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A quell'epoca tutti si chiedevano come mai Emily Smith avesse sposato Adam Scott.

Come una brava ragazza, si fosse innamorata di un mafioso. Eppure, nonostante le malelingue, il loro era un amore vero.

Quello che supera tutti i confini, di cui la gente sparla, di cui gli occhi brillano. E da quell'amore vero, così puro e unico, nacque un bimba. L'essenza stessa del loro amore.

Aveva i capelli marroni, semplici e lucenti,come la madre. Degli occhi marroni immensi, con striature verdi come il padre. E delle labbra molto carnose, piene e rose, come una mela appena sbocciata.

Era la loro felicità, la loro piccola Mon. Adam promise a ste stesso, nell'istante in cui le sue braccia toccaro quel piccolo corpo, che avrebbe fatto di tutto per vedere sorridere sempre quella bambina, anche nei momenti peggiori.

Che l'avrebbe salvata sempre, da ogni incubo o paura, soprattutto quando una malattia portò via Emily dalla loro vita.

Mon era così piccola, docile, ma abbastanza intelligente da capire che la sua mamma non sarebbe tornata. Che non era come quando un giocattolo si rompeva, ora non si poteva aggiustare. L'aveva persa per sempre, proprio quando aveva bisogno di lei.

Però lei capiva, capiva che quando il padre parlava con quei signori dalle espressioni brute, lei doveva sparire da quella stanza.

Ma, nonostante lei facesse la 'forte', vedeva suo padre perdere la sua vivacità. Lui cercava in ogni modo di sorridere per la sua piccola, sprecando le sue energie negli "affari", di distrarsi, di non avere un unico pensiero, ma era stanco.

Per questo un mese dalla morte della moglie, decise di trovare un altro boss, un braccio destro, un fratello:

Edward Wilson.

Edward aveva due figli: Jack di 14 anni e Rush di 6. Era un colpo di fortuna che i ragazzi fossero così piccoli, perché quando Mon vide quei bambini si illuminò, regalando un minuto si spensieratezza a suo padre.

Aveva trovato due nuovi amici, due persone che non gli avrebbero ricordato costantemente di aver perso sua madre. A 5 anni era quello che le interessava di più: avere degli amici. Non le importava il loro aspetto, voleva solo giocare, ridere, sentirsi una bambina.

Jack, quando vide quella bambina, sorrise veramente dopo tanto tempo. Era bellissima e vederla gli riscaldava il cuore, come se avesse ritrovato una pace persa.

Al contrario, Rush pensò che fosse un altro problema, una rompiscatole che le avrebbe incasinato la vita e così fu.

Jack a 18 anni incominciò a lavorare con il padre e da quel momento, fino ai 23 anni, fu considerato il braccio destro della 'famiglia'.

Rush aveva  solo 15 anni, ed era diventato quello che tutti si aspettavano: Un menefreghista, tranne nei confronti di Mon, che considerava la sua migliore amica, una sorella.

Anche a scuola la difendeva in continuazione. Lei non aveva molti amici per colpa del suo cognome, ma aveva lui e ammirava che la difendesse, che ci tenesse così tanto a lei.

Mon sapeva anche che Rush per lei non era più solo il suo migliore amico, era molto di più. Per certi versi, era la sua prima e vera cotta.

Adorava i suoi occhi verdi e i capelli marroni, sempre in disordine che gli coprivano il viso.

Ma tutto questo cessò quando in quella scuola arrivo Anne Loret, che le portò via l'unica ragione per cui lei riusciva ancora a sorridere dopo la morte della madre.

Il suo amato Rush.

Fu strano come accadde tutto ciò, in un mercoledì come tanti. Quando si vedevano per vedere un film in salone.

Lei andò nella villa accanto alla sua per chiamarlo, in quanto era in ritardo come sempre. Non suonò, ma entrò direttamente.

E in quel momento volle sprofondare nell'oblio.

Anne era sotto di lui, mentre lui la baciava come se il tempo non avesse fine.

Una fitta e un fremito percossero il corpo esile di Mon e la portarono a scappare in casa sua.

Andò a sbattere contro Jack, che cercò di calmarla. Lei voleva solo scappare da quel dolore lancinante.

-Jack fa male.- disse Mon.

-Cosa piccola?- chiese Jack guardandola negli occhi.

Lei l'osservò. Era uguale al fratello, almeno per gli occhi. Solo i capelli li distinguevano, Jack li aveva neri.

-Qui.- disse indicando il cuore.

Lui l'abbracciò forte cercando di trasmetterle i suoi sentimenti in quel abbraccio. Si, poteva sembrare un maniaco, ma amava quella piccola creatura più della sua stessa vita.

-Devo parlare con papà.- disse Mon asciugandosi le lacrime.

Lui annuì e la prese per mano portandola nello studio. Aprì la porta e lei corse dentro abbracciando il padre.

-Voglio andare via da new York, papà. Voglio tornare dove hai conosciuto la mamma. A Boston.-

My next mistake-The Mafia TrilogyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora