8. Nessun altro.

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Capitolo 8
presente

*I protagonisti del capitolo sono Eric e Claire, i loro POV si alterneranno.
Il nome in grassetto all’inizio del paragrafo cambia il punto di vista.*

 
Claire sentiva ancora le labbra di Eric sull’angolo destro della bocca. Avrebbe voluto raggiungerlo e baciarlo come l’ultima volta che lo aveva fatto davvero, ma i suoi piedi erano piantati a terra con nessuna speranza che si potessero muovere. Lo stava guardando andare via da un paio di secondi, con lo sguardo fisso in quella direzione, fin quando non lo vide svoltare l’angolo e scomparire definitivamente. Quanto le aveva fatto male tutto ciò? Per quanto tempo avrebbe dovuto guardare i segni di ciò che quell’incontro le aveva fatto?
Portò un paio di ciocche dei suoi capelli dietro l’orecchio destro e si concentrò sulla sua borsa. Doveva necessariamente trovare le chiavi della macchina e tornare a casa. Era quella l’unica cosa a cui riusciva a pensare, non alle loro labbra vicine dopo innumerevoli giorni. Cominciò a cercare, però più girava la mano dentro a quel buco nero, più si rendeva conto che non poteva ricomporsi così, che non poteva togliersi Eric dalla testa a comando, ignorando tutti quei sentimenti che si erano di nuovo aggrovigliati malamente. Sospirò e posizionò la mano destra sul fianco, guardando avanti e sperando di scorgere nuovamente Eric. E quando lo vide effettivamente tornare indietro, smise di respirare.

Eric aveva deciso di interrompere quel loro assurdo modo di fare le cose. Scappare non era la soluzione e non lo era mai stata, così si convinse a tornare indietro. Se l’avesse trovata le avrebbe fatto tutte quelle domande che lo avevano tormentato per gli ultimi tre anni. Sperava che per qualche assurdo motivo lei fosse ancora lì. Posizionò i piedi sugli stessi passi che aveva appena percorso e, quando la vide ancora nel posto in cui l’aveva lasciata, sentì lo stomaco capovolgersi, per la prima volta da quando aveva deciso di tornare indietro. Tra i due il più codardo era lui, forse lo era sempre stato.
“Perché non mi hai chiamato in questi tre anni?”
Quella era la prima domanda, quella che lo aveva logorato di più.
“Sei tornata qui per le vacanze, ma non mi hai cercato nemmeno una volta.”
Claire sembrava spaesata, come se dovesse ancora rendersi conto di cosa stesse realmente succedendo, ed Eric era impaurito delle stesse domande, più che lecite, che le avrebbe fatto.
“Ero sempre sul punto di farlo, ma non l’ho mai fatto.”
“Perché?”
“Perché avrebbe fatto male sentirti.”
Si avvicinò a lei, ancora con le mani dentro alle tasche, solo per guardarla più da vicino e scorgere tutte quelle emozioni che, per la prima volta, lei gli stava comunicando.
“Non era già sufficiente che tu te ne fossi andata?”
“Sì.”
“E allora? Avrebbe fatto meno male. Lo sai pure tu.”
Si scompigliò i capelli, dandole un attimo tregua. Il suo sguardo era fin troppo penetrante e non voleva che lei facesse un passo indietro. Non poteva permetterselo.
“Eric, ti assicuro che mi sei mancato tantissimo, però eravamo arrivati ad un punto in cui era meglio allontanarsi.”
“Vorrai dire sparire.”
La vide sentirsi colpevole.
“Chiamalo come vuoi: allontanarsi, sparire, fuggire… come diavolo vuoi tu.”
“Non mi hai più detto nulla dopo quello che è successo tra di noi, eccetto che amavi Robert.”
Era difficile da ammettere senza che si sentisse male, senza che fosse così difficile da pronunciare e Claire rise, con la sua solita risata isterica di quando tu non hai capito nulla e lei ride per sottolineartelo.
“E tu ci hai creduto?”
“Claire, cosa vuol dire che ci ho creduto?”
Era visibilmente confuso. Perché avrebbe dovuto mentirgli?
“Ti ho detto che ti amavo da anni e tu credi davvero che io amassi Robert?” Continuava con quella risata e a guardarlo dritto negli occhi. “Tutti sono stati insignificanti rispetto a te, Eric. Non c’è stato nessuno che ho amato quanto te.” La vide gesticolare, ridere istericamente, ma allo stesso tempo rimanere ferita da ciò che lui aveva creduto, di come fosse stato convinto per anni che i loro sentimenti fossero così insignificanti. “Nessuno, Eric”
“E allora perché mi hai detto quella bugia?”
“Perché se non ti avessi ferito, se non mi fossi fatta schifo da sola, non sarei riuscita a prendere quell’aereo. L’unico modo era farmi odiare e ci sono riuscita.”
La guardò, provando a capire perché avesse deciso di farsi così male, e gli risultò semplice perché in fondo lui aveva fatto la stessa cosa per tutti quegli anni.
“Claire, adesso e dico proprio adesso, noi possiamo parlare. Abbiamo la possibilità di dirci la verità. Tutta la verità.”
“Che senso avrebbe?”
“Se hai mai provato qualcosa per me, è arrivato il tempo di dirmelo.”
“E poi?”
“Facciamo finta che rimarrai qui, che non dovrai prendere un altro aereo.”
“Ma io prenderò un altro aereo.”
“Teniamo in conto solo questo.”
Sapevano entrambi che le parole di Eric non erano casuali. Si erano ripetuti le stesse cose l’ultima volta, con la stessa sequenza, con lo stesso rammarico, con entrambe le voci rotte dai loro sentimenti strazianti.
“Non puoi dirmi questa cosa, non dopo che l’ultima volta sono stata io a dirla.”

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