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Fu un attimo.

Fu come risvegliarsi dal coma, ma in realtà riprendeva solo coscienza di ciò che stava succedendo attorno a lui.

Barbara, qualcuno aveva pronunciato quel nome, in quella stessa stanza. Ne era certo, non potevano essere i medicinali che gli avevano dato alla testa. Ma non fu necessario, domandarsi dove l'avesse già sentito.

«Barbara, quando hai finito ti aspetto nel mio studio» rispose la voce calma del Dottor Tarchini.

«Sì, professore» rispose la stessa voce da bambina della ragazza che aveva fatto salire in macchina.

CHI SEI?avrebbe voluto urlare.

FERMATELA! È stata lei a sparare!

Ma era troppo tardi, la ragazza era già uscita dalla porta, chiudendola.

La voce di Ivan riemerse alla sua destra:

«Se è tutto, io dovrei andare» asserì la sua voce strascicata.

«Sono d'accordo» sentì la voce del dottor Tarchini «Lasciamolo riposare, è stato stabile tutto il giorno»

«Il suo colpevole è ancora lì fuori» protestò Ilaria.

«O in questa stanza» la corresse gelida Moira.

La sua discesa nell'inconscio gli aveva fatto perdere l'intera discussione all'interno della stanza.

«A prescindere, non cambierebbe la situazione di Stefano» concluse Riccardo.

Si udì un rumore di sedie spostate, finestre accostate, luci spente e porte chiuse.

Era di nuovo solo ed era l'unico a conoscere l'identità del suo attentatore.

Perché la ragazza di nome Barbara voleva la sua morte?

***

La macchina sfrecciava in direzione del centro, i comignoli della cittadina si intravedevano in lontananza. La ragazza in rosso manteneva un tono distaccato, con le mani nascoste nell'impermeabile, provava quasi piacere a rispondere secca alle domande del suo autista.

«Dove abiti?» domandò Stefano.

«Non molto lontano da qui, vicino alle vecchie rotaie che danno sul lago»

«Non sapevo ci fossero case nei paraggi» rispose lui perplesso.

«Ci sono, ma ben nascoste. Non ti andrebbe di vederle?» domandò la ragazza.

Stefano parve incerto da quella domanda pronunciata a mezz'aria.

Fuori pioveva a dirotto, non era di certo la giornata ideale per gite lacustri e il suo umore era più nero delle nuvole che sembravano addensarsi sopra il tettuccio della sua Porsche 911.

«Magari un'altra volta» rispose lui rallentando, ora che le rotaie apparivano opache sul finestrino del passeggero.

Invano cercò la presenza di abitazioni dal vetro del finestrino colmo di aloni di bruma.

«Invece tu verrai con me» rispose la ragazza dai capelli rossi.

Livida in volto, sembrava una piccola volpe in mezzo al bosco. Con il viso allungato, astuta pronta ad entrare nel pollaio al momento opportuno, aveva finalmente reso manifeste le sue intenzioni svelando ciò che nascondeva nelle grandi tasche dell'impermeabile rosso.

Nera e lucida, una pistola si ergeva salda su mani lattiginose, troppo grande per un corpo esile come il suo.

«Ma che diavolo?»

«Esci dalla macchina!» le urlò lei con voce stridula.

«Se sono i soldi che vuoi, prendili. Il mio portafoglio è nella giacca!» scongiurò lui aprendo la portiera.

«Non sono quelli i soldi di cui ho bisogno, Stefano. Sbrigati» proseguì lei, avvicinando la pistola al suo viso.

«Avanti, cammina!» aggiunse ormai fuori dalla macchina.

Non c'era nessuno. La pioggia e l'imbrunire creavano un'atmosfera intima e segreta. Precludeva chiunque non fosse stato invitato a quel festino esclusivo.

Vide sé stesso camminare davanti a Barbara, la ragazza dall'impermeabile rosso, mentre lei lo direzionava verso le vecchie rotaie.

Un velo di foschia copriva il lago e i due procedevano lasciandosi alle spalle i loro respiri, rapiti dal freddo della sera.

«Chi sei?» domandò lui ad un tratto. «Se devo morire, voglio conoscere almeno l'identità del mio assassino»

«Va fino in fondo alla rotaia! Saprai ogni dettaglio una volta lì» strillò lei, come se non gradisse alcuna interruzione.

Perché quel viso da volpe gli sembrava familiare?

Doveva l'aveva già vista?

Perché improvvisamente vedeva la ragazza dall'impermeabile rosso nel salone di attesa della sua azienda, in un tavolo lontano in una pasticceria di paese e persino intenta a camminare davanti al cancello di casa sua?

Lo aveva chiamato per nome.

La ragazza lo conosceva, aveva seguito le sue mosse, per agire al momento opportuno.

Era arrivato al termine di quella strada interrotta. Quella rotaia che un tempo trasportava merci fino a Porto Ceresio. Un altro passo e sarebbe finito all'interno del lago gelido.

«Per l'ultima volta, chi sei?».

Ma non ci fu tempo di ascoltare una risposta. La ragazza aveva già sparato e il calore del proiettile all'interno della pelle bruciò all'altezza della spalla. Piegato e contorto dal dolore, un secondo proiettile all'altezza dell'addome lo fece accasciare e battere la testa sulla rotaia così talmente forte da perdere conoscenza.

Un attimo dopo il suo corpo s'immergeva lentamente all'interno del lago.


Coma CoscienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora