4 ~ Il ritorno dell'Incubo

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Era una notte tranquilla, o meglio, così sembrava. Nessuno in tutta la regione si aspettava quello che sarebbe accaduto, nessuno aveva neanche una leggera sensazione di avvertimento. Nessuno tranne tre persone.

Al carcere di Unima regnava il silenzio totale, ovviamente tralasciando certi detenuti che canticchiavano canzoni da pirati o parlavano da soli. Le guardie erano ognuna alla propria postazione, anche se in realtà non ce n'era mai bisogno. Dopotutto, non veniva mai nessuno. Ma quella notte era diversa dalle altre, e lo capì per primo la guardia all'entrata della struttura. Ad un tratto, infatti, vide apparire una sagoma di fronte a lui, come apparsa dal nulla.

«Scusi, ha bisogno di qualcosa?» domandò la guardia, vedendo che il tizio restava lì immobile. Era buio, e riusciva a vedere solo la sagoma, neanche come era vestito o qualche lineamento della sua faccia.

Ma lui non rispose, e non si mosse.
La guardia stava per aprire di nuovo bocca, quando sentì un sussurro provenire da lui.

«Non ho sentito... Può ripetere?» chiese la guardia, che si stava già spazientendo.

«Ho detto "Idrovampata".» disse lui, con una voce tremendamente bassa.

«Ma cosa-» La guardia non fece neanche in tempo a replicare che sbucò un Panpour fuori dal nulla, che lo colpì in faccia con la stessa mossa pronunciata dal tizio. Il getto era talmente potente che non sembrava neanche un'Idrovampata, e la guardia ebbe non poche difficoltà a prendere la Pokéball che aveva in tasca e lanciarla, vista l'intensità del getto e la scottatura che gli stava procurando. Intanto, il signore era in piedi, immobile come all'inizio.
La Pokéball della guardia non si aprì, stranamente, anche se toccò terra, e si rimpicciolì come accade quando hai più di sei Pokémon in squadra. Cosa che però non riguardava la guardia.
Il misterioso signore si avvicinò a lui, e il Panpour stava continuando a usare la medesima mossa, come se fosse talmente arrabbiato da volersi vendicare di un'ingiustizia subita.

«Ma che diavolo-»
L'oscuro soggetto prese velocemente un piccolo aggeggio dalla tasca, simile a una pozione per Pokémon, e ne spruzzò il contenuto addosso alla guardia, non appena ordinò a Panpour di fermarsi. Dopo essersi accertato che non potesse più svegliarsi per un bel po', lo immobilizzò con una robusta corda d'acciaio.
Dopodiché, affiancato da Panpour, si diresse a passo lento al portone dell'edificio. Frugò nell'altra tasca e prese un oggetto particolare, somigliante a un cubo di Rubik. Dopo averlo girato e rigirato, apparentemente senza una combinazione precisa, lo appoggiò sulla serratura della porta ed essa si aprì dopo un lieve scatto, che solo un udito finissimo era in grado di percepire. Così spinse il portone ed entrò, finalmente, nella prigione della regione di Unima.
Mentre camminava nei corridoi, notò che tantissime celle erano deserte, e che la struttura era decisamente piccola per una regione del genere, in cui avevano operato ben due organizzazioni criminali.
Arrivò a un bivio, dove c'erano due cartelli: uno raffigurava un pallino di colore verde, mentre l'altro era rosso.
Ad un tratto, da una direzione sbucò un'altra persona, vestita esattamente come il nostro misterioso soggetto, e anche dall'altra direzione ne sbucò un altro uguale a loro. Infatti i tre personaggi indossavano tutti una tuta nera, con un mantello anch'esso nero e un cappuccio del medesimo colore, in modo da non farsi vedere al buio. Comunque, non ne avrebbero avuto bisogno, dopotutto erano abituati a questo genere di cose. In più, erano accompagnati ciascuno da una delle scimmie elementali, ovvero Panpour, Pansage e Pansear.
I tre si guardarono rapidamente negli occhi, per poi prendere la direzione indicata dal pallino rosso, e dirigersi da una cella in particolare. Durante il cammino, potevano osservare i detenuti che parlavano da soli (e che cantavano le canzoni da pirata) e che fortunatamente non avevano capito niente in tutta quella situazione, e le guardie stese a terra immobilizzate da altre corde d'acciaio. Ci aveva pensato il signore con il Pansear, e aveva fatto lo stesso lavoro di quello con il Pansage dall'altra direzione, quella con il pallino verde.
Così, ignorando gentilmente i vari carcerati e i corpi delle guardie svenute per terra, arrivarono davanti a una cella decisamente diversa dalle altre.
Non aveva le sbarre, bensì una specie di muro trasparente, con una piccola porticina per far passare il cibo. All'interno c'era solamente lo stretto necessario, come nelle altre celle, ma era molto più illuminato delle altre. Era come una luce costante in mezzo al buio del corridoio nella notte. E infine, arrivati davanti al muro trasparente, lo videro.
Videro quello che era stato il più importante dei Sette Saggi, e che poi era diventato Capo del Team Plasma due anni dopo. Quello che aveva manipolato il suo stesso figlio, che aveva ingannato chiunque avesse tra i piedi. Quello che aveva cercato di distruggere l'intera regione di Unima, ed era pronto a uccidere tutti i suoi cittadini per realizzare i suoi folli scopi. Lui non si faceva scrupoli, non si faceva nessun problema per gli altri. Non aveva pietà, non aveva comprensione né gli importava qualcosa di qualcuno. Si faceva odiare da tutti, persino dai suoi stessi Pokémon. Ma era anche lui che per due volte era stato arrestato, e la prima volta anche liberato. E adesso erano lì a salvarlo, di nuovo, come avevano fatto tempo fa. Erano tornati lì, a salvare quell'uomo che non aveva nemmeno più la stessa sanità mentale di prima.
Erano lì, pronti a liberarlo. Pronti a liberare Ghecis, il loro Re.

