Da quando se n'è andata, non faccio altro che pensare a mia madre.
Mi sento un po' in colpa. In fondo non l'ho neanche salutata. Anche se in realtà è stata lei a non volermi salutare. Anzi, io non sapevo neanche volesse andarsene.
Vi starete chiedendo perché ce l'ho tanto con lei. Io le ho sempre dato la colpa della morte di mio padre e lei non si è mai difesa raccontandomi la causa. Io ho 17 anni e ancora non so per quale motivo sia morto mio padre. Non so voi, ma io vorrei saperlo. Inoltre, lei mi ha sempre trascurata. Sempre. Ha sempre preferito mia sorella. Ogni volta che doveva fare qualcosa di importante, la faceva fare a lei e a me neanche mi calcolava.
Decido di scriverle un messaggio:
«Mamma. Non so per quale motivo tu te ne sia andata. Ma non sono qui a scriverti per saperne il motivo. Ti scrivo questo messaggio perché mi pento. Mi pento di averti fatto soffrire. Di averti fatto passare dei momenti veramente brutti. Per averti sempre accusata della morte di papà. Abbiamo due caratteri opposti, il fatto è che io speravo di riuscire a legare con te durante questa vacanza. Me la sono presa anche per l'annullamento del viaggio. Mi dispiace veramente tanto.
A cosa devo tutto questo furore nei tuoi confronti? Mi piacerebbe sapere la causa della morte di papà, perché non mi hai mai chiesto di passare dei momenti da sola con te. Troppe domande e zero risposte. Sempre. Io non ce la faccio più.
Io mi sono trovata lavoro da Lazy. Voglio soltanto che tu sappia che tutto quello che ho fatto in questi anni, l'ho fatto soltanto perché ci tenevo. Tenevo a stringere un bel rapporto con la mia mamma.
E ti ho scritto anche per dirti che lunedì parto e vi raggiungo per quattro giorni. Spero ne siate contente. Sia te che Lizzy.
Ti voglio bene».
Prima di mandarla, ho un attimo di indecisione. "Lo mando o no?". Non le ho mai detto queste cose. Non le ho mai detto cosa penso di tutto questo.
Penso che lei non sapesse che io le davo la colpa di tutto. Si chiedeva sempre perché non riusciva a comunicare con me. In realtà ero io che lo impedivo. Senza neanche rendermene conto. In questi giorni da sola ho avuto tempo di pensare e capire che sono sempre stata io la causa di tutto.
Quando mamma voleva parlare di papà, io mi alzavo e me ne andavo sbattendo tutto quello che toccavo. Quando cercava di parlarmi io le rispondevo male. E quando provavo io a parlarle lei aveva ragione a odiarmi.
Penso che sia la cosa giusta. Intendo mandarle il messaggio. Forse potrebbe far cambiare qualcosa. Spesso non parlare dal vivo è la cosa migliore.
Quando sto sul punto di mandare il messaggio, mi arriva la chiamata di Lizzy. «Pronto?» le dico. Aspettavo da tempo una sua chiamata per sapere come stavo. E eccola. Menomale. Lei è il mio punto di riferimento. Io sono cresciuta con lei. Quando ero piccola qualsiasi cosa faceva lei, la facevo anche io. Anche se mi andava di uscire e a lei no, non si usciva. Volevo uscire con i miei amici? Lei doveva venire con me. Parlavo di lei sempre con chiunque. Era ormai il mio pensiero e argomento fisso. Mi paragonavo sempre a lei. Dovevo essere come lei.
Ora tutto questo è diventato passato. Si è un po' rotto questo legame che c'era prima. Ma non dico che è un legame che c'è tra conoscenti, ne tra semplici amici. È un legame particolare. Speciale. Le nostre particolarità hanno reso il nostro rapporto UNICO.
«Scusa se non ti ho chiamata prima. Ma sto veramente incasinata ultimamente. Ho gli esami tra qualche settimana e sto studiando come una matta» mi risponde. Io so che andranno bene. È la persona più intelligente che io abbia mai conosciuto. A scuola è sempre stata brava, la più brava. «Andranno bene. Ne sono sicura. Mamma come sta? Le stavo scrivendo, le stavo dicendo che vi avrei raggiunte la prossima settimana» le dico. Ma lei con una voce sorpresa mi risponde «Ma come non lo sai? Mamma è venuta qui per qualche giorno, poi ieri è andata in un albergo di lusso con il suo nuovo compagno. Rimane lì per due giorni poi ritorna qui. Non vedo l'ora tu venga!» ma quale compagno? Io non sapevo neanche ne avesse uno. Però devo provare ad essere più comprensiva nei suoi confronti. Non si vedeva con nessuno da quando papà non c'è più, almeno credo. Ma se sta bene, accetto tutto. Ammetto che forse un po' mi da fastidio che abbia "rimpiazzato" papà. Ma d'altronde non poteva rimpiangere la sua morte per sempre.
«Ah. Ma chi è quest'uomo? Io non sapevo nulla. Però la fa star bene? Lei è contenta di passare de tempo con lui?» Non mi ero mai accorta di essere così protettiva nei suoi confronti.
Lei mi risponde dicendo «Da dove escono queste tue preoccupazioni? Si comunque sta bene. Si vede che ci si è affezionata tanto» le parte un sorrisino. Un sospiro di sollievo si fa spazio dentro di me. Attacco la chiamata.
Decido di chiamare mamma...
«Josephine! Aspettavo una tua chiamata!» è contenta. Il che rende contenta anche me. Ci tengo a lei, anche se me ne sono resa conto solo ora. «Mamma!! Senti mi dispiace. Mi dispice di tutto. Ti voglio bene. Lunedì vi raggiungo per 4 giorni e li passiamo tutti insieme come una famiglia unita» Le dico senza prendere fiato neanche una volta. Con la paura che se lo avessi fatto avrei potuto bloccarmi e non dirle più tutto quello che avevo da dire.
«Finalmente. Sei stata veramente difficile in tutti i tuoi 17 anni. Ma ora siamo dalla stessa parte e ti voglio bene anche io. Ti aspetto allora la prossima settimana» e attacca. Poi dovrò chiederle di papà. Sarà la prima cosa che le dirò quando la vedrò. Non proprio la prima magari...
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F***ing Life
ChickLitJosephine, la tipica ragazza inglese, timida e insicura e che ama stare con i suoi quattro amici, l'ultimo giorno di scuola, vede i suoi occhi incontrarsi con quelli di un ragazzo italiano arrivato l'ultimo semestre: Seth, che è completamente l'oppo...