Rivelazione

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Il ragazzo stava portando come di consueto la spesa nella calda casa di legno in periferia, lontano dalle affollate città. Gli scarponi sembravano sprofondare quando erano a contatto con la neve, mentre non sentiva il peso delle buste piene di cibo che trasportava. Doveva ammettere che camminare in solitaria era una delle cose che più gli piaceva, lo rilassava. Gli permetteva di allentare la psiche da tutte le situazioni che gli capitavano durante la giornata, dallo stare in società, a lavorare o fare commissioni. Portava un grande segreto dentro di sé. Questo piccolo ma enorme dettaglio lo tormentava e lo stressava. Non era facile conviverci, visto che questo recondito pensiero cozzava con il concetto stesso di famiglia, amicizia o il vivere in tranquillità. Desiderava farla finita, ma non per sé stesso, ma per la razza di cui faceva parte. Bramava la distruzione, vedere la gente disperarsi e farsela sotto solo alla sua vista e forse, all'età di sedici anni, era arrivato il momento giusto per soddisfare questo capriccio occulto e terrificante.
Fisicamente era un ragazzo giovane e forte come tutti gli altri, con la sottile differenza che aveva una strana coda che sbucava da un buco dei suoi pantaloni, precisamente all'altezza del coccige. Era alto un metro e ottanta, slanciato e il suo corpo manifestava la forza che ha sempre celato attraverso i suoi muscoli, non ingombranti ma ben distribuiti.
Qualche minuto dopo, egli arrivò a casa e bussò alla porta. Nell'attesa, tolse un po' di neve dai guanti di lana che indossava.
Ad aprire fu una donna non molto alta e sulla cinquantina, alla quale si intravedeva già qualche capello bianco tra i capelli e qualche ruga in viso, visibili soprattutto quando sorrideva.

«Bentornato Kyle!»

Ogni volta che il ragazzo ritornava a casa con la spesa, era una gioia per la donna, che era sempre in ansia per lui. Non era strano che Kyle si cacciasse in qualche guaio, più volte infatti ritornava a casa con un occhio nero o con qualche ferita sul corpo. Ella si chiamava Sophie e, per sua sfortuna, non aveva la possibilità di avere figli. Un giorno però, mentre scorrazzava sulle montagne innevate assieme al suo fidanzato e futuro marito William, si trovò davanti uno strano oggetto circolare. Era di un colore bianco uniforme, con un vetro rosso dalla forma sempre circolare dal quale si intravedeva un neonato dotato di coda. William, un po' titubante, premette il pulsante al di sopra della navicella che fece abbassare la portiera di quel misterioso oggetto. Una volta preso il bambino all'interno, egli poté notare, sulla parete bianca di quella capsula spaziale, una grossa frase nera scritta in stampatello: Pianeta Vegeta, Anni 3.

Da quel giorno, Sophie e William crebbero quel bambino con tutto l'amore e impegno che potessero offrirgli. Lo educarono, lo accudirono come se fosse il loro figlio di sangue. I due erano finalmente riusciti ad avere un figlio, che gli cadde proprio dal cielo, letteralmente. Cercano di fare tutto quello che due normali genitori potessero fare ovviamente nei loro limiti personali. Tutti avevano dei difetti, non si sognavano mica di crescerlo in maniera perfetta, bensí nella migliore possibile. Lui era un macellaio doc di prima categoria, infatti suo nonno gli insegnó il mestiere fin da quando era piccolo. Gli piacque da subito. Sophie, invece, era una donna casa e chiesa.
Loro due, per l'appunto, si conobbero in chiesa durante una messa che celebrava il Dio dei Polmoni, e inutile dire che fu amore a prima vista.

«Hai fatto un po' più tardi oggi, eh ragazzo?»

Rieccheggiò l'uomo seduto sulla sedia del tavolo con una tazza di legno in mano, che conteneva probabilmente del buon Ortus Rosso (1), in attesa della grande cena che sua moglie aveva appena finito di preparare, infatti la spesa serviva per la prossima settimana. William era un uomo dalla stazza bassa e anche un po' magrolino fisicamente. Appena sotto i suoi lunghi capelli bianchi, si facevano largo i suoi occhiali grigi, che nascondevano, dietro le loro lenti circolari, uno sguardo attento e sveglio.

«C'era tanta fila al mercato...»

Affermò il Saiyan grattandosi la testa. Dopodiché, appoggiò i quattro bustoni pieni di cibo e bevande su un'isola di legno, verso la parte destra della cucina. La sua attenzione venne curiosamente attirata da un animaletto molto simile ad un gatto, ma con delle piccole ali sul dorso. Questi venivano chiamati messaggeri degli Dei, poiché avevano un viso veramente molto melodioso, soft e tenero. Il loro verso poi poteva addolcire anche il più cattivo dei Demoni. Kyle non aveva voglia di stare ad ammirare la sua infinita dolcezza anzi, guardando quell'animaletto gli si crearono delle immagini inquietanti nella sua testa, alle quali si aggiunse un ghigno terrificante stampato sul viso.

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