59- Hall of fame.

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I piedi di quattro omoni muniti di giacca e cravatta battevano sul suolo in perfetta sincronizzazione. Nervosi, ansiosi e particolarmente curiosi di vedere arrivare le loro dame. Sapevano benissimo di doversi aspettare una bellezza che superava di gran lunga la perfezione, erano a conoscenza tutti che sicuramente avrebbero fatto la figura dei pesci lessi, con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite, nonostante ciò, si atteggiavano a uomini vissuti fingendo una calma ostentata che non avrebbe convinto nemmeno Joelle. E quando una macchina che aveva tutta l'aria di essere guidata dalla spigliata Indiana provvista di tacchi troppo alti, i loro sguardi scattarono sull'auto con una velocità impressionante, tanto da farli sembrare dei bambini in attesa di aprire i regali di Natale.

Il primo a strabuzzare gli occhi come un ragazzino fu Jonathan, che non appena posò il suo sguardo glaciale sulla figura di Daphne stretta in un lungo vestito azzurro tanto quanto le sue iridi, non perse tempo ad avanzare verso di lei e posare le mani su di lei; le spalle, le braccia, le mani e subito in risalita sul collo. Una visuale paradisiaca che lui ebbe bisogno di toccare per sincerarsi che fosse vera e non solo una stupida proiezione del suo stato mentale. Era bella la sua ninfa, una bellezza che non sfociava nella superbia o nell'arroganza, tutt'altro. Lei si avvalorava sempre di quel sorriso angelico, a tratti irreale, che la faceva sembrare una dea a tutti gli effetti e dal quale lui, povero uomo, non riusciva a scappare.

«Sei bellissima.» solo quelle semplici parole fu capace di titare fuori, già pronto a portare una delle sue mani sul ventre rotondo, messo in risalto ancor di più dal vestito aderente.

«Anche tu non sei niente male.» sorrise divertita, consapevole che il suo Jon era di una bellezza micidiale in quello smoking dal taglio sbarazzino e confuso. Non si sarebbe aspettata niente di diverso dai suoi capelli spettinati. Lui e basta. La felicità.

Altrettanto, poco distante da loro, c'era un Joe in completa adorazione per il suo angelo dalle ali nascoste e la luce negli occhi scuri. Non aveva fatto altro che osservare rapito ogni sua movenza, ogni piccolo pezzetto di pelle lasciato fuori da quel vestito chiaro. Era di un'eleganza che lo stava stregando, dandogli la conferma ancora una volta che la sua dolce Allison fosse una cratura sovrannaturale, angelica e capace di portarlo in paradiso con una sola occhiata buona. Le si avvicinò le le sfiorò le spalle con le proprie dita, lentamente, per timore che sparisse da un momento all'altro e lui potesse risvegliarsi da un sogno lungo un secolo, senza di lei a stringere quell'unione di mani strette. Innamorato perso, lo era completamente e senza rimpianti.

«Non so se devo ringraziare Dio per averti incontrata, ma giuro che mi prostrerò ai suoi piedi se mi lascerà vivere al tuo fianco sempre.» dolce e romantico come pochi esseri al mondo, ancora una volta la stupì con la sua innata dolcezza e le labbra morbide sulle proprie.

«Joe...» un sussurro innamorato, perso nei meandri del suo cuore colmo di lui. «Sono così felice di stare qui con te!» la sincerità impressa nelle sue iridi e nel sorriso che riservò solo a lui, l'amore vero in un mondo ricco di falsità. Vero come l'abbraccio in cui lui la strinse per avviarsi.

Se c'era qualcuno che non riusciva ad esprimere parola alcuna, quello era Colby Lopez. Da quando Lily era scesa da quella macchina, lui non aveva fatto altro che saggiarsi di ogni piccolo frammento di lei. Si stava nutrendo di quella pelle bianco latte tanto quanto il vestito che portava addosso, sentendo il cuore battere all'impazzata ed il sangue scorrere velocemente in ogni parte del corpo. Per la prima volta lei si muoveva con ostentata sicurezza, lo guardava negli occhi con malizia e sensualità e lui fu costretto a soccombere tra le sue grinfie di donna dannata, tanto che fu sicuro di avere già le vertigini. Le sue iridi scure scesero lungo il profondo spacco e immediatamente avvertì il bisogno ansante di toccare la sua pelle immacolata, sporcata solo dalle proprie mani desiderose di plasmarla a loro piacimento; un angelo sceso all'inferno per torturare il diavolo in persona.

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