6 𝑂 𝑒̀ 𝑜𝑑𝑖𝑜 𝑜...

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«Più veloce Dazai-San!»
Il ragazzo teneva stretto il tessuto con entrambe le mani mentre il più grande faceva come gli era stato detto.

Atsushi si mordicchiò il labbro iniziando a tamburellare con le dita sul suo posto mentre continuava a spostare lo sguardo ovunque, in preda all'euforia.
«Dazai-San per favore!» mugolò il più piccolo, voltandosi a guardarlo.

«Atsushi-kun sto già andando a centoventi all'ora, rischiamo di ammazzare qualcuno se vado più veloce di così!»
Il moro girò bruscamente il volante facendo spiaccicare Atsushi contro il vetro del finestrino.
che avevate pensato monelli?( ͡° ͜ʖ ͡°)

Il ragazzino non riusciva più a trattenere l'ansia, doveva assolutamente fermarlo o sarebbe stata la fine per lui.

«Atsushi-kun~!
Vuoi dirmi come mai sono giorni che tieni il broncio?» chiese Dazai in modo puerile, facendo girare i resti di Atsushi verso di lui.
I suoi occhi erano meno vividi del solito, meno luccicanti e questo si poteva notare da qualche giorno ormai. Fece un sorriso provando a rassicurare il senpai, dicendogli che non era nulla e che ultimamente non era riuscito a dormire bene.

Dazai sospirò scuotendo la testa, poi si sedette sulla scrivania dell'altro, inclinando la testa.
"Atsushi-kun sono un detective ho già capito cosa ti è successo, speravo solo che tu ne volessi parlare con me"
Atsushi si irrigidì come un pezzo di ghiaccio, lasciando lo sguardo fisso davanti a sé.
I suoi sensi di colpa erano aumentati notevolmente in quei pochi giorni.

Non aveva più visto Akutagawa ma molte persone purtroppo sì.
Ormai giravano voci, sulle pagine di cronaca nera, in agenzia e in giro, riguardanti il cane rabbioso della port mafia che faceva stragi ovunque andasse.
Lui non poteva saperlo, ma il ragazzo era talmente irato che nessuno alla mafia aveva il coraggio di parlargli, se non Gin e Mori, il quale però non era particolarmente interessato al suo stato d'animo.
Persino Higuchi aveva preso le distanze da lui, l'aveva minacciata di morte più volte in quel periodo.

Atsushi sospirò, poi guardò i caldi occhi color cioccolato dell'altro e cominciò a raccontare...

«Quanto manca?» chiese velocemente il moro, svoltando nuovamente a un semaforo rosso e beccandosi insulti da chiunque nel raggio di un chilometro.
Atsushi guardò l'orologio da taschino dorato che il più grande spesso usava in missione.
«Mancano sette minuti all'incirca»

Dazai pressò il piede sull'acceleratore facendo andare ancor più nel panico il passeggero mentre abbastanza lontane, molte macchine della polizia e dell'agenzia li seguivano.
L'albino deglutì mettendosi poi una mano sulla faccia come per togliere tutto lo stress accumulato, fallendo.

«Mh... Capisco» disse semplicemente Osamu con un dito sul mento e lo sguardo alto.
Atsushi aveva fatto fatica a raccontare all'altro tutto quello che era successo, ma sorprendendosi era riuscito persino a non piangere e ad arrossire relativamente poche volte.

«Capisco il tuo senso di colpa, ma davvero, non devi provarne» iniziò il castano, alzandosi dalla scrivania con leggiadria.
«Hai un pochino esagerato con l'ombrello, ma capisco che potevano esserci doppi fini nelle tue azioni.
Il problema non era l'ombrello ma ciò che rappresentava, ovvero il suo lato da criminale a sangue freddo.
Devi capire però che quel lato, fa parte di lui e che almeno per ora tu non lo puoi cambiare.
Certo, amputarti una mano non era il modo migliore per esprimere il suo disappunto ma Akutagawa-kun è fatto così"

Atsushi abbassò lo sguardo.
«Quindi io dovrei sopportare amputazioni continue per il resto della vita?» chiese il più piccolo un po' per sdrammatizzare, un po' per ironia.

𝗡𝗼𝗻 è amore - Shin Soukoku Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora