Prologo

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Saint-Malo, Francia, 15 novembre 2015

La brezza marita gli scompigliava i capelli e il profumo della salsedine inebriava le sue narici fino quasi a farle bruciare. Il ragazzo stava seduto sul muretto con le gambe penzoloni e i piedi scalzi, gli occhi fissi sulla spiaggia. Decine e decine di conchiglie di ogni forma puntellavano la distesa scura di sabbia che si estendeva davanti ai suoi occhi. La marea si era ritirata da ormai dieci ore abbondanti, e non mancava molto prima che il mare risucchiasse nuovamente quei metri di terra.

Il ragazzo saltò giù con un balzo fino a toccare la spiaggia bagnata, le dita dei piedi a tastare il suolo come per accertarsi che tutto fosse sicuro e che ci si potesse muovere con tranquillità. Camminò per qualche metro godendosi il silenzio, calciando i sassolini o i legnetti che trovava lungo il suo cammino, fino a che non incontrò un qualcosa che catturò maggiormente la sua attenzione. Un qualcosa di conficcato nel terreno con degli spunzoni che fuoriuscivano insistentemente. Il ragazzo si inginocchiò stando attento a non sporcarsi i pantaloni di raso beige e sfilò dalla sabbia quell'oggetto puntiforme, sorridendo nel realizzare di cosa si trattasse. Estrasse tutta la conchiglia dalla sabbia umida e cercò di eliminare tutti i residui di sabbia al suo interno. Si trattava di un semplice murice, ma le fossette compiaciute sul viso del ragazzo non riuscivano a scomparire. Contemplò ancora un po' quell'oggetto magico e cercò persino di soffiarci dentro nel vano tentativo di farne uscire una qualche arcaica melodia, ma all'interno dell'osso dovevano esserci ancora degli strati di sabbia. La infilò nella tasca del giubbotto dopo averla avvolta in un fazzoletto di carta, guardandosi intorno furtivamente per accertarsi che nessuno lo vedesse, anche se sapeva benissimo che era consentito appropiarsi di ciò che si trovava, visto che il mare concedeva ogni giorno centinaia di quelle meraviglie. Rimase per qualche istante immobile, con la mano all'interno della stoffa a tastare la superficie scaglionata del murice ricoperta dal sottile strato del fazzoletto, fissando la distesa bagnata davanti a lui che si estendeva per chilometri senza una traccia di acqua, ma che di lì a poche ore avrebbe ospitato centinaia di litri salati pronti a risucchiarti se rincorrevi la malsana idea di allontanarti troppo da quella che era la riva.

Tante leggende narravano che molti uomini si erano spinti troppo a largo durante la bassa marea, e non erano più stati in grado di ritornare indietro, risucchiati dall'oceano che si era innalzato improvvisamente con impeto, come una mandria di cavalli imbizzarriti.

Lui ci credeva però. Per tanti anni aveva studiato le maree. Progetti scolastici, approfondimenti pomeridiani. Tutto era iniziato quando la professoressa di arte, la signora Bourgèt, aveva affidato alla classe un lavoro da compiere a casa in autonomia. Aveva detto alla classe di liberare il cuore, raffigurare una distesa immensa con un solo colore. Il blu.

Qualsiasi tipo di soggetto e opera, con un solo colore.

Da lì era incominciata la passione del riccio per il disegno e l'arte. Aveva impiegato qualche ora per completare la sua opera, una qualche pennellata qua e là e l'aveva percepita adatta. L'aveva portata a scuola il giorno della consegna, un sorriso fiero sul volto e il disegno tenuto sottobraccio perchè a detta sua nella cartellina si sarebbe rovinato.

A scuola i compagni però si erano messi a ridere nel vedere quelle righe confuse tracciate con semplicità sulla tela bianca, e lo avevano preso in giro per l'irreparabilità del suo lavoro.

Harry di colpo aveva cambiato espressione, ogni sua certezza era svanita. Aveva ricominciato a fissare il disegno, la paura di aver sbagliato tutto che si insidiava nelle sue vene.

La professoressa era giunta in classe e aveva iniziato a passare tra i banchi per raccogliere i lavori, e quando era giunta da Harry il ragazzo aveva cercato di nascondere il lavoro improvvisando qualche scusa decisamente poco credibile; la testa china sul petto e la vergogna nel cuore. Una lacrima aveva persino bagnato la tela ruvida facendo nascere una chiazza scura. La professoressa Bourgèt gli aveva sollevato il mento squadrato con due dita, il solito tocco delicato d'artista racchiuso in in quelle mani affusolate e abili, un sorriso morbido che le creava due rughe amorevoli attorno agli occhi grigiastri contornati da degli occhiali a mezzaluna con la montatura dorata poggiata sul naso aquilino.

Couleurs entre vos pages brûlées | LSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora