Nessun dolore poteva essere paragonato a quello che provava in quel momento. Lo schiocco della frusta di cuoio contro la pelle tumefatta della sua schiena risuonò terribile alle sue orecchie, facendolo trasalire. Gridare con tutto il fiato che aveva in corpo fu quasi un riflesso e strinse forte la fune che gli legava i polsi ad un anello sul muro, sentendo i palmi bruciare laddove la corda aveva sfregato.
Si inarcò all'indietro quando l'uomo dietro di lui colpì di nuovo, con la stessa forza di prima e ancora più rabbia.
-E deciditi a morire, bastardo! - ringhiò quello, assestando un altro colpo.
Le ginocchia di Tooru cedettero quando il dolore prese il sopravvento su ogni altra recezione nervosa e lui cadde in ginocchio, producendo un tonfo secco contro il terreno roccioso della miniera.
Gridò di nuovo e strinse di nuovo la fune, unico appiglio prima di sprofondare nelle allucinazioni che tutto quel dolore gli provocava. Sentì come se arrivasse da lontano il rumore della pelle che si squarciava di nuovo e il sangue caldo e viscoso che gli colava lungo i fianchi e lungo il retro delle cosce, mentre imprecazioni e insulti volavano dalla sua bocca all'Olimpo.
La guardia dietro di lui aveva ricevuto un ordine inequivocabile: torturarlo finché non fosse morto.
Eppure, questa era già la terza persona a cui veniva affidato il compito perché Tooru, che più strenuo del suo corpo aveva solo l'orgoglio, si rifiutava di arrendersi.
Lasciandosi morbido contro la roccia, rilassando i muscoli per quanto possibile accoglieva i colpi gridando, sì, ma senza versare nemmeno una lacrima.
Tuttavia, ormai era al limite e la grossa macchia di sangue sul terreno, misto al colorito pericolosamente biancastro del viso mostravano come la morte per emorragia fosse ormai imminente.
La sua schiena era una ragnatela di tagli, graffi e lividi violacei, tanto che non v'era più nemmeno una porzione di pelle intatta. Le braccia erano piene di ematomi laddove avevano sbattuto contro il muro difronte a sé ogni volta in cui riceveva un nuovo colpo.
Il buio perenne della miniera rendeva impossibile capire quanto tempo fosse passato e il tempo stesso sembrava essersi piegato al rumore dei colpi di frusta, che inesorabili continuavano a sfigurare quel dedalo di graffi e sangue che era il suo corpo. La guancia sinistra era coperta da un taglio trasversale che aveva già cominciato a cicatrizzarsi, ricevuto ore prima, quando aveva per l'ennesima volta provato a liberarsi.
L'uomo dietro di lui ansimò, stremato dallo sforzo e gli concesse alcuni minuti di pausa mentre riprendeva fiato, asciugandosi il sudore dalla fronte con un panno rovinato.
-Sei un osso duro, eh? - gli chiese retoricamente, inginocchiandosi al suo fianco e facendo una smorfia di disgusto quando il suo ginocchio finì sulla pozza di sangue a terra, sporcandosi.
Tooru non lo sentì nemmeno, concentrato com'era a portare avanti in maniera volontaria il processo della respirazione, dal momento che il dolore aveva messo in secondo piano persino le funzioni più spontanee del corpo. L'aria polverosa dei cunicoli minerari gli bruciava la gola, ma lo teneva in vita.
Quando l'uomo si accostò al suo viso e gli afferrò il mento con una mano voltandolo verso di sé, Tooru lo mise finalmente a fuoco.
-Che spreco - fu l'impietoso giudizio al suo viso deturpato, bello nonostante la cicatrice. Ma fu quando l'uomo alzò gli occhi in quelli del reziario che un brivido di terrore gli corse lungo la schiena.
A contrasto con la pelle bianca con il marmo, con le labbra screpolate e ferite laddove innumerevoli volte le aveva morse, le sue iridi bruciavano di fuoco vivo. Lo incendiarono, benché in ginocchio, benché sconfitto e lo gettarono nel Tartaro.
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Luogo chiamato libertà |KageHina & IwaOi|
Fanfic|In revisione| Roma, 66 a. C. Shouyou Hinata è uno schiavo di origine britannica, affidato a Tobio Cassio Kageyama, figlio illegittimo di un senatore romano e una liberta, di cui porta il secondo cognome. Divergenze di rango e di carattere insieme a...