altri pochi minuti. Mi avvicinai lentamente scorgendo meglio il suo volto. Notai una sedia accanto a lui.

"Che succede?" chiesi sedendomi su una sedia vicina al bancone e a lui.
"Non sono cazzi tuoi!" disse lui arrabbiato, sporgendosi verso di me. Il suo alito sapeva di alcool.

"Hai bevuto? Cazzo...hai 15 anni." dissi prendendo la borraccia che aveva nella tasca. "Porca troia hai una vita d'avanti e già bevi?"
"Lascia stare, per tua informazione io ho 16 tra 3 minuti, quindi posso." disse lui riprendendosi la borraccia.
"No, non puoi!" dissi io riprendendo la borraccia. Annusai il contenuto, era grappa. Vidi che mise la testa sulle braccia incrociate sul tavolo. Ci fu un lungo momento di silenzio. Come poteva essermi familiare tutta quella situazione.

"Sai che sei davvero bella?" disse lui. Io non risposi, diventai molto rossa e mi sembro che la mia temperatura corporea fosse arrivata ai 100 gradi. Però scossi la testa in segno di negazione "Queste cazzate le dici solo perché sei ubriaco."
"Non ti si può fare neanche un complimento?" disse lui cercando di evitare l'argomento.
"No, perché non è un vero complimento, è solo l' alcool che ti fa dire stupidaggini. Non ti rendi conto di quello che dici." dissi io iniziandomi ad alzarmi.

"Dove vai?" disse Peter prendendomi la mano per farmi rimanere seduta, sentii una scossa e il mio corpo avere dei brividi, non era normale, era troppo familiare. "Ehm... devo fare una telefonata..." dissi io cercando di alzarmi, ma non riuscivo a farlo, il mio corpo non voleva, ero... bloccata da me stessa. Avevo ancora la sua mano sulla mia. Mi percorse una elettricità lungo la schiena e che divenne fuoco nei miei occhi. Non sapevo perché accadeva, ma leggevo la mia stessa domanda nei suoi occhi. Lui sentiva lo stesso. Io e Peter non avevamo un legame eppure la premura che sentivo per lui, l'affetto che nutrivo era superiore a qualsiasi altra cosa avessi mai provato. Mi guardò negli occhi, io lo guardavo. Lo vedevo viaggiare da una parte all'altra nel mio viso, sapevo quello che voleva. Guardava le mie guance, i miei occhi, la mia bocca. Ripeteva questo circolo senza freni. Passò poi al mio corpo, io lo lascai setacciare ogni centimetro di me. Guardava il collo e poi le spalle e vedeva la sua mano ancora sulla mia. Guardava il seno poi la pancia e poi passava alle gambe. Mi stava spogliando con i suoi occhi e sapevo che lo voleva. Ma d'altronde la stessa cosa volevo io in fondo. Sapevo che quell'affetto era scatenato da qualcos'altro e non volevo crederci. Iniziò ad avvicinarsi, i pensieri mi si annebbiarono. Non sentivo più la mia coscienza, sentivo solo il suo profumo invadermi le narici. Guardava fisso le mie labbra e poi mi guardò negli occhi. Il fuoco mi pervase, per tutti gli dei quanto lo volevo. Volevo che colmasse lo spazio che ci separava. Le gambe mi si fecero deboli e il mio battito iniziò ad essere più forte. Sentii un bruciore allo stomaco, quel ragazzo mi faceva male anche solo avvicinandosi. Poi a pochi centimetri da me dissi la frase tanto negata e soprattutto il mio inconscio era ritornato.

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