Il king è mio papà

511 10 1
                                    

È un po' che ve ne voglio parlare ma continuo a rimandare perché non so da dove cominciare. Diciamo che mio padre era un uomo strambo, talvolta incomprensibile, con problemi reali, ma io non l'ho mai considerato un nemico, né ho mai desiderato che fosse diverso da com'era. Immagino che per mia madre non sia stato un compagno semplicissimo, ma per me è stato un genitore eccezionale. In tutto quello che ha fatto, nel bene e nel male.

Non ho alcuna intenzione di scrivere piagnucolando che sono nato povero o che ho sofferto tanto, perché io la mia infanzia l'ho vissuta così: i miei hanno fatto di tutto perché non mi mancasse nulla.

E ci sono sempre riusciti.

Mio padre è uno che si è indebitato per due anni perché io avessi il motorino come gli altri ragazzini. E mia madre si è spaccata il culo tutta la vita perché io potessi andare in giro in ordine, mangiassi, avessi i libri per la scuola. I miei sono stati un esempio di amore totale per un figlio, questa è la prima cosa che voglio dire di loro.

Mio padre era un musicista, un uomo colto, uno che ha viaggiato e si è diplomato al Conservatorio. Si è divertito un mondo, si è messo spesso nei guai e ha fatto un sacco di cazzate. A Vimercate lo chiamavano il Maestro e, anche se era un po' matto, piaceva a tutti e veniva rispettato. Suonava il piano, Liszt, Brahms, Beethoven e cose così, ed era davvero bravo, ci sapeva fare.

Un'altra cosa che ricordo molto chiaramente di lui è che era proprio libero e se ne sbatteva di tutto e di tutti.

《Ma il papà?》

《Non c'è.》

《Ma quando torna? Stasera?》

《Domani.》

《Sicura?》

《Sicura.》

Da piccolo ricordo che spesso scompariva. Anche da grande, ma a quel punto me ne ero fatta una ragione ed era diventata una cosa normale, come tante altre. Dall'oggi al domani non lo vedevo più. Ricordo che con mia madre stavamo ad aspettare che si facesse vivo o, come succedeva più spesso, che qualcuno ci chiamasse per raccontarci che aveva combinato una delle sue cazzate o che l'aveva visto da qualche parte. Non ho neanche mai saputo dove dormisse quando spariva per due, tre giorni...

A Vimercate c'era un grande amico di mio padre che tutti chiamavano l'"Architetto". Un tizio molto forte nel suo lavoro ma completamente fuori nella vita. Quello lo cercava, veniva sempre a chiamarlo come un ragazzino e, siccome aveva i soldi per farlo, credo fosse anche il finanziatore delle varie cazzate di mio padre, droghe comprese.

Quand'ero piccolo, l'Architetto mi portava a pescare, gli volevo bene e tuttora gli sono affezionato, ma ogni tanto lo incontro e penso che vorrei menarlo. Comunque, questi sono discorsi inutili perché di sicuro, se non ci fosse stato l'Architetto, mio padre avrebbe trovato qualcun altro.

Quando scompariva, in casa si passavano giorni senza sapere nulla. Poi, di punto in bianco, arrivava la telefonata: qualcuno l'aveva visto. E aveva qualcosa di assurdo da raccontarci, di solito talmente assurdo che si finiva per riderci sopra e non farne una tragedia. 

《Sì, l'ho visto.》

《Sta bene?》chiedeva preoccupata mia madre.

《Sì, sì, sta bene. Stiamo cercando di farlo ragionare e portarlo a casa.》

《In che senso, cosa sta facendo? Ha bevuto?》

《No, non credo. Però...》

Una volta, ad esempio, ci hanno chiamato e abbiamo trovato mio padre in mezzo alla statale, in boxer e maglietta, con i piedi sulla riga bianca a dirigere il traffico. Provate a immaginare la scena: strada statale che esce da Vimercate, Brianza profonda, tir che sfrecciano a tutte le ore, e lui dirigeva il traffico in mutande.

Un'altra volta era in piazza, a Vimercate, intento a cantare Faccetta nera. In loop, finiva e poi ricominciava dall'inizio.

Faccetta nera
bell'abissina
aspetta e spera
che già l'ora si avvicina.