Uno dei tre "salvatori" prese un altro di quei strani cubi, fece una combinazione diversa e più lunga della volta prima e lo posizionò sul muro trasparente. Il prigioniero era di spalle, e non aveva né visto né udito niente. Così, il muro esplose, ma non sembrava neanche un'esplosione. Non ci fu rumore, né volarono via pezzi. Era sparito, e basta.
A quel punto, i tre entrarono dentro. Uno di loro poggiò cautamente una mano sulla spalla del detenuto, e così si girò di scatto.

«Chi... Chi siete voi?» domandò lui con estrema calma, non sembrava neanche Ghecis.

«Siamo noi, Sommo Ghecis.» rispose di conseguenza il signore.

«Voi chi? Io... io non vi conosco.» sentenziò Ghecis, come se avesse fatto una lunga analisi prima di dirlo.

«Siamo i suoi servi più fedeli. Non ricorda, Sommo Ghecis?»

Il prigioniero passò a guardare gli altri due, con il suo occhio non coperto dalla benda bianca che portava in faccia. Poi, come in trance,  urlò con rabbia: «Voi... VOI MI AVETE  SCONFITTO QUELLA VOLTA NELLA FOSSA GIGANTE!!»

«No, Ghecis... È stato solo un odioso ragazzino, quella volta... Noi siamo sempre stati fedeli alla vostra figura. Noi siamo qui per liberarla.»

«Liberare me? E da dove?» chiese Ghecis, calmandosi.

«È in prigione. Ingiustamente, ma lo è. Però è momento di lasciarsi le sconfitte alle spalle... È ora di iniziare daccapo.»

«In prigione...? Ma cosa dite!! Siete nel mio castello, lo sono sempre stato!» disse Ghecis, guardandosi intorno freneticamente e iniziando a ridere.

«Senta... È meglio andare, ora.»

«NO! LASCIATEMI!» urlò Ghecis, alzandosi di scatto.

«MI VOLETE PRENDERE LO SCUROLITE, VERO?» continuò, indietreggiando e guardando i tre con paura e rabbia allo stesso tempo.

Loro avanzarono lentamente, cercando di calmarlo.

«È MIO! ANDATE VIA!» gridò Ghecis, prima di coprirsi le orecchie con le mani e cominciando a farfugliare qualcosa di incomprensibile.

I tre si guardarono, e dopo essersi capiti e decisi, uno di loro tirò fuori dalla tasca un altro congegno, simile a una piccola pistola, e premette il grilletto contro Ghecis.

«Ci scusi tanto, Sommo Ghecis... Ma è per il suo bene.» mormorò lui.

Ghecis si irrigidì non appena fu colpito dal raggio azzurro della pistola, e chiuse gli occhi prima di cominciare a fluttuare in aria. Il tipo di prima lo prese saldamente per un piede, e insieme agli altri due e alle scimmie elementali si diresse fuori dall'edificio, ovviamente portando Ghecis con loro. L'allarme era ovviamente già scattato, ma suonava a vuoto. Non venne nessuno.
Poco prima di uscire definitivamente, i tre individui si tolsero il cappuccio, svelando tre capigliature di diversi colori: una verde, una rossa e una blu. Tutto questo essendo chiaramente ripresi dalle telecamere, che non avevano disattivato. Fatto quello, il misterioso corteo si diresse fuori una volta per tutte dal carcere, e arrivati a un elicottero nero parcheggiato dentro al bosco lì vicino vi entrarono tutti dentro, compreso Ghecis, ancora non cosciente. E così, volarono via, lontani da quel posto ormai inutile ai loro scopi.

Era una notte tranquilla, o meglio, così sembrava. Ma nessuno sapeva che cosa era appena accaduto, nessuno ne aveva la più minima idea.
Dopotutto, l'Incubo era appena tornato.
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Hey ;)
Allora, chi saranno secondo voi i tre misteriosi soggetti?
E ovviamente non poteva non esserci Ghecis, anche se come potete vedere è "leggermente" fuori di testa. Ci ho messo non poco a ideare e scrivere questo capitolo, e non so se è venuto effettivamente decente. Comunque, pensate che inizialmente volevo mettere questa scena alla fine del capitolo precedente, solo che poi ho realizzato che era meglio scriverla "bene" e non di fretta visto che è una scena fondamentale per la storia. Detto questo ci vediamo alla prossima parte, dove accadrà un altro fatto importante per la storia :3

Il Mistero Di Unima ~ PokémonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora