☀️• Chapter XVI •☀️

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Il rosso dal suo canto era cosparso di erbacce, lo avevano bloccato al suolo legando anche le sue maestose ali che provavano a dimenarsi facendo tremare il terreno intorno a lui, passava le sua mani ardenti  sugli arbusti che lo tenevano in trappola, ma tutto sembrava assolutamente invano, essi non ne rimanevano nemmeno lievemente feriti.

Così alzò lo sguardo al cielo, cercando di trasportarsi nel luogo in cui aveva scoperto la sua natura per la prima volta, ma rimase ancora lì sentendosi sempre più debole e disperato, perdendo le forze insieme a qualche piuma delle sue meravigliose ali.

Si udivano da lontano lievi urla di disperazione che si affievolivano sempre di più fino a rimanere soffocate da qualcosa di indeterminato.

Più lontano invece giaceva al suolo Kageyama, con il cuore a pezzi, una ferita sul braccio che perdeva del sangue e una voglia immane di sradicare quella siepe incantata che lo separava dall'amore della sua vita. Pensò immediatamente al suo sogno di molti mesi prima, Shoyo aveva un disperato bisogno di lui, ma non poteva far nulla per aiutarlo.

"DOVEVO PROTEGGERLO E NON L'HO FATTO, CHE RAZZA DI PERSONA SONO" urlò più forte che poteva, arrabbiato con se stesso, con il mondo, con la sorte e con Dio in persona. Chiuse gli occhi, una lacrima cadde sulla sua mano.

D'un tratto una voce delicata, dai dolci toni, raggiunse le orecchie di Tobio mentre qualcosa gli accarezzava delicatamente i capelli, quando lui aprì gli occhi rimase sorpreso, era nuovamente immerso nella luce, si muoveva a stento, si sentiva leggero come non si era sentito mai in vita sua, non c'era più la gravità che lo teneva ancorato al terreno, come se la terra lo avesse abbandonato nello spazio e quest'ultimo non l'avesse voluto lasciandolo a mezz'aria.

Oltre a quella luce non vide totalmente nulla, solo bianco, come se fosse stato portato altrove, non c'era più la siepe, non c'era più niente, fluttuava, nel nulla.

Ma lui non aveva tempo di pensare a questo, continuava a pensare a Shoyo, cercava di capire come raggiungerlo, come salvarlo e dirgli che non lo avrebbe mai più abbandonato per nessun motivo esistente. Per dirgli che nel suo mondo e nell'aldilà lo avrebbe sempre accompagnato ovunque lui fosse andato.

"Bentornato Tobio" sentì sempre quella voce che risuonava in mezzo al vuoto, rimbombava alle sue spalle mentre cercava di muoversi, poi udì un singhiozzo.

"Chi sei?" disse riuscendo a muoversi meglio e spaventandosi quando la sua pelle cominciò a brillare diventando ancora più bianca.

"Non posso spiegartelo figliolo, so perché sei qui, io so perché sei stato allontanato da lui, perché ti hanno portato via il ragazzo che ami" disse una figura che si cominciava ad intravedere in mezzo alla luce, prima di lei però si videro le sue grandi e rovinate ali bianche, poi il suo viso malinconico e triste.

"Dove sono finito? Cosa sai? E tu chi sei? Tu non sei mia madre, perché mi chiami figliolo?" gridò Tobio disorientato contro quella figura che gli rispose arrivando di fronte a lui, era una donna, un angelo, suppose lui.

"Ho poco tempo prima che ci scoprano, non devono sapere che io sono qui" disse guardando un'altra figura lontana che Kageyama non vedeva bene per via della nuvola nera che aveva cominciato a farsi spazio in quella stanza cercando di sovrastare sulla luce bianca.

Kageyama's Pov.

La donna mi porse qualcosa piangendo per poi accarezzarmi il viso. "Abbi cura di mio figlio, è solo un ragazzo... non merita tutto questo" disse interrompendosi e guardandomi speranzosa, con un piccolo sorriso in volto.

Abbassai lo sguardo, il Diario di Shoyo era fra le mani di quella donna dai capelli lunghi, i lineamenti delicati e il corpo gracile.

"Quindi lei è..." cercai di parlare ma mi posò delicatamente l'indice sulle labbra interrompendomi per poi dire " si, sono io, ma nessuno deve sapere che mi hai visto, io non dovrei essere qui... e nemmeno lui" riguardò la figura immersa nella nuvola nera ed essa si avvicinò a noi con una lacrima che scivolava sulla guancia seguita subito da molte altre. Era un uomo alto che emanava molto calore, forse troppo, aveva dei lineamenti molto pronunciati e virili, una cicatrice sulla guancia destra, anch'esso con delle ali, più piccole di quelle della donna, ma nere con delle sfumature rosse.

«il ragazzo che ero.» Kagehina Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora