Quella notte, nello spazio angusto e oscuro della cella non riuscirono a chiudere occhio. Inizialmente avevano pensato di fare dei turni di guardia per capire, attraverso i rumori provenienti dall'esterno, quando tutte le guardie sarebbero andate a dormire. Allora, avrebbero provato a sgattaiolare fuori e, con un po' di fortuna e grazie agli occhi dolci di Tooru, speravano di riuscire a convincere i vigilanti meno convinti che si trattava solo di una scappatella amorosa di una notte.
Qualora fossero riusciti ad uscire dalle prigioni adiacenti alla casa del lanista sarebbe poi iniziata la parte più difficile: attraversare l'ampio giardino recintato e, infine, la stessa domus.
-Perché non proviamo a scalare la recinzione? - aveva chiesto Hajime.
-Perché è costantemente sorvegliata e non si può uscire senza permesso. Potevo fare le mie scappatelle solo sotto stretto controllo e anche quando restavo solo, come quella notte... Ero comunque sorvegliato a distanza - affermò.
Hajime era uscito pochissime volte durante tutti quegli anni e pensava che, il motivo per cui le poche volte in cui era avvenuto era stato messo sotto la giurisdizione di una guardia armata fosse che non si fidavano di lui. Non aveva idea che lo stesso succedesse a Tooru, che era invece solito uscire tutte le sere.
-Ma la domus è piena di schiavi e guardie che sanno chi siamo... Come potremmo riuscirci? - lo interrogò Hajime, mordendosi dubbiosamente il labbro inferiore. Cosa sarebbe successo se li avessero beccati?
Sicuramente, cose ben peggiori di quanto avevano fatto appena poche ore prima.Hajime non aveva fatto in tempo a tornare nel territorio della scuola gladiatoria che era stato portato nel giardino di addestramento, fatto inginocchiare e legato al palo.
Lo avevano frustato senza dire una parola, più e più volte. Ne ricordava soltanto tre, nelle quali aveva urlato a squarciagola fino a perdere i sensi per il dolore lancinante.A giudicare da quanto però la pelle della sua schiena tirava ad ogni minimo movimento, le vergate dovevano essere state almeno una ventina. Quando aveva ripreso coscienza era nella sua cella, solo con Tooru che lo guardava mordendo una pellicina sull'indice della mano destra con gli occhi rossi di pianto e le labbra screpolate.
Non gli chiese se era per lui che aveva pianto e Tooru non disse niente, limitandosi a tirare un sospiro di sollievo nel momento in cui i suoi occhi verdi si aprirono di nuovo.
Hajime aveva quindi provato ad alzarsi, ma una fitta di dolore improvvisa lo aveva costretto a stendersi di nuovo e ad imprecare.
-Merda-.Tooru allora si era alzato dalla sua postazione, e lo aveva dolcemente tirato su a sedere. Le sue dita erano calde e morbide nonostante la sua professione, come se nemmeno la ruvida rete del reziario potesse in qualche modo rovinarle.
-Sei stato tu? - gli chiese quindi Hajime alludendo alle fasciature strette che gli contornavano il busto.
Tooru annuí, mentre il solito sorrisetto strafottente tornava padrone del suo viso.Guardando in basso, Hajime notò che l'unico indumento che indossava, un gonnellino di lino era sopra le fasciature stesse e che queste ultime arrivavano praticamente all'inizio del fondoschiena.
-Mi hai... Spogliato per bendarmi? - gli chiese, senza riuscire a trattenersi dal diventare rosso.-Che c'è, Iwachan? Ti vergogni di me? - gli chiese, portando le mani sulla fasciatura e chinandosi in avanti verso di lui. Per farlo aveva appoggiato un ginocchio sulla brandina dove Hajime era seduto, che così si era appena inclinata in direzione del reziario.
-Non è mica per quello, coglione - sbuffò, tirandogli un pugno sulla spalla. Era così stanco, però, che Tooru non sembrò nemmeno accorgersene.
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Luogo chiamato libertà |KageHina & IwaOi|
Fanfic|In revisione| Roma, 66 a. C. Shouyou Hinata è uno schiavo di origine britannica, affidato a Tobio Cassio Kageyama, figlio illegittimo di un senatore romano e una liberta, di cui porta il secondo cognome. Divergenze di rango e di carattere insieme a...