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Nelle sale vuote gli specchi riflettevano soltanto le ombre della notte. Negli angoli di quella che sembrava una piccola cantina, un'eco lontana plasmava un'atmosfera acustica ovattata. Non filtrava luce all'interno e i suoi pensieri baluginavano nell'oscurità.

Dov'era finito il suo corpo?

Non ne avvertiva traccia.

Era come se questo fosse stato diviso dalla sua anima e svuotato delle sue membra.

L'idea gli provocò disgusto.

Eppure non avvertì il senso di nausea.

C'erano meccanismi slegati, qualcosa non funzionava in quello spazio chiuso e angusto.

Si trovava davvero all'interno di una cantina o si trattava di un albero cavo? Anche quella percezione non era del tutto chiara.

Il disegno era imperfetto.

«In queste occasioni il tempo smette di esserci amico. Più suo figlio rimarrà in questo stato, meno probabilità avrà di cambiare la sua condizione» dichiarò una voce sopra di lui.

«Non é suo figlio» ribattè una seconda voce.

«É come se lo fosse» sentenziò una donna, aspra.

Le parole provenivano dall'alto, come se i tre stessero parlando al piano superiore, noncuranti della sua condizione.

«Dottore, possiamo contare sulla sua discrezione?» domandò la donna

«Non è della mia riservatezza che deve preoccuparsi, Moira » rispose la prima voce con una breve pausa.

Moira.

Quel nome risuonò familiare.

Si profilò una signora alta, dalle palpebre scure e pesanti con lunghi capelli ramati e labbra inesistenti. La voce della compagna di suo padre era l'unica voce di donna presente al di sopra di quel luogo lugubre. Oltre a lei, due uomini si comportavano come se lui fosse invisibile o nascosto da uno spesso telo nero. Il primo, chiamato Dottore ed il secondo, che sembrava quasi essersi adirato alla dichiarazione di Moira.

È come se lo fosse.

Come c'era finito all'interno di un pozzo, dove le voci rieccheggiavano in lontanza? Doveva essere caduto, non c'era altra spiegazione. E dove si trovavano Moira e gli altri due uomini?

Una fitta lancinante, all'altezza di quella che immaginava essere la sua testa, interruppe i suoi pensieri e per un attimo vide il lago immerso nella nebbia, illuminato dalla sola luce pallida della luna.

Erano stati tre tre rumori secchi su una struttura in legno, a provocargli quel dolore.

«Avanti» sentì la voce del dottore rispondere.

«Professor Tarchini» sibilò una voce di ragazza «Fontana ha chiesto di nuovo di poter parlare con lei»

«Puoi tenere il commissario a bada ancora per un attimo, Barbara?» rispose distaccato lui.

L'aurea formata da quell'emicrania temporanea sembrò svanire com'era arrivata.

«La sua parola, dottore» ribadì ferma Moira.

Ma non ci fu risposta.

Udì la porta spalancarsi e sbattere contro al muro, mentre la sua testa pesante, si rivoltava come un boomerang.

Stava riprendendo, malgrado, il comando sul suo corpo.

«Mai avrei pensato di riuscire a prendere tre piccioni in una volta sola» disse una terza voce d'uomo piu bassa rispetto alle altre due.

Coma CoscienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora