Fuoriluogo

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Dalla dogana alla casa del soldato che si trova a Lugano ci sono trenta minuti di macchina, mi metto comoda nel sedile di fianco a quello del guidatore. Sono molto a disagio, vorrei solo piangere e piangere per tutto quello che è successo la notte scorsa. Smetto di pensarci, mi vengono i brividi.

"Non mi hai ancora detto come ti chiami cara, io sono l'ammiraglio Bianchi, ma puoi chiamarmi Anna"

Il soldato di fianco a me rompe il silenzio che si stava facendo imbarazzante.

"Sono Giulia" rispondo con un filo di voce "Ehm... grazie per aver deciso di aiutarmi, le sembrerò abbastanza timida, sono solo un po' diffidente"
aggiungo per non sembrare scontrosa o maleducata.

In fondo mi sta salvando la vita, in un certo senso è anche grazie a lei se nel mio cranio non c'è ancora nessun proiettile.

"Si, l'avevo intuito, prenditi pure il tuo tempo. Sai, anche mio figlio Edoardo è sempre stato così con tutti, non farti intimidire dal suo caratterino, in realtà è un cucciolone"

Le chiedo di parlarmi della sua famiglia per capire in che ambiente andrò a vivere.
Ha un figlio maschio di poco meno di trent'anni che si chiama appunto Edoardo, il padre li ha abbandonati poco dopo la nascita della secondogenita Nicole.
Noto subito che mi parla molto di Edoardo ma sua sorella l'ha solamente nominata. Non vedo l'ora di conoscerla meglio.
Sono stanca morta, appoggio la testa sul finestrino e crollo in un sonno profondo, per fortuna senza sogni.

Apro gli occhi appena capisco che la macchina della signora Bianchi si è fermata. Raccolgo il mio zaino e scendo. Mi trovo davanti a una casa mono familiare ad un piano. La vista è bellissima, dalla collina dove si trova riesco vedere un lago in lontananza. Credo mi troverò abbastanza bene.

"Benvenuta a casa Bianchi Giulia, fai come fossi a casa tua e non farti troppi problemi a chiedere qualsiasi cosa" mi dice la signora aprendo la porta di casa.

Lo stile dell'abitazione è abbastanza classico e minimale, i mobili sono semplici con l'aggiunta di qualche dettaglio colorato. La signora Bianchi mi mostra subito la mia camera che si trova di fronte a quella di Edoardo. Dopo un breve giro della casa decido che forse è il caso di farmi un bagno, i miei vestiti sono ridotti a brandelli e puzzo di fogna. Inizio a riempire la vasca del bagno di servizio, intanto mi vengono portati dei vestiti puliti.
Mi immergo nell'acqua e chiudo gli occhi per godermi il tepore.
Mi sforzo di non pensare alla notte precedente, voglio solo dimenticare.
Non ho più lacrime, non riesco a piangere.
Esco dalla vasca e inizio a vestirmi. La maglia che mi hanno portato mi sta leggermente grande. Mi guardo allo specchio e noto che sono uno strazio: ho gli occhi molto gonfi e rossi, sotto di essi ho due piaghe per aver pianto troppo, il tutto contornato da due belle occhiaie per la notte insonne. Sospiro.
Mi asciugo i capelli e torno in soggiorno.
La signora Bianchi sta preparando il pranzo, mi offro di darle una mano, mi sento un po' in colpa di aver accettato, non voglio essere un peso infatti credo che me ne andrò presto.

A pranzo si presenta anche Edoardo. Mi sembra un tipo ok, non parla molto, forse è meglio così. Ho provato a socializzare un paio di volte ma alla seconda risposta svogliata ho lasciato perdere. Inizio a pensare che la signora Bianchi non sia così male, alla fine è una donna sulla cinquantina come un'altra, almeno puoi averci una conversazione. Dopo aver finito e sistemato la cucina me ne vado nella mia camera, credo che chiamerò Diletta.
"Pronto?"
"Giuli, finalmente. Mi stavo preoccupando puttanella!"
La solita diletta... quanto mi manca.
Finalmente ho avuto il tempo di raccontarle tutto e di sfogarmi. Lei mi spiega com'è la situazione in Italia: si è sviluppata un'anarchia totale in tutto lo stato, lei e la sua famiglia sono chiusi in casa e se la situazione migliorerà andranno a rifugiarsi tra le montagne. Dopo una lunga chiamata ci salutiamo.
Sono felice di non essere rimasta completamente sola.

Sento delle voci provenire dal salotto, non sono una ficcanaso ma stavano urlando di brutto, l'avrebbe sentito pure un passante in strada.
Parlano di me, Edoardo non l'ha presa bene a quanto pare. Continua a ripetere a sua madre che ha fatto una stronzata a portarmi a casa.

"Sai benissimo che Nicole non tornerà, non puoi sistemare le cose trascinando dentro un'altra ragazza che non c'entra niente."

"Lo so Edo, non potevo lasciarla lì, ha appena perso tutto" gli dice sua madre per cercare di calmarlo

"Va bene, allora adesso andiamo a salvare tutti gli orfani del mondo. Non la accetterò mai come sorella e non aspettarti che sarò gentile con lei, nessuno potrà mai sostituire la mia Nichi".

La porta di fronte alla mia stanza sbatte, poi non sento più niente. Mi sento sempre più in colpa adesso, vorrei uscire dalla porta di questa casa e non rientrarci mai più ma credo che restare in camera finché non si calmano un po' le acque sia la scelta giusta.

Edoardo non è venuto a cenare, sua mamma dice che ogni tanto cena in camera perché lavora. Meglio così dai, almeno l'atmosfera è più tranquilla. Abbiamo riso e scherzato tutta la serata, mi trovo bene con la signora Bianchi, quando sono con lei sento molto meno la mancanza della mia vecchia vita.
Alla fine della cena mi ha chiesto se potevo portare il piatto di Edoardo in camera sua, diciamo che non muoio dalla voglia di farlo.
Busso una volta. Niente
Busso la seconda volta: "Edo posso entrare? Ho la tua cena"
Ancora niente.
Da persona molto paziente che sono decido di aprire lo stesso la porta.
Noto subito che Edoardo si è addormentato con il faccione sulla tastiera del suo pc, mi scappa una risatina. Non vorrei svegliarlo ma la cena si raffredda.
Appoggio il piatto sulla scrivania cercando di non fare rumore ma Edoardo apre gli occhi comunque. "Ti lascio qui il piatto, veloce prima che si raffreddi"
Mi guarda, non voglio restare lì dentro per un secondo di più. Esco dalla stanza senza nemmeno aspettarmi un grazie, infatti non sento niente.

Sono distrutta, do la buonanotte alla signora Bianchi e vado a dormire.
Appena mi corico nel letto mi addormento subito, ho dormito appena 5 ore in due giorni.

3.12
Mi sveglio di soprassalto, è solo un incubo, è solo un incubo.
Il cuore mo batte così forte da potermi uscire dal petto.
Mi tremano le mani e sto sudando freddo.
Mi siedo con le gambe che toccano il pavimento e con le mani che reggono la testa.
Respiri profondi. Dentro e fuori.
Non riesco a calmarmi, vado in iperventilazione, i muri della stanza si fanno sempre più stretti. Non riesco più a respirare.
Per fortuna la mia camera si affaccia su un piccolo giardino.
Esco per prendere un po' di fiato, mi siedo sull'erba e cerco di calmarmi.
Guardo il cielo, le tre stelle più belle di tutte, quelle della mia Elisa e quelle dei miei genitori risplendono e rendono il cielo più luminoso. Mi scende una lacrima, ma sta volta non è una lacrima amara, è quasi commozione. Una brezza leggera mi sfiora e smuove un po' i miei capelli castani, sono così felice di essere ancora viva. Ho deciso che darò il massimo nella mia vita per rendere la mia famiglia fiera di me.
Do un'ultima occhiata al cielo stellato di Lugano e decido di rientrare.
Con calma torno nella mia camera, questa volta fatico un po' ad addormentarmi ma almeno non faccio incubi.

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