Mio padre votava l'Ulivo, era comunista, ma in quel momento sentiva di dover cantare Faccetta nera nel centro storico di Vimercate.

Oppure ricordo quella volta in cui ci dissero che l'avevano visto con la Panda tutta sporca di fango e con delle pannocchie dentro il tergicristallo perché chissà dove minchia si era andato a infilare. Insomma, tutte cose così.

Poi spesso succedeva che gli sbirri lo prendevano e lo portavano dritto in ospedale, allora mia nonna veniva da me e mi diceva:《Emi, guarda abbiamo notizie di tuo papà. È all'ospedale》.

Nei periodi in cui era ricoverato, mio padre mi chiamava sempre la sera, e quasi facevo fatica a capire quello che diceva perché era sedato pesantemente. Poi a una certa se ne usciva con frasi tipo:《Settimana prossima torno a casa》. E, cazzo, ci veniva davvero a casa.

Nonostante tutta la follia e le cazzate, sapevo che, quando mi diceva《tra una settimana vengo a casa》, sarebbe arrivato.

Mio padre è stato tutta la vita uno che, per un po',mi veniva a prendere a scuola, cosa fai, dove andiamo, facciamo un giro, e io ero contento. Poi cominciavi a vederlo con l'Architetto e iniziava a dire cose come《a maggio faccio un concerto》, a stare sveglio tutta la notte a suonare tutto il tempo senza fermarsi: vedevo la luce di casa sua sempre accesa e mi dicevo che stavano tornando i problemi.

Più ancora della luce sempre accesa, il segnale che mio padre non stava bene era quando iniziava a indossare gli occhiali da vista e l'impermeabile. Se lo vedevamo così, voleva dire che era entrato in una fase no che sarebbe finita senza possibilità di scampo in ospedale, al reparto psichiatrico.

Ce lo ripetevamo con mia madre.

《Hai visto?》diceva lei,《ha l'impermeabile.》

《Anche gli occhiali》aggiungevo io.

A quel punto ci guardavamo, bon, eravamo fottuti.

Con addosso l'impermeabile, improvvisamente papà diventava severo con me. Da che c'era questo amore incondizionato, mi difendeva se andavo male a scuola, era paziente, mi giustificava per qualsiasi cazzata, ecco che invece diventava duro. Entrava in casa con il cappello, gli veniva un'aria inquieta e si vedeva che era troppo serio. Che so, mi diceva《alle 20 vieni da me》, io arrivavo alle 19,57 e lui mi urlava di andarmene perché ero in anticipo. Io non sapevo mai cosa rispondergli, ma ormai avevo capito che non c'era nulla da fare, che molto probabilmente presto sarebbe tornato in ospedale e per un po' non l'avrei rivisto.

Mio padre è stato uno di quei classici talenti buttati, probabilmente avrebbe anche potuto campare della sua musica ma non aveva la testa per farlo. Aveva ricevuto la pensione d'invalidità molto giovane per via dei suoi problemi psicologici, nel senso che era bipolare e per tutta la vita aveva avuto dei periodi up e dei periodi down in cui doveva essere ricoverato perché stava malissimo e non era più in grado di andare avanti senza cure. Era però anche uno di quelli che in qualche modo sanno sempre arrangiarsi; quando faceva i quadri, ad esempio, c'era sempre qualcuno disposto a comprarli.

Ricordo che una volta ha bruciato una tenda e ci ha fatto qualche trattamento alla Damien Hirst o un taglio come nelle tele di Fontana. L'ha venduta a poco per poi scoprire che un tizio, in Australia, con una cosa simile anni dopo era diventato ricco.

Mio padre in genere se ne sbatteva di queste cose, ma quella volta l'ha presa molto male. A dire il vero, se anche avesse guadagnato un pacco di soldi non rieaco neanche a immaginare cosa sarebbe successo: non me lo vedo a metterli in banca o a investirli in buoni del tesoro.

Per me, comunque, il fatto che non avesse un vero lavoro al di fuori di qualche concerto e qualche lezione privata di piano significava che aveva un sacco di tempo libero da passare con me: per esempio, quando ero entrato in trip con il pattinaggio, mi aveva comprato i pattini ed eravamo andati insieme al parco.

Era diverso da un padre, era più che altro un amico.

Bus323 - Viaggio di sola andataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora