capitolo X (e qui le cose si fanno interessanti...)

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La foresta è silenziosa. Le tenebre che l'avvolgono dolcemente nel loro abbraccio strisciano nascondendosi tra le piante. La foresta è viva. Sfioro con i polpastrelli il terreno, e riesco persino a sentire il rumore del mio gesto. Nessun luogo potrà mai essere così quieto. Nessun luogo normale. Il silenzio che c'è qui è magico, innaturale, il bosco piega al suo volere chi c'è dentro. Sospiro. La disperazione che provavo non proveniva solo da me, ma da questo luogo abbandonato. La sua più profonda sofferenza si instilla nei cuori delle sue vittime, malcapitati forestieri che vagano per le sue terre. La foresta è fredda. Calcolatrice, non le importa della vita dei suoi abitanti. C'è chi vive e chi muore, ogni giorno, dovunque. La natura e la magia sono troppo impegnate a fare il loro corso per preoccuparsi di chi ne subisce le conseguenze. Distanti, si offrono a te subdole, per poi farti pagare caro il prezzo dei loro servigi. Faccio sfrigolare nella mano una sfera argentata di fuoco. La fisso. Tutta la magia che ho e tutti i poteri, persino la mia esistenza esigono impazienti e avide che io le ripaghi. Le mie sofferenze, i miei guai, la mia ignoranza nei confronti di quello che sta succedendo, l'eccesso di potere. Sono tutte rate del prezzo complessivo che salderò giunta alla fine dei miei giorni, con la morte. Per tutti gli esseri esistenti è così, nessuno escluso. Anche per la Mirae giungerà l'ora del pagamento, anche per Cal, per Caleb, per i terrestri, per le creature. Tutti soffrono, tutti hanno un nemico -interno od esterno- da distruggere, da combattere fino alla fine. Nulla è eterno, nemmeno io che mi fingo di esserlo. Anche per gli immortali si salderà il conto.  E allora non importerà. Non importerà se eri amico o nemico, buono o cattivo, moro o biondo. La natura e la magia, fuse insieme in un composto mortale, vorranno a tutti i costi il loro ultimo pagamento. Ed è così per tutti. Perché alla fine tutti soffrono ugualmente, tutti hanno i loro patimenti, tutti i loro dolori. Perché alla fine io ho dei nemici e li voglio distruggere per una causa che a me pare giusta, ma i miei nemici vedono me come nemica e mi vogliono distruggere per una causa che a loro pare giusta. Non c'è bianco o nero, corretto o errato: siamo tutti nella stessa barca. Tutti faremo la stessa fine. Siamo tutti umani, e non umani per dire "umano con due gambe due braccia  e un cervello per pensare", ma per intendere "Umani con dei sentimenti e delle emozioni, umani che patiscono e gioiscono". Tutte le persone che ho ucciso perché credevo fossero cattivi, persone che ho ucciso ritenendomi nel giusto, persone che ho ucciso credendo di fare bene, hanno una vita. Avevano. Avevano una vita, e avevano dei loro ideali, avevano un passato, avevano dei travagli e avevano delle felicità. E io, io, meschina, parendomi onnipotente mi sono data il permesso di porre fine ad un individuo che non tornerà mai più su questa terra. Come chiunque altro che ha ucciso, che ha ingannato e non si è immaginato dall'altra parte.

-Questo ragionamento non fa una piega -sussurra Caleb.

Mi copro la bocca con le mani: solo ora capisco di aver parlato e straparlato per tutto il tempo.

-Se tutti la pensassero così adesso avremmo un mondo migliore.

Mi giro verso di lui. -Dovresti dormire. Il tuo turno di guardia non è ancora arrivato.

-Non riesco a dormire, almeno non ora.

Accenno un sorriso. -Ti devo cantare una ninna nanna?

-Sto bene così, grazie.

Restiamo per un po' in silenzio, io volta verso la foresta tenebrosa, lui verso di me.

A dark soul-excapeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora