Aeroporto di Parigi Charles de Gaulle, Parigi, 7 settembre, ore 8:41Il viaggio era durato 10 ore spaccate. L'autoparlante posto al di fuori della cabina di pilotaggio aveva iniziato a emettere suoni confusi e metallici., poco dopo la voce del pilota che annunciava una manciata di minuti prima della manovra di atterraggio.
Louis si era svegliato di soprassalto, sbattendo la fronte contro il finestrino e imprecando sommessamente per la pulsazione che iniziava a percepire sulla testa. Si era addormentato in una posizione scomoda, il collo e la testa storti appoggiati alla bell'emeglio su un sostegno che li reggesse e il busto che con metà schiena poggiava sul sedile, le gambe stravaccate e semi allungate poichè lo spazio non era abbastanza perchè le potesse stendere totalmente. Ma almeno aveva dormito. Incredibile, ormai nemmeno nel letto di casa sua riusciva più a trovare pace, ed ora, su un aereo a diverse centinaia di metri da terra, un sedile scomodo e un'aria irrespirabile, tra un gruppo di estranei e qualche faccia conosciuta per motivi lavoratori, aveva chiuso gli occhi dopo settimane di insonnia, facendo traballare l'equilibrio delle sue rughe che ormai avevano trovato una presenza stabile sotto i suoi occhi stanchi.
L'aereo iniziò ad inclinarsi. Louis fu sospinto in avanti, la schiena che si scostava leggermente dallo schienale di pezza e solo la cintura a non farlo spiaccicare sul sedile posteriore. Controllò l'orologio, segnava le 9:32. Era lunedì, lunghe giornate all'insegna della noia lo attendevano prima del vero compito per cui era stato catapultato in quella città. Aveva due abbondanti settimane prima dell'intervento per cui era stato chiamato. Avrebbe determinato la sua carriera, lo sapeva bene lui come lo sapevano bene tutti. Aveva bisogno di concentrazione e tutto sarebbe andato bene. Perciò decise, che terminati i corsi giornalieri di conferenze e riletti per la volta decisiva i moduli e i parametri medici da seguire, da primario qual'era, per dare il buon esempio, mentre i colleghi che sottostavano ai suoi ordini avrebbero condotto studi individuali per migliorare la preparazione, lui si sarebbe concesso giornate intere di pausa, ventiquattro ore su ventiquattro, con passeggiate per il centro città e tappe nei musei o nei luoghi che fossero stati in grado di attirare le sue pupille.
Louis era sempre stato così. Un carattere forte e determinato, capace di prendere decisioni senza troppi ripensamenti e brillante sul campo lavorativo, imponeva condizioni da rispettare che per la maggior parte dei casi venivano discusse poichè estreme e azzardate, ma che alla fine risplendevano limpide e ricche di successo perché ormai abituate ad essere condotte sotto la sua mano esperta.
Ma Louis era fragile, estremamente fragile se si scovava la materia che componeva il suo sotto pelle. Un groviglio di nervi e di fibre che tendevano sempre di più a collassare, un cuore di un rosso opaco che gocciolava continuamente e mutava il colore un po' di più ogni giorno che passava, che si crepava all'oscuro degli occhi indiscreti e limitati dal pensiero ottuso della gente, non riuscendo ad andare oltre all'apparenza.
Combatteva e sputava veleno da ogni cellula del suo corpo, la bocca stretta e serrata che non conosceva ormai altra espressione se non quella della rabbia e della delusione. Rielaborava i colpi incassati fino a trasformarli in pallottole di piombo contenenti paura, dolore e vergogna. Premeva il grilletto e il colpo partiva, sputato a parole dalle sue labbra senza troppe peripezie, con il pudore e la paura di ferire qualcuno sotto le scarpe. Ormai ferire i sentimenti altrui non rientrava più in quella che era la sua classifica di eventi da evitare. Nessuno si era mai preoccupato di porgli la mano, e persino la sua stessa famiglia lo aveva respinto. Nella sua vita Louis non aveva mai avuto un appiglio, a parte una persona che l'aveva abbandonato nel periodo più buio della sua vita senza un minimo accenno di preavviso. Sua madre.
A Louis faceva male parlarne, non ne era in grado, e comunque nessuno si meritava abbastanza dei suoi discorsi a cuore aperto sull'unico angelo custode che avesse mai ritenuto tale, ma nel contempo non riusciva a lasciar passare un giorno della sua vita senza che anche solo l'angolo più remoto del suo cervello non pensasse a lei, e quando la piccola fotografia che si portava sempre appresso ovunque andasse gli finiva sotto gli occhi, sfregava il dito sulla figura sbiadita del volto di quella donna bella e preziosa che avrebbe desiderato riabbracciare più di ogni altra cosa.
STAI LEGGENDO
Couleurs entre vos pages brûlées | LS
FanfictionParigi, 2016. Harry, 22 anni e una fiammella nel petto che aspetta solo più di spegnersi. Anima libera e bisognosa di ali per volare, ritrova rifugio solo in quelle linee morbide che riesce a tracciare con mano e in quelle miriadi di righe marchiate...