Oggi è il mio giorno libero, e devo ammettere che mi sarebbe piaciuto andare a prendere Josephine al lavoro. Se mi parlasse. Mi piacerebbe dirle la verità, ma non so se ci riesco.
Ogni volta che penso a Josephine, penso all’ultimo giorno di scuola. Io in ultima ora ero in biblioteca a leggere “Shadowhunters ”, quando alzando lo sguardo, i miei occhi si sono incrociati con i suoi. Mi sono sentito strano in quel momento. Le farfalle nello stomaco. E come si dice in Italia, mi ero “impalato” a guardarla. Ammetto di averla puntata già dal primo giorno in cui ho messo piede in quella scuola. La prima volta che l’ho vista è stata quando i ragazzi più popolari, stavano cercando di integrarmi nel loro gruppo, quando ad un certo punto passa Josephine e iniziano a prenderla in giro. Buttandole lo zaino a terra. Che schifo. E io non ho fatto niente per impedirlo. Sono rimasto immobile. Non sapevo cosa fare. Subito dopo l’accaduto, me la sono presa con loro, dopo quello che ho passato, so cosa si prova ad essere preso in giro. Ad avere paura di attraversare un corridoio della scuola. Ad avere paura di tornare a casa da solo. Forse non l’ho fermati perché avevo paura che avrebbero preso di mira anche me. E io non volevo avere di nuovo quella paura. Prima o poi lo verrà a sapere, e voglio essere io quello a dirglielo. Se glielo dicesse qualcun altro, perderebbe di nuovo fiducia in me.
Intanto, sono le 13 di pomeriggio. Mi sono svegliato un po’ tardi. Ieri sono uscito con Jack. Jack è un amico che ho conosciuto quando sono venuto qui. L'ho conosciuto in palestra. Dalla prima chiacchierata, siamo andati d'accordo e ora mi fa piacere vederlo e stare con lui. Siamo andati a comprare un paio di scarpe. Fino a quando ho visto un bracciale pieno di perle, e non so, mi hanno fatto subito pensare a Josephine. Per me è un po’ come una perla. Con la sua rarità e lucentezza. Dopo tutto quello che le dicono e che le fanno, ha sempre il sorriso stampato sulla faccia. Potrebbe essere una maschera, e io penso lo sia. Ma dovrebbe mostrarsi per ciò che è. Potrebbe essere presa ancora di più in giro. Ma prometto che se mai vorrà riparlarmi, le insegnerò a essere più sicura di se stessa. A iniziare a rispondere quando la prendono in giro e a dire sempre ciò che pensa, anche se andrà contro a tutti gli altri.
Gliel’ho comprato, e adesso aprendo la scatola. Mi sento un pò ridicolo. Non l’avevo mai fatto prima. Speriamo non mi rida in faccia.
Mi alzo dal letto, vado in cucina e mamma non c’è. Simon sta giocando alla PlayStation. Chiamo la mamma al telefono e non mi risponde. Un po’ sto in ansia. Di solito mi lascia un foglietto se esce per fare la spesa o comunque se esce e io sto ancora dormendo. Mi fingo rilassato per non far preoccupare mio fratello. Non so perché, ma mi sento sempre in dovere di proteggerlo. In dovere, ma lo faccio perché gli voglio bene.
Riempio la pentola di acqua e la metto sul fuoco. Intanto vado da Simon. Lo prendo in braccio e lo butto sul letto. Ogni suo risveglio e traumatico. Grazie a me. Dopo lo faccio venire in cucina mentre io taglio l’aglio. Anche se ci siamo trasferiti in Inghilterra, le nostre tradizioni rimangono. Decido di fare pasta aglio, olio e peperoncino. Metto la padellina sul fuoco e butto la pasta. Mi siedo accanto a Simon e scegliamo insieme un film da vedere.
Inizio ad apparecchiare in salone e Simon mette “The Kissing Booth”, porto i piatti a tavola e il film parte. «Seth, ma mamma? Dov’è andata?» mi chiede Simon. La domanda che temevo mi facesse. Non ne ho idea ma devo inventarmi qualcosa. «Dovrebbe esser andata a fare la spesa, ieri mi aveva detto che andava a pranzo con Lucia e poi andava a fare la spesa». Lucia è un’amica italiana. Trasferitasi anche lei qui per lavoro.
Finito di pranzare. Chiamo mamma e non mi risponde. Decido a questo punto di portare Simon al Camp, pagandogli solo una giornata e di andare a cercare mamma. Lascio Simon a Josephine, che mi ha aiutato perché si trattava di lui. Non per me. Non sa cosa è successo.
Vado al solito supermercato, ma niente non la trovo. Vado dal parrucchiere, e non la trovo. Vado a casa di Lucia, che ovviamente non è in casa. Perciò decido di chiamarla. Per fortuna ho il suo numero. «Pronto Seth. Che è successo?» mi risponde. Le dico che sto cercando mamma e mi dice «Stiamo all’ospedale. Tua madre non stava tanto bene. Non voleva svegliarvi perciò ha chiamato me e l’ho portata qui» ma che cazzo?! Allora io con la mia calma le rispondo «Scusa, ma cosa è successo? Perché non mi risponde alle chiamate?» Mi spiega che mamma ha avuto un calo di zuccheri, niente di che. E che stavano tornando a casa. Non mi fa neanche parlare con lei. Con la scusa che le metterei troppa pressione.
Oh cavolo! Sono in ritardo per Simon. Mi metto a correre per prendere l’autobus, che fortunatamente passa subito. Arrivato lì trovo Josephine con la mano poggiata sulla spalla di Simon che mi aspettavano da forse più di 5 minuti. Non volevo fare ritardo. Adesso Simon mi odierà.
Gli vado in contro e lo abbraccio. «Ero andato a cercare la mamma, pensavo fosse in pericolo. Ma sta tornando con Lucia. Scusa per averti fatto aspettare» gli dico, senza dilungarmi troppo. Guardo Josephine con un sorriso come per dire «Grazie».
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F***ing Life
ChickLitJosephine, la tipica ragazza inglese, timida e insicura e che ama stare con i suoi quattro amici, l'ultimo giorno di scuola, vede i suoi occhi incontrarsi con quelli di un ragazzo italiano arrivato l'ultimo semestre: Seth, che è completamente l'oppo...