Intenzioni

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ehi armin ti andrebbe di uscire oggi pomeriggio?

Eren era rimasto a fissare lo schermo del cellulare per dieci minuti buoni, cancellando e riformulando più volte il messaggio, indeciso se inviarlo o no.

Non sapeva spiegarsi perché ci fossero tutti quei dubbi ad assillarlo, ma ogni volta che avvicinava il pollice al tasto di invio, quello iniziava a tremare e si rifiutava di rispondere ai comandi del cervello.

Aveva visto Armin quella mattina stessa a scuola, mentre era alle macchinette del corridoio insieme a Mikasa e a Jean.
Gli era parso che stesse più che bene, probabilmente non si era nemmeno accorto della sua presenza, con lo sguardo sempre vago sulla folla e quel fare quasi altezzoso che aveva imparato ad amare e a riconoscere come pura e semplice timidezza.

Aveva sospirato, maledicendo le sue stesse gambe che non erano state in grado di seguire l'impulso di corrergli dietro e baciarlo, come era stato sul punto di fare appena qualche giorno prima.

- Eren, stai bene? - gli aveva chiesto Mikasa, privandolo della libertà di perdersi per qualche secondo nei propri pensieri.

- Sei strano, non è da te fissare il vuoto il silenzio -

I suoi due amici non sapevano nulla di Armin, l'avevano appena sentito nominare qualche volta da Connie e Mikasa l'aveva conosciuto in biblioteca un pomeriggio, ma non avevano idea di che tipo fosse né di che rapporto avesse con Eren.

- Sono solo un po' stanco, Mikasa -

- Sicuro? Guarda che se stai male basta ch... -

- Non sei mia madre, sto bene - aveva risposto seccato dall'eccessiva apprensione dell'amica, senza alzare gli occhi dalla tazzina di plastica ancora piena che stringeva nella mano destra.

- Ehi ehi, calmati Eren! Voleva solo darti una mano - si era intromesso Jean che, avendo una cotta fotonica per Mikasa, si sentiva sempre in dovere di proteggerla, anche se lei non ne aveva mai avuto bisogno.

Eren aveva sbuffato, per niente intenzionato a dar corda a quello che sarebbe stato l'ennesimo battibecco con il ragazzo biondo.
Si era voltato dalla parte opposta e si era avviato da solo per il corridoio, aspettando la fine dell'intervallo in un angolo, con la sola compagnia del caffè che alla fine neanche aveva bevuto.

Quella mattina Eren non aveva fatto altro che pensare ad Armin e a quanto lui stesso fosse stato stupido a scappare in quella maniera in ben due occasioni.

Così, una volta arrivato a casa e aperto il libro di matematica, rendendosi conto di non essere minimamente in grado di studiare o di concentrarsi su qualsiasi altra cosa che non fosse il suo amico, aveva staccato il cellulare dalla carica e si era seduto sul letto, iniziando a digitare quel messaggio.

Ed era ancora in quella posizione quando il padre lo aveva chiamato.

- Eren, c'è tuo fratello al telefono, te lo passo? -

L'umore quel pomeriggio non era certo dei migliori, ma sentire il fratellastro lo aiutò a risollevare il morale, come sempre.
Gli mancava la sua compagnia: nonostante avessero vissuto insieme solamente per pochi anni prima che Zeke andasse a lavorare e convivere dall'altra parte del mondo, avevano stretto un forte legame e il ragazzo era diventato per Eren il punto di riferimento fraterno che non aveva avuto prima.

Dopo aver chiuso la chiamata guardò per l'ultima volta il cellulare, cancellò il messaggio e si buttò sul tappeto ai piedi del letto.

Alla sua destra era appoggiato il joystick, utilizzato l'ultima volta nemmeno lui sapeva quando.

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