Sempre all'erta

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È quasi mezzogiorno, mi sveglio quando la Edoardo apre la finestra in camera mia.
Non ho mai dormito così bene in tutta la mia vita, sapere che tutto quello che ho vissuto quella notte è finito e che ho la possibilità di ricominciare da capo mi tranquillizza. Pensavo che mi sarei svegliata più triste, alla fine non mi sta pesando tanto la perdita della mia famiglia, mi mancano da morire ma non ho intenzione di piangermi addosso, li ricorderò per sempre col sorriso sulle labbra.

"Buongiorno bella addormentata, mia mamma è già al lavoro, oggi cucino io. Farò attenzione a non ucciderti"

Il vocione profondo di Edoardo mi riporta alla realtà. Gli sorrido e lo osservo uscire dalla camera.
Con calma mi alzo e vado a darmi una sistemata in bagno.
Appena uscita mi arriva una chiamata da Diletta.

"Giuli, è successo un casino. Uno di quei mostri è riuscito ad entrare in casa mia, adesso sono chiusa nella cabina armadio. Non so quanto resisterò. Volevo solo dirti grazie per tutto quello che sei stata per me. Sei la mia vita, ti amo"

Sento il rumore della porta che si sfonda, poi delle urla.
Mi porto una mano alla bocca per coprire un singhiozzo. Vorrei parlare per dirle tutto quello che non ho mai avuto il coraggio di confessarle ma sono pietrificata. Riattacco, non ce la faccio a sentire altre urla.
Ora ho davvero perso tutto quello che mi rimaneva.
Edoardo mi chiama perché è pronto il pranzo.
Momento abbastanza inopportuno.
Vado di là con la testa china e lo sguardo al pavimento. Sapere che lei stava morendo mentre io non ho potuto far niente per impedirlo mi fa sentire uno schifo.
Almeno è in un posto migliore.

Per tutto il pranzo non parla nessuno, ogni tanto si sente il rumore dei miei singhiozzi che cerco di soffocare nel tovagliolo.
Non riesco a stare a tavola per tutta la durata del pasto, mangio qualche forchettata e me ne ritorno in camera mia.
Mi lancio sul letto e mi lascio andare in un pianto disperato. Accendo il telefono solo per vedere una nostra foto che mi sono messa come sfondo. Era così bella, mi pento di non averle mai confessato i miei veri sentimenti. Avevo appena superato lutto della mia famiglia, ero pronta per voltare la pagina ma la morte della mia anima gemella è arrivata forte e dolorosa come un cazzotto nei denti.

È da un ora, forse due che sono chiusa in camera a piangere, ho perso la cognizione del tempo.
Edoardo irrompe nel mio spazio di comfort come un uragano. Mi lancia una maschera antigas e mi ordina di indossarla. Lui ha già indosso la sua e intanto sta parlando al telefono.

"No, no tranquillo non sono infetto. Sono a casa con la ragazzina. Si... si ci mettiamo in moto, aspettateci"

Riattacca velocemente e mi dice di raccogliere solo lo stretto necessario per partire.
Prendo il mio zaino che è rimanto intatto da quella notte e l'arco, in poco tempo siamo nella sua macchina.
Stiamo andando verso Zurigo, lì ci sono dei suoi amici che si sono organizzati in un bunker.
Dopo poco ci togliamo la maschera, Edoardo mi spiega che c'è stata un'altra fuoriuscita di spore e che eravamo in pericolo. Sua madre probabilmente è stata contagiata, non sappiamo nulla di certo però.
Poco dopo mette subito in chiaro le regole che devo assolutamente rispettare per non intralciarlo, credo voglia fare l'eroe di turno, che coglione.

"Regola numero 1: non impugnerai un'arma da fuoco, sei già abbastanza pericolosa con quello che ti sei portata dietro.
Regola numero 2: nelle possibili future esplorazioni si prende solo lo stretto necessario ovvero cibo e munizioni.
Regola numero 3: tu fai quello che ti dico quando lo dico.
Tutto chiaro?"

Non mi aspettavo che fosse una persona normale ma non pensavo che qualcuno potesse arrivare fino a questo punto.

"Quello che dici, quando lo dici. Chiaro" gli rispondo, non mi sembra il caso di litigare per una stronzata del genere, in più sono costretta a sopportarlo perché probabilmente sarà l'unica persona ancora sana che vedrò da adesso a quando arriveremo a quel bunker, sempre se ci arriveremo.
Siamo partiti da un'oretta circa, normalmente per arrivare a Zurigo ci vogliono quasi tre ore ma credo prenderemo qualche strada secondaria quindi ci metteremo un'eternità. Non sopporto già più stare in macchina in compagnia di Edoardo, credo farò un pisolino.

Mi sveglio di soprassalto quando la macchina frena improvvisamente. Il paesaggio è completamente cambiato, siamo in una zona di quarantena, le strade sono deserte. Noto solo un ragazzo davanti a noi, avrà una ventina di anni, non di più.
Cammina verso di noi reggendosi lo stomaco con una mano, sembra ferito.

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