Capitolo sette

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Chris annaspò in cerca d'aria e si tirò su di scatto, facendo cigolare il letto. Angosciata, si portò le mani sul viso e si circondò le gambe con un braccio, attendendo che il cuore smettesse di correre.

Scese dal letto. Aveva combattuto per giorni l'idea di insidiarsi su quel materasso ricoperto di muffa, ma alla fine la stanchezza aveva avuto la meglio.

Annusò la maglietta che indossava e trovò incredibile la somiglianza tra il suo odore e quello di un topo morto. In quella settimana non era mai uscita e aveva avuto contatti solo con altre due persone, Masky e Kate, e se il primo si era mostrato totalmente disinteressato a lei, la seconda aveva tentato in tutti i modi di rendere impossibile il suo soggiorno all'interno dell'appartamento. Era arrivata a buttare via parte delle sue provviste dalla finestra.

Era l'alba, ma non c'era tranquillità nel complesso. Come aveva presto realizzato, la Creepyhouse non dormiva mai. Le notti erano il peggio, ma pure col sole alto nel cielo era facile sentire il rumore di come corpi che cadono, urla disperate, grida strazianti e risate psicotiche. Se provava a immaginarsi cosa potesse trovarsi in una qualsiasi camera dei piani sottostanti... no, era meglio evitare. Aveva già i suoi incubi a perseguitarla, non aveva bisogno di altro materiale.

Camminò in giro per la stanza per un po', per sgranchirsi le gambe. Si affacciò alla finestra e guardò in basso. L'avevano messa all'ultimo piano per evitare che lei scappasse. Credevano che non avrebbe avuto il coraggio di buttarsi, o forse l'Operatore l'avrebbe fermata, qualunque cosa avesse deciso di fare. L'avevano ridotta a un animale in cattività, rinchiuso in una gabbia. Quell'immagine la metteva a disagio. A metterla ancora più a disagio, però, era il fascino che quell'altezza esercitava su di lei, l'idea del vento sul viso se si fosse spostata solo qualche centimetro più in là, tutte sensazioni amplificate dal profondo senso di inettitudine che aveva causato la sua incapacità di organizzare un piano per scappare. Aveva passato ore a cercare un modo per andarsene, ma niente: non ne aveva cavato un ragno dal buco.  Rimase a contemplare il baratro, sconsolata, fino a che la porta non si aprì con un cigolio, facendola voltare.

«Wow, qui c'è puzza di cadavere».

Masky agitò teatralmente la mano davanti al naso coperto dalla maschera, sghignazzando nel frattempo. Chris gli lanciò un'occhiata indolente e alzò le spalle, prima di tornare ad appoggiarsi alla finestra.

«Tanto ci sei abituato.»

«Touché».

Masky  le si avvicinò e prese a ondeggiare pigramente, poi si appoggiò a una parete e lì rimase, i profondi occhi neri della maschera che scrutavano il suo profilo. Armeggiò con la tasca del logoro giubbino e ne estrasse un pacchetto di sigarette. Nell'altra mano teneva un accendino ricaricabile. Chris lo guardò con la coda dell'occhio e si accorse d'un tratto che non fumava dal giorno del rapimento, e che ne aveva un disperato bisogno. Si leccò le labbra, osservando Masky portarsi la sigaretta alla bocca. Strinse forte gli occhi e fu sorpresa della sua stessa, amplificata necessità.

«Me ne accendi una?», domandò nervosamente. Masky chiuse lo Zippo con uno scatto, assorto, poi lo aprì nuovamente, accompagnando il gesto con una scrollata del capo.

«Perché no?» 

Ghignando sinistramente tirò fuori una seconda sigaretta e gliela porse. Poi, visto che Chris esitava, le fece un cenno con la mano.

«Che stai aspettando? Me l'hai chiesta tu».

Chris si avvicinò, titubante, sicura che all'ultimo il Proxy gliel'avrebbe sottratta da sotto il naso o, peggio, che le avrebbe spento la sua addosso. Allungò la mano e afferrò la sigaretta con uno scatto.

Se la portò alle labbra e si allontanò per istinto quando Masky le si avvicinò. Masky sembrò sorpreso e, almeno in parte, scontento. 

«Come fai a fumarla se non te l'accendo?» 

Defeated God || Ticci TobyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora