Febbraio 2014, di nuovo in tour

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Sono in tournée, la seconda della mia carriera, domani si parte con la prima data: Firenze. La serata è appena iniziata e cerco di non pensare troppo ma sotto sotto mi sento strano, forse è solo che il tour è un po' un mondo a sé e ci vogliono un paio di date per entrarci dentro con la testa. Del resto, ho passato l'ultimo anno e mezzo a scrivere il disco e a preparare questa tournée ed è normale che non mi senta più come quando da ragazzino facevo serate qua e là senza allontanarmi mai veramente dal palco. Poi quest'anno è pure diverso per come abbiamo organizzato le date e tutto, il primo tour è stato più promozionale che altro, nel senso che il disco è uscito a gennaio e neanche un mese dopo eravamo già in giro per l'Italia; ma lì l'obbiettivo è farsi conoscere, far sentire il disco. Io ero la novità,  non ero famoso più di tanto e quindi non ci si aspettava chissà quanta gente ai concerti; si va in tournée ed è soprattutto un modo per far parlare del disco, che ci mette comunque un po' a farsi digerire. Infatti la mia crescita è avvenuta dopo. Quest'anno invece abbiamo fatto uscire l'album a ottobre, e ci siamo presi dei mesi per preparare le date, abbiamo annunciato a novembre 2013 che il tour sarebbe iniziato a febbraio 2014.

Ma ora basta star qui a farmi le solite paranoie pre concerto, domani saremo a Firenze e la serata è appena cominciata. La cosa che mi va adesso è godermela.

Sono a casa, ancora nel letto, ieri sera mi sono stonato di brutto e sto cercandi di riprendermi dalla sberla quando sento il cellulare,  minchia! È l'autista che mi aspetta di sotto col furgone, sono le 10,40 del mattino e dovremmo già essere in viaggio per Firenze. Colto alla sprovvista metto a caso nella borsa mezzo armadio e raggiungo gli altri.

Per il tour quest'anno siamo un po' pettinati, nel senso che abbiamo deciso di prenderci un furgone più fighetto coi vetri scuri e tutto, così ce ne stiamo comodi mentre percorriamo l'A1 verso la prima data. Siamo io, il mio manager Zanna, Giso che farà le doppie, Clark P che canta gli incisi con me, dj Telaviv che sincronizza musica, video e i vari effetti, e i miei due tour manager: Luca e Mohamed, che oltre a far parte della squadra è anche un amico d'infanzia, è come un fratello per me.

Quando sei in tour e ti fai un concerto e una città diversi uno dietro l'altro è tutto piuttosto frenetico, io poi sono sempre tirato, molto spesso arrivo in hotel e ho giusto il tempo di farmi una doccia e vestirmi. Quando invece si arriva prima, di solito dormo un po'. Alle sei si fa il sound check, diamo un ultima controllata a tutto, si sistemano i suoni, le luci e via dicendo. Poi, anche se ci sarebbe il tempo, io non mangio mai prima, tanto non riuscirei a godermelo perché ho sempre lo stomaco chiuso - penso sia normale continuare a sentire la tensione anche quando dovresti averci fatto l'abitudine - mentre l'adrenalina sale e mi preparo ad andare sul palco, sempre in compagnia delle mie paranoie varie da tour.

Per prepararmi cerco di non pensare a niente, di non sprecare neanche un briciolo di energia, zero proprio. Voglio che il mio corpo sia concentrato sull'obbiettivo, il mio corpo deve pensare a cantare e basta, non deve impiegare energia a fare altro. E non si tratta di tecniche, quelle non le ho proprio, infatti mi va sempre giù la voce: si tratta solo di sapere che devi essere al cento per cento.

Prima di salire sul palco i ragazzi della mia squadra fanno l'apertura, suonano cinque o sei pezzi per scaldare l'atmosfera, i videowall sono spenti e la musica è un po' più bassa per rendere maggiore l'impatto quando salirò io.

Mentre suonano li ascolto e cerco sempre di capire che tipo di serata sarà. Io non vedo il pubblico fino a quando non salgo sul palco, non posso farmi sgamare, quindi chiedo a Moh o a Zanna di fare una foto e mostrarmela.

Appena i ragazzi tornano giù dal palco, chiedo sempre:《Com'è? Gente ce n'è? Sono carichi o mosci?》. Quando sarà un seratone me ne accorgo ancor prima di chiedere a loro, basta sentire il casino che fa la gente quando li vede salire.

Siamo pronti, Luca ci porta i microfoni e ci avvisa che sono accesi.《Niente bestemmie e cazzate, i microfoni sono aperti》, perché il pubblico sente quello che dici se parli col microfono vicino alla bocca.

Io, Giso e Clark ci guardiamo e ci diamo il pugno, non diciamo niente tanto non ce n'è bisogno e anche volendo, con il casino che c'è là fuori, è impossibile parlare.

Tre, due, uno... 《Su 'ste cazzo di mani, raga!》

Vengo assalito da un urlo, nonostante la musica sia a un volume che spacca i timpani, le mani si muovono e sento gli occhi di tutti su di me. Guardo i volti più solari dei ragazzi sotto il palco e provo a concentrarmi sullo show.

Suono per novanta minuti circa e quando ho finito sono distrutto, pieno di dolori e adrenalina, sudato fradicio. Se la serata è stata epica, guardo Telaviv e Giso e dico sempre la stessa cosa:《Chi l'avrebbe mai detto,  quella sera, in quel locale di merda, che saremmo arrivati qui》. Mi riferisco a qualche serata marcia fatta anni prima che diventassi famoso, quando ancora non avevo dei fan, gli impianti facevano cagare così come i palchi. E forse anche noi.

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