capitolo sei: LA STAZIONE DI POLIZIA

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Samantha non era mai stata così felice di andare al lavoro.

Non era ancora riuscita a parlare con Alex, l'aveva evitata per tutta la mattina, e la cosa iniziava a farla innervosire. La ragazza avrebbe potuto lasciar correre quella stupida discussione sul banco, soprattutto dopo aver visto che genere di stronzo fosse Billy Hargrove, ma la reazione del suo fidanzato iniziava ad essere tragicamente imbarazzante. Alla fine a Sam non sembrava di aver fatto nulla di male se non lottare per quello che era suo. Se Alex voleva incolpare qualcuno,quello doveva essere Hargrove.

Al solo pensiero le guance di Sam presero fuoco per la rabbia e quasi ruppe il lucchetto della catena della bici per la veemenza con cui lo fece scattare.

Se quel pallone gonfiato californiano si fosse limitato a fare ciò che chiunque altro avrebbe fatto, ovvero scusarsi e lasciarle quel maledetto banco, niente di tutto questo sarebbe successo: lei non avrebbe litigato con Alex, a mensa non avrebbe dovuto difendersi dalle frecciatine di Tina e del suo gruppetto e non avrebbe ricevuto avvertimenti criptici da studentesse nervose a cui piaceva un po' troppo il mistero.

"Quello stronzo..." lo maledì frai denti, aprendo la porta della stazione di polizia.

Ad accoglierla c'era sempre lo stesso odore: fondi di caffé bruciato e il lieve sentore d'inchiostro su carta. Se si faceva attenzione, si poteva avvertire anche una punta di fumo di sigaretta, nota che ormai Sam conosceva bene, e che poteva significare solo una cosa: la presenza di Hopper.

"Ehi Sam" la salutò Callahan dalla scrivania non appena mise piede all'interno dell'edificio.

La sala comune era soffocante, documenti, scrivanie e persone erano stipati all'interno della stanza incastrati come tessere di Tetris. Ma tutto sommato era un posto accogliente, non come le fredde stazioni di polizia di Chicago.  Sam c'era stata una sola volta, seduta fuori alla stanza interrogatori assieme a suo fratello, mentre aspettavano che il padre finisse la sua deposizione. Ma scacciò il ricordo, là dove soffocava qualsiasi evento spiacevole, in una porta lontana della sua mente, della quale ogni volta gettava la chiave.

No Hawkins non era come Chicago. Non c'era molto da fare vista la praticamente assente attività criminale. Gran parte delle sue ore lavorative, Sam le passava a ricevere telefonate per gatti smarriti o vicini troppo rumorosi, riordinare i rapporti negli scatoloni da riporre in archivio o giocare a carte con i poliziotti non impegnati nelle pattuglie nei pomeriggi più noiosi.

Era un lavoro tranquillo che le permetteva di mettere qualche dollaro da parte per togliersi qualche sfizio e mettere qualcosa da parte una volta finiti gli studi, per cosa ancora non lo sapeva, ma un fondo faceva sempre comodo.

"Ehi Cal, giornata di duro lavoro, vedo" lo prese in giro Samantha, indicando con la testa la confezione di ciambelle ormai praticamente vuota a fianco dell'ufficiale.

Powell si fece avanti, appoggiandosi alla scrivania del collega, afferrò una ciambella scuotendola sotto al naso di Sam e spargendo glassa sul pavimento "Ce le siamo meritate queste, abbiamo camminato per ettari interi stamattina in quel campo di zucche" tirò un morso al dolce, prima di indicare con le dita ancora ricoperte di zucchero la suola delle scarpe "ho questa roba attaccata ovunque" Powell sollevò le sopracciglia, guardandola serio "e quando dico ovunque, intendo davvero ovunque".

Sam abbassò lo sguardo seguendo la direzione indicata da Powell e non riuscì a nascondere il suo disgusto. Intorno alla suola degli stivaletti d'ordinanza del poliziotto era attaccata quella che sembrava essere muffa, o almeno,ne condivideva i colori. La consistenza appariva appiccicosa e flaccida, ma a Sam non sfiorò nemmeno l'idea di toccarla per constatarlo, e l'odore era acre, pungente, come qualcosa di andato amale.

𝕥𝕙𝕦𝕟𝕕𝕖𝕣𝕤𝕥𝕣𝕦𝕔𝕜 ꡶꡶ ʙɪʟʟʏ ʜᴀʀɢʀᴏᴠᴇDove le storie prendono vita. Scoprilo ora