capitolo XI ah hu hu lala sclero

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Non so cosa ho appena sognato, non lo ricordo. Percepisco la terra sotto di me, sotto il giaciglio improvvisato di paglia attraverso le dita. Muovo le gambe, mi devo alzare, ho un sacco di fame. Con un pizzico di rimpianto penso ai pancake con lo sciroppo d'acero e il cioccolato. Mi Metto faticosamente seduta, e apro prima un occhio, poi l'altro. Oggi è una bella giornata, sicuramente. La luce del giorno filtra pigra tra le fronde degli alberi alti. Partiremo la mattina, giusto il tempo di fare provviste e di mettere qualcosa nella pancia. Mi sento rinvigorita, più forte. Non fa né troppo freddo né troppo caldo, si sta benissimo. I due ragazzi stanno ancora dormendo. Mi alzo e mi avvio al ruscello per prendere l'acqua. Il vestito è scomodissimo, dovrò presto trasformarlo. Intralcia tutti i miei movimenti. Appena poso un piede nudo sulla terra, realizzo una cosa: oggi mi sono svegliata col sorriso sulle labbra. Oggi mi sono svegliata pensando alla colazione, poi al bel tempo, poi agli abiti. Oggi Caleb non è stato né il primo, né il secondo, e nemmeno il terzo pensiero. Con passo felpato lo raggiungo, e rimiro il suo volto: il colorito da drago, le squame sulla parte alta della fronte, la fossetta sulla guancia destra, l'espressione da bambino mentre dorme. Non sento più niente nel cuore, non soffro, non sono triste, non mi sento più tanto tradita. Perché adesso i raggi del sole sembrano più brillanti, adesso non piangerò più. Perché tutto passa, prima o poi. E lo sapevo che un giorno mi sarei sentita col cuore più leggero, succede sempre. Dopo un po' devi per forza rassegnarti, dopo un po' devi imparare a lottare e lasciarti il passato alle spalle. Credevo che questo giorno fosse lontanissimo, e invece eccomi qui. Oggi mi sento meglio.

Raggiungo il piccolo corso d'acqua, e con un cesto improvvisato che ho costruito in poco tempo ne raccolgo una bella manciata. Poi immergo le mani, e un brivido mi scorre lungo tutto il corpo a contatto con l'acqua fredda. Sorrido, e mi sciacquo la faccia. Lascio cadere le gocce dal mio viso per un po' di tempo, il fresco come uno schiaffo sul mio viso insonnolito. Sbadiglio di gusto, quasi slogandomi la mascella. A  giudicare da quel poco di spazio di cielo che riesco a vedere tra gli alberi deve essere mattina presto. Fantastico, non dormo proprio più di sei ore ormai. Mi asciugo il viso con il vestito. Lo guardo e storco il naso: è davvero inadeguato e scomodo, la stoffa così amaramente liscia sulla mia pelle mi ricorda troppo l' umiliazione che mi ha inflitto l'ibrida. Potrei trasformarlo in qualcosa di carino e comodo. Raccolgo una pietra da terra che subito si trasforma in un paio di forbici. Taglio con attenzione tutto il bordo della gonna fino a farlo arrivare al ginocchio. Poso le mani sulle gambe, e mi immagino una bella tuta a maniche corte e con i pantaloni corti, tutta unita. Tre secondi dopo eccola lì, pratica, non intralciosa, e adatta ad una camminata lunga.

Sono arrivata ad una conclusione: non posso creare niente dal nulla, ma posso trasformare alle cose a mio piacimento. In pratica la magia è solo questione di energia: sprigioni una certa quantità di energia quando sei potente come me, una grossa quantità, ma puoi canalizzarla per modificare le molecole di, ad esempio, una roccia, e trasformarla in una statua. Poi ci sono tutte quelle cose strane -tipo far fluttuare l'acqua e far ricrescere piante e roba simile- che credano si attribuiscano alla mia natura di elfo... qualunque cosa voglia dire. Raccolgo qualche frutto a caso dagli alberi mentre torno all'accampamento. Quando arrivo,  i due Cal dormono ancora. Chiudo le mani a coppa sui frutti e quando le riapro sono delle succose, rosse mele. Guardo i due ragazzi. Mi dispiace quasi svegliarli, con quell'aria da bambini che hanno mentre dormono, ma mi avvicino a loro piano e li scuoto.

-Uh...oh... mpf.

-Ehy moretto, svegliati.

-Non sono moretto.

Cal si gira e si mette le mani sulle orecchie, quasi a non volermi sentire. Io alzo gli occhi al cielo e gli do un piccolo bacio sulla guancia.

-Dai, dormiglione.

Con un sorriso sornione si gira verso di me, e scuote la testa.

-Oh, non fare tante storie.

Con un dito si tocca la bocca, e io scoppio a ridere.

-Stupido.

Gli sfioro appena le labbra con le mie, e solo ora lui si mette finalmente in piedi.

-Avete smesso di fare i piccioncini, voi due?

Trasalisco. A volte vorrei semplicemente che Caleb non sia così silenzioso, eviterei di prendermi un infarto ogni volta che apre bocca.

-Abbiamo un viaggio da fare. Vado a vedere se riesco a cacciare qualcosa.

Scompare nella boscaglia velocemente quanto è arrivato, e Cal sbuffa.

-Sempre così allegro il nostro amico.

Ridacchio. -Dai, scemo. ho preso un po' d'acqua, tu vai a raccoglierne altra.

-Dovremmo portarci dietro quei secchi?

Do uno sguardo di traverso al recipiente, e annuisco.

-Me ne occupo io, tu vai.

Poso una mano sul manico del secchio, e quello si trasforma subito in una borraccia.

-Wow. Davvero brava.

-Grazie.

Lo guarda andare via, con passo stanco e lento. Scuoto la testa. Niente da fare, un ragazzo rimane un ragazzo. Non noterà un tuo cambio di look nemmeno se ti vesti da lady gaga.

Una manciata di minuti dopo tornano tutti e due, uno con un secchio grondante d'acqua e uno con una serie di lepri in mano. Nel frattempo ho trasformato un po' di cosucce in borse, altri otri da riempire e coperte per il freddo.

Riempiamo cosa c'è da riempire e carichiamo tutto in spala, dopo aver mangiucchiato in silenzio qualche mela. Nel momento della partenza, abbiamo tutti sguardi determinati e gambe pronte a camminare per molto. Ci guardiamo negli occhi.

-Si va verso nord.

space a moi

Ceh... tralasciando il titolo. NON SIETE ATTIVI. io scrvo e sto scrivendo un botto ma voi dovete essere attivi ceh. ceh. cehhhhh ora ricomincia la s... la s... non ricomincia niente e domani è Natale. Vero? OVVIO. adios.

-f

A dark soul-excapeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora