𝑃𝑟𝑜𝑙𝑜𝑔𝑜

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«Ryū»

Il ragazzo continuò quello che stava facendo, ovvero sistemare la spesa nella credenza mentre la sorella si sedette su uno degli sgabelli neri vicino l'isola.

Con timore Gin cominciò a giocherellare con una scatola di cereali, i suoi preferiti, mentre pensava alle parole da usare per parlare con il fratello.
«Come è andata la giornata?»chiese ridacchiando nervosamente subito dopo, guardando amareggiata la mascherina poggiata sul piano in quarzo.

«Il solito» rispose indifferente il fratello, chiudendo la dispensa e girandosi, appoggiandosi al lungo mobile della cucina con le mani e con la schiena.
«Che devi chiedermi Gin?»

La sorella rabbrividì, non ci aveva messo niente a scoprirla.
«T-ti volevo parlare di una cosa...»

Ryūnosuke incrociò le braccia e inclinò la testa, aspettando di sentire le parole della sorella.
Lei posò la scatola di cereali e sospirò, guardando quegli occhi simili ai propri.
«Voglio lasciare la Port mafia»

Improvvisamente tutto si fece più pesante per Ryū e leggero per Gin.
Era da un paio di mesi che la ragazza ci pensava ed era contenta di averlo finalmente detto.
Al contrario, a Ryū era appena caduto il mondo addosso.
Sentiva che l'aria che prima respirava tanto tranquillamente stava diventando sempre più pesante e che il soffitto e il pavimento lo stavano per schiacciare.

Strinse la presa sul mobile con entrambe le mani.
«Cosa stai dicendo Gin?»
Lei lo guardò preoccupata e si alzò in piedi, avvicinandosi, suono che alle orecchie del ragazzo sembrava amplificato.

«Sto dicendo che non è questa la vita che voglio, Ryū.
Voglio essere felice, voglio che tu, sia felice, ma per farlo dobbiamo mollare»
Disse con fare apprensivo, mettendo una mano sul braccio del fratello.
Lui alzò lo sguardo e quando Gin vide gli occhi di suo fratello pieni di rabbia e tristezza, quasi si commosse.

«Non c'è niente per te o per me fuori dalla mafia, Gin.
Per la società noi non esistiamo più, o meglio tu non esisti più.
Io sono ricercato» sputò amaro, cercando di far tornare in sé la sorella.

Lei scosse il capo, sorridendo.
«Ci creeremo nuove identità! Abbiamo i soldi della mafia e possiamo comprarci anche dei titoli di studio falsi. Tu sei ricercato qui, perciò possiamo andare in un altro pae-»
«Smettila Gin» sussurrò Ryū, stringendo ancora di più la presa sul bancone.
La ragazza intanto continuava a parlare ma lui non la ascoltava più, ogni sua parola dava speranze che Ryū sapeva essere in realtà, solo coltellate nel cuore.

«BASTA» Sbattè il pugno sul mobile della cucina, interrompendo il parlare della sorella, che lo guardò mortificata.
«Cosa sappiamo fare oltre ad uccidere? Tu forse una possibilità ce l'hai, ma io no. Quindi se vuoi lasciare la Port Mafia fallo. Però dovrai lasciarti anche me alle spalle e se è davvero quello che vuoi non ti fermerò»
Il ragazzo prese il cappotto che usava per andare in giro senza essere riconosciuto e gli occhiali, poi uscì di casa, sbattendo la porta.

Delle calde lacrime cominciarono a offuscare la vista di Gin che si stropicciò gli occhi, singhiozzando piano, come se qualcuno potesse sentirla.
Piano piano le forze cominciarono a mancarle e cadde in ginocchio a terra ancora piangente. Era stata egoista? Si chiedeva.
Quella volta non c'era suo fratello a consolarla e quello fu davvero il suo peggior pianto.

Attenzione: i fatti narrati d'ora in poi sono solo mie teorie, non so se le cose sono andate davvero così.

Akutagawa camminava, non pensando veramente a dove stava andando.
In testa aveva solo sua sorella, il fatto che potesse abbandonarlo.
Dopo tutto quello che aveva fatto per lei, l'unica persona di cui gli importava qualcosa non poteva abbandonarlo.
Non lo poteva fare anche lei.
Gin non era così meschina.

Dalla morte dei genitori, Ryū si era sempre occupato della sorella.
Vivevano per strada e per vivere principalmente, il piccolo Ryū spacciava droga o rapinava le persone, minacciandole o uccidendole con la sua abilità.
Aveva sopportato di tutto per poter portare del cibo a Gin, spesso le dava anche la sua porzione.
Era la sua sorellina e l'avrebbe protetta anche a costo della vita, ma di certo non poteva impedirle di vivere la sua, di vita.

Pensò ad un'esistenza senza Gin.
E la verità era che sarebbe stato tutto ancora più insulso di quanto lo era già.
Sentì gli occhi pizzicare e come un campanello d'allarme, girò di scatto la testa cercando un posto nascosto dove nessuno lo avrebbe visto.

Proprio alla destra del marciapiede dove stava camminando, c'era un vicolo.
Esitò un attimo prima di entrarci, camminando poi per una svariata di metri.
Il vicolo era buio, c'erano due bidoni dell'immondizia e lui si andò a mettere pochi metri più lontano del secondo, appoggiato al muro.

Cos'era, un moccioso? Non doveva piangere e non poteva nascondersi in un vicolo per farlo.
Fece un sospiro tremolante e qualche lacrima cominciò a rigargli la guancia.
Si tolse gli occhiali e li ripose in una delle tasche del giaccone, poi si portò una mano sul volto, nascondendone metà e strinse gli occhi.
Si rifiutava di singhiozzare, ma non riusciva a trattenere i sospiri ogni volta che tratteneva il fiato.

Se Gin lo avesse davvero abbandonato? Sarebbe stato totalmente solo. Non voleva provare di nuovo quella sensazione.
Per quanto fosse scontroso, violento, cattivo, Ryū non voleva essere solo. Gli bastava che ci fosse sua sorella con lui, non voleva nessun altro.

Tuttavia il rumore di una lattina di alluminio schiacciata gli fece sgranare gli occhi.
Si rimise velocemente gli occhiali e si preparò ad usare l'abilità.
«Chi c'è?»
Ci furono pochi secondi di totale silenzio, poi da dietro il primo bidone si sentì un'imprecazione e timidamente sbucò fuori la testa di Atsushi, l'ultima persona che Akutagawa desiderava vedere.
Non gli diede neanche il tempo di apparire totalmente dal bidone che gli diede le spalle.
«Sparisci»

Atsushi ignorò la richiesta dell'altro e si avvicinò minacciosamente.
«Ho sentito piangere, non ti permetterò di ammazzare qualcuno così vicino all'agenzia» ringhiò l'albino, evocando un braccio da tigre.

Akutagawa spalancò di poco la bocca dalla sorpresa, anche se la tigre non poteva vederlo poiché era di spalle. Non si era accorto di essere vicino all'agenzia, aveva camminato a caso.
«Qui ci sono solo io. Sparisci» ripetè cominciando a spazientirsi.

Atsushi guardò nel vicolo, constatando che effettivamente l'altro ragazzo era solo.
Sgranò gli occhi e spalancò la bocca, quasi cadde stando fermo.
«Aspetta-
Tu stai...»

Non riuscì a finire poiché dal cappotto di Akutagawa uscì la sua abilità che si scagliò con ferocia verso la tigre che la evitò, saltando su ambedue i muri nel vicolo mentre questa lo inseguiva furente.

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A domani con il primo capitolo :3
Avviso già che gli aggiornamenti dal capitolo cinque in poi saranno un po' più lenti.

𝗡𝗼𝗻 è amore - Shin Soukoku Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora