Capitolo 18- Dimmi che ho fatto la scelta giusta

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Xavier osservò la casa che gli si parava davanti. Una villetta bianco sporco, con un piccolo davanzale su cui erano schierati, come cadetti, dei vasi scoloriti e pieni di piante che stavano diventando sempre più marroni e secche. Xavier le guardò, poi ritrasse lo sguardo, infastidito.
Perché prendere delle piante così belle e finire per trascurarle?

Si avvicinò alla porta d'ingresso e suonò il campanello.
Non seppe quanto attese, ma gli sembrarono come minimo cinque minuti, in cui approfittò per abbottonare la giacca e controllare che le scarpe non si fossero sporcate.
Con tutto questo fango e queste foglie secche...

Dopo un'attesa falsamente interminabile, la porta venne aperta da Julie Ryan.

Deve avere almeno trentacinque anni, pensò Xavier, osservando per qualche secondo i particolari di quella donna dall'aria quasi avvilita.
Trentacinque anni nascosti da quell'espressione indecifrabile e conturbante che indossava e che poteva far dire: "Non se li porta bene, gli anni!"

«Sì?» chiese. Diede un rapido sguardo al detective.

«Xavier Lynch» Xavier le porse la mano, mostrati il più gentile possibile, pensò.

Lei rifiutò la stretta, «se vuole vendermi qualcosa o vuole farmi altre domande non si disturbi nemmeno a parlare.»

«Signora Ryan, sono della Omicidi. Due miei colleghi sono già venuti qui a farle delle domande, è vero, ma vorrei sapere se è possibile parlare con suo marito.»

Lei si guardò intorno, poi diresse il suo sguardo in casa, apparentemente verso il vuoto.
Stava osservando una fotografia di Scott Ryan. «Non c'è. È a una partita di Golf.»

«Saprebbe dirmi a che ora tornerà?»

«No. Non lo ha specificato e di solito le partite durano molto.»

«Posso aspettare.» Il tono di Xavier era pacato, ma fermo e deciso. Sorrise.

Lei sembrò vacillare sentendo l'affermazione tranquilla e netta dell'altro, «non credo. Arriverà molto tardi. Potrebbe addirittura fermarsi a dormire in un hotel.»

«Allora tornerò questa sera e domani mattina, domani pomeriggio e domani sera. Finché non potrò parlare con suo marito.» Xavier si voltò con un fruscio, dando le spalle a Julie e avviandosi verso la casa degli Allen.

«Nel circolo dove gioca è in atto un torneo. Sarà così per tutta la settimana, quindi non si scomodi a tornare» gridò quasi lei, «posso assicurarle io per lui che non ha visto nulla.»

Xavier si fermò in mezzo alla strada, si voltò verso di lei e si spostò una ciocca che il vento gli aveva posato sul viso, «mi fa piacere che lei riponga così tanta fiducia in suo marito. Purtroppo non è lo stesso per me» alzò la mano un cenno di saluto, «arrivederci, signora Ryan.»
Esclamò quell'arrivederci in maniera calma e quasi suadente.
Arrivederci, perché tornerò e prima o poi tuo marito sarà a casa.

Suonò al campanello della casa degli Allen, poi Xavier si voltò verso quella dei Ryan.
Julie era rientrata, ma qualcosa gli faceva pensare che fosse dietro a una delle due tende polverose che coprivano le finestre del salotto.
Xavier attese che qualcuno gli aprisse, ma questa volta rimase sorpreso dalla rapidità con cui la signora Allen spalancò la porta.

«L'ho visto parlare con Julie. Vuole fare delle domande anche a me?» Nel tono di Greta Allen, però, non sembrava esserci tutto l'astio che invece straripava in Julie Ryan.
Era una donna appariscente.
Portava degli orecchini di perla che le occupavano tutto il lobo e altre perle le tempestavano il collo.
Una grande spilla di pietre indefinite era infilzata nell'abito nero.

